CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 35355 depositata il 18 dicembre 2023
Lavoro – Pensione di reversibilità – Attribuzione dell’usufrutto della casa coniugale in sede di divorzio – Titolarità dell’assegno di divorzio quale presupposto per l’attribuzione della pensione di reversibilità – Rigetto
Fatti di causa
1.– Il Tribunale di Varese ha riconosciuto il diritto della signora C.B. di beneficiare della pensione di reversibilità alla morte del signor G.C., dal quale aveva divorziato, ottenendo, in sede di divorzio, l’attribuzione dell’usufrutto della casa coniugale senza alcun limite di tempo.
Il giudice di prime cure ha rilevato che ogni attribuzione operata in sede di divorzio e ispirata alle medesime finalità solidaristico-assistenziali dell’assegno divorzile è idonea a integrare quella titolarità dell’assegno, che si configura come presupposto imprescindibile della pensione di reversibilità.
2.– Con sentenza n. 90 del 2017, depositata il primo febbraio 2017, la Corte d’appello di Milano ha accolto il gravame dell’INPS e, in riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto la domanda volta a ottenere la pensione di reversibilità.
A fondamento della decisione, la Corte territoriale ha osservato che la parte appellata ha chiesto in giudizio la corresponsione dell’assegno divorzile, anche sotto forma di una liquidazione una tantum, e che la domanda, nondimeno, è stata rigettata.
La costituzione dell’usufrutto, che accorda «un beneficio apprezzabile sotto il profilo economico che contribuisce a regolare i rapporti patrimoniali tra i coniugi», è il frutto di una vera e propria «transazione» (pagina 4 della sentenza impugnata) e, pertanto, non consente di ritenere soddisfatti i requisiti prescritti dall’art. 9 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, per la corresponsione della pensione di reversibilità.
3.– La signora C.B. ricorre per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Milano, con atto notificato il 26 luglio 2017 e affidato a un motivo, illustrato da memoria.
4.– L’INPS resiste con controricorso, notificato il primo settembre 2017.
5.– La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, ai sensi degli artt. 375, secondo comma, e 380-bis.1., primo comma, cod. proc. civ.
6.– Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
7.– Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei sessanta giorni successivi alla camera di consiglio (art. 380-bis.1., secondo comma, cod. proc. civ.).
Ragioni della decisione
1.– Con l’unico motivo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente denuncia falsa applicazione dell’art. 9 della legge n. 898 del 1970.
Avrebbe errato la Corte territoriale nell’escludere il diritto di conseguire la pensione di reversibilità, a fronte della costituzione di un diritto di usufrutto sulla casa coniugale, in tutto equipollente alla titolarità dell’assegno di divorzio per il carattere solidaristico-assistenziale delle utilità correlate a tale beneficio, peraltro destinato a protrarsi nel tempo.
2.– La censura non coglie nel segno.
2.1.– Nel comporre il contrasto di giurisprudenza, segnalato anche dall’odierna ricorrente, questa Corte ha affermato che l’attribuzione della pensione di reversibilità postula la titolarità dell’assegno di divorzio, intesa come titolarità attuale e concretamente fruibile dell’assegno periodico divorzile al momento della morte dell’ex coniuge (Cass., S.U., 24 settembre 2018, n. 22434).
L’art. 5 della legge 28 dicembre 2005, n. 263, nel dettare l’interpretazione autentica dell’art. 9 della legge n. 898 del 1970, ha stabilito che «Le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 dell’articolo 9 della legge 1 dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni, si interpretano nel senso che per titolarità dell’assegno ai sensi dell’articolo 5 deve intendersi l’avvenuto riconoscimento dell’assegno medesimo da parte del tribunale ai sensi del predetto articolo 5 della citata legge n. 898 del 1970».
Non rileva, dunque, la titolarità astratta del diritto all’assegno divorzile, già definitivamente soddisfatto con la corresponsione in unica soluzione, in quanto, in tale fattispecie, difetta il requisito funzionale del trattamento di reversibilità.
Tale requisito s’identifica nel medesimo presupposto solidaristico dell’assegno periodico di divorzio, finalizzato alla continuazione del sostegno economico in favore dell’ex coniuge (in tal senso, anche Cass., sez. lav., 28 settembre 2020, n. 20477).
Per contro, allorché sia stato corrisposto l’assegno una tantum, non si riscontra il venir meno di una situazione di contribuzione economica.
2.2.– In coerenza con le enunciazioni di principio della sentenza n. 22434 del 2018, questa Corte ha chiarito che è proprio l’intreccio d’interessi patrimoniali eterogenei, «riconducibili al titolare dell’assegno pensionistico, al titolare dell’assegno divorzile, agli istituti ovvero alle casse previdenziali e, da ultimo, anche all’eventuale altro coniuge superstite», a imporre l’accertamento giudiziale «della titolarità o meno in capo all’ex coniuge dell’assegno divorzile, quale requisito imprescindibile per la liquidazione dell’assegno pensionistico di reversibilità […], senza che siano a ciò sufficienti meri accordi ovvero intese tra le parti non sottoposte al vaglio giurisdizionale» (Cass., sez. I, 18 aprile 2023, n. 10291, punto 5.8. dei Motivi della decisione).
2.3.– Nella memoria illustrativa, la parte ricorrente equipara la costituzione dell’usufrutto all’attribuzione dell’assegno divorzile e ribadisce l’orientamento espresso da Cass., sez. I, 28 maggio 2010, n. 13108, senza cimentarsi con l’evoluzione del dato normativo e con la più recente elaborazione della giurisprudenza di questa Corte, ferma nel richiedere l’accertamento giudiziale, nella specie mancante, del diritto all’assegno di divorzio.
3.– Per le ragioni esposte, il ricorso dev’essere rigettato.
4.– La complessità delle questioni dibattute, che ha imposto l’intervento chiarificatore delle sezioni unite in epoca successiva alla proposizione del ricorso, consente di ravvisare i presupposti per la compensazione delle spese del presente giudizio.
5.– L’integrale rigetto del ricorso, proposto dopo il 30 gennaio 2013, impone di dare atto dei presupposti per il sorgere dell’obbligo della ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per l’impugnazione, ove sia dovuto (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315).
6.– A tutela dei diritti della parte ricorrente, che ha proposto una domanda connessa con la pronuncia di divorzio, si deve disporre, infine, in caso di riproduzione in qualsiasi forma della presente ordinanza, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi della parte, ai sensi dell’art. 52, comma 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; compensa le spese del presente giudizio.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1-bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Dispone, in caso di riproduzione in qualsiasi forma del presente provvedimento, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi della parte ricorrente, ai sensi dell’art. 52, comma 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
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