CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza n. 35402 depositata il 1° dicembre 2022

Lavoro – Licenziamento – Assenza dal lavoro – Mancata comunicazione preventiva dell’assenza – Recidiva – Condotta integrante una fattispecie complessa – Vizio di violazione di legge – Inammissibilità del ricorso

Rilevato che

1. Con sentenza n. 1869 del 24.6.2020, la Corte di appello di Napoli ha rigettato il reclamo proposto, ex art. 1, comma 58, della legge n. 92 del 2012, da E.P. nei confronti di A.S.I.A. N.A.I.A. s.p.a. e, confermando la sentenza del giudice dell’opposizione, ha ritenuto legittimo il licenziamento intimato in data 2.11.2017 dal datore di lavoro;

2. la Corte territoriale ha accertato la sussistenza del comportamento oggetto della contestazione disciplinare, consistente nell’assenza dal lavoro nella giornata dell’11.8.2017, nella mancata comunicazione preventiva dell’assenza, nella recidiva costituita da una serie di analoghe mancanze nel periodo novembre 2015-gennaio 2017 (ricostruzione operata dal giudice dell’opposizione e non censurata in sede di reclamo); ha rilevato che tale condotta, che integrava una fattispecie complessa (non compendiabile nella mera assenza in un giorno lavorativo), era contemplata dall’art. 68, comma 2, del CCNL Igiene ambientale Utilitalia che prevedeva il licenziamento con preavviso per coloro che “siano incorsi, per almeno tre volte nel corso di due anni, per la stessa mancanza o mancanze analoghe, in sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per un totale di 20 giorni o nello stesso periodo di tempo abbiano subito almeno 4 sospensioni per 35 giorni complessivamente, anche se non conseguenti ad inosservanza dei doveri di cui all’art. 66”;

3. per la cassazione della sentenza ricorre il P. sulla base di un motivo, illustrato da memoria; resiste la società con controricorso;

Considerato che

1. quale unico motivo di ricorso viene dedotta, ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 18, commi 4 e 5, della legge n. 300 del 1970, 1 della legge n. 604 del 1966, 2104, 2106, 2119, 1362 e ss. c.c., 36, comma 4, 42, 66, 68 del CCNL Igiene Ambientale Utilitalia avendo errato, la Corte territoriale, a ritenere ricorrente una giusta causa di licenziamento posto che il fatto contestato era assolutamente insussistente e, in ogni caso, anche a volerlo considerare realmente avvenuto, punibile con una sanzione conservativa, sulla base della previsione della contrattazione collettiva: infatti, dovendo ritenersi che l’addebito contestato concerne solamente l’assenza dal lavoro nella giornata dell’11.8.2017, doveva applicarsi l’art. 36, comma 4, del CCNL di categoria, che esclude il licenziamento per assenze inferiori a 4 giorni consecutivi; se, poi, doveva ritenersi integrato solamente la condotta di mancata comunicazione preventiva dell’assenza, il fatto non doveva neppure essere sanzionato; inoltre, la corretta interpretazione del codice disciplinare dettato dall’art. 68 del CCNL di categoria, porta a ritenere che il caso di assenze inferiori a 4 giorni non possa mai essere sanzionato con il provvedimento espulsivo, e a tale proposito è stata avanzata la richiesta, alla Corte territoriale, di informazioni ed osservazioni alle associazioni sindacali firmatarie del CCNL;

2. il ricorso è inammissibile;

3. deve rimarcarsi che in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione: il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (ex aliis: Cass. nn. 7394 e 16698 del 2010);

4. ancora di recente le Sezioni unite hanno ribadito l’inammissibilità di censure che “sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione e falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, degradano in realtà verso l’inammissibile richiesta a questa Corte di una rivalutazione dei fatti storici da cui è originata l’azione”, così travalicando “dal modello legale di denuncia di un vizio riconducibile all’art. 360 cod. proc. civ., perché pone a suo presupposto una diversa ricostruzione del merito degli accadimenti” (cfr. Cass. SS.UU. n. 34476 del 2019; conf. Cass. SS.UU. n. 33373 del 2019; Cass. SS.UU. n. 25950 del 2020);

5. nella specie è evidente che il ricorrente lamenta la erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta, e dunque, in realtà, non denuncia un’erronea ricognizione della fattispecie astratta recata dalla norma di legge o dalla clausola collettiva (ossia un problema interpretativo, vizio riconducibile all’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ.) bensì deduce un vizio-motivo, da valutare alla stregua del novellato art. 360, primo comma n. 5 cod.proc.civ., che – nella versione ratione temporis applicabile – lo circoscrive all’omesso esame di un fatto storico decisivo (cfr. sul punto Cass. Sez. U. n. 19881 del 2014), riducendo al “minimo costituzionale” il sindacato di legittimità sulla motivazione (Cass. Sez. U. n. 8053 del 2014), vizio-motivo che – a monte – non è consentito dall’art. 348-ter, commi 4 e 5, cod. proc. civ., essendosi in presenza di doppia pronuncia conforme di merito basata sulle medesime ragioni di fatto circa la gravità del comportamento adottato dal lavoratore;

6. invero, il ricorrente ribadisce (con ciò riproponendo, inammissibilmente, i motivi di reclamo) la ricostruzione, in fatto, della condotta del lavoratore come consistente unicamente nell’assenza dal posto di lavoro in data 11.8.2017, nonostante la Corte di appello – conformemente al Tribunale in sede di opposizione – abbia delineato la ricorrenza di una “fattispecie complessa” integrata non solo dall’assenza sul posto di lavoro (e dalla mancata comunicazione preventiva della suddetta assenza) bensì anche dalla “recidiva costituita da una serie di analoghe mancanze (assenza ingiustificata, mancata comunicazione malattia, assenza a visita di controllo INPS) per le quale, nel periodo compreso tra il novembre 2015 e il gennaio 2017, risultano irrogate una serie di sanzioni disciplinari di sospensione dal lavoro per complessivi giorni 49 (tutte richiamate nella lettera di contestazione e nella gravata sentenza)”;

fattispecie complessa che, evidenzia la Corte territoriale, è espressamente prevista dall’art. 68, comma 2, del CCNL di settore quale causa giustificativa dell’intimazione di un licenziamento con preavviso;

7. come sottolineato dalla Corte territoriale, “erra, pertanto, il reclamante nel soffermarsi, ai fini della valutazione della gravità dell’addebito, sulla sola assenza dal lavoro dell’11.8.2017, costituendo quest’ultimo solo un elemento della più ampia contestazione disciplinare”; non pertinenti risultano, pertanto, il richiamo di diverse clausole del CCNL di settore ovvero l’invocazione di una interpretazione diversa dell’art. 68 del suddetto CCNL in quanto prospettano una diversa ricostruzione del fatto, non sindacabile – come detto – in questa sede di legittimità;

8. in conclusione, il ricorso è inammissibile e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c.;

9. sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002;

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità liquidate in euro 4.000,00 per compensi professionali e in euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.