CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 35827 depositata il 22 dicembre 2023
Lavoro – Superiore inquadramento – Pagamento differenze retributive – Giudicato esterno – Prescrizione – Interruzione della prescrizione – Principio di irriducibilità della retribuzione – Rigetto
Rilevato che
1. G.C. ha agito in giudizio con un primo ricorso nei confronti della R. – (…)spa, per ottenere il riconoscimento del superiore inquadramento (Quadro di livello A, classe retributiva A) e la condanna della società datoriale al pagamento delle differenze retributive per il periodo 1.10.1988 – 31.12.1998.
2. Il Tribunale di Roma ha respinto il ricorso e la Corte d’appello, con sentenza n. 5960/2009, (negata la qualifica di giornalista per essere l’attività rapportabile alla mera trasmissione di notizie ed informazioni e priva di contenuto intellettuale, creativo e critico) ha parzialmente accolto la domanda riconoscendo al C. il diritto, ai sensi dell’art. 36 Cost., ad un trattamento economico parametrato a quello di classe prima, terza classe retributiva, spettante all’annunciatore di primo livello, ed ha liquidato in favore del predetto le differenze retributive.
La sentenza d’appello n. 5960/2009 è stata confermata dalla Corte di cassazione con sentenza n. 4855/2013 ed è divenuta irrevocabile.
3. Con un successivo ricorso depositato il 23.10.2013, il C. ha agito in giudizio per ottenere la condanna della R. al pagamento delle differenze retributive (calcolate in base alla classe prima, terza classe retributiva) maturate dall’1.1.1999 fino al 29.7.2011, data del pensionamento, e al versamento dei contributi omessi oppure al risarcimento del danno pensionistico.
4. Il tribunale, respinta l’eccezione di prescrizione sollevata dalla società, ha accolto la domanda liquidando la somma di euro 66.361,51 a titolo di differenze retributive e TFR e di euro 46.867,45 a titolo di danno pensionistico.
5. La Corte d’Appello di Roma (sentenza n. 1835/2019), in parziale accoglimento dell’appello della R., ha ridotto le differenze retributive all’importo di euro 37.234,56 e di euro 7.287,00 quali differenze sul TFR, dichiarando prescritti i crediti retributivi maturati fino al 17.7.2004, cioè fino a cinque anni anteriori al primo atto interruttivo risalente al 17.7.2009 (esclusa ogni prescrizione per il TFR).
6. Avverso tale sentenza Guido C. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. La R. –(…)spa ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.
7. Il Collegio si è riservato di depositare l’ordinanza nei successivi sessanta giorni, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c., come modificato dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Considerato che
8. Con il primo motivo il lavoratore ha dedotto, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 324 c.p.c. e 2909 c.c. per essersi la Corte di merito pronunciata nuovamente su uno stesso rapporto già definito giudizialmente con autorità di cosa giudicata.
9. Con il secondo motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 2103 c.c. e dell’art. 36 Cost. per non avere la sentenza impugnata preservato il principio della irriducibilità della retribuzione di cui all’art. 2103 c.c.
10. Con il terzo motivo di ricorso si deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 1218 e 2946 c.c. per avere la Corte di merito qualificato la responsabilità datoriale come extracontrattuale, anziché contrattuale, ed applicato il termine di prescrizione quinquennale, anziché decennale.
11. Con il quarto motivo di ricorso si addebita alla sentenza, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2935 e 2945 c.c. per avere qualificato la responsabilità extracontrattuale, in modo erroneo, e inoltre considerato la condotta della R. quale illecito istantaneo anziché permanente.
12. In via preliminare, è da respingere l’eccezione sollevata dalla società, di inammissibilità del primo motivo di ricorso per omessa trascrizione del giudicato, atteso che le sentenze, d’appello e di legittimità, sono state depositate come doc. 7 e 8 in allegato al ricorso per cassazione (v. peraltro Cass. n. 5360 del 2009; n. 24740 del 2015, secondo cui la Corte di cassazione è tenuta per dovere di ufficio alla conoscenza dei propri precedenti”).
13. Il primo motivo di ricorso è infondato.
14. Il giudicato formatosi con la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 5960/2009, confermata in cassazione (sentenza n. 4855/2013), ha avuto ad oggetto le differenze retributive per il periodo dall’1.10.1988 (rectius, dal 9.11.1993) al 31.12.1998, in base al petitum e alla causa petendi della domanda avanzata in quella sede dal lavoratore e riconosciuta fondata all’esito del giudizio. Tale pronuncia, divenuta irrevocabile, non ha avuto ad oggetto il diverso segmento temporale (dall’1.1.1999 fino al pensionamento) oggetto del procedimento per cui è causa e neppure può esplicare alcun effetto sospensivo e interruttivo della prescrizione rispetto a questa diversa domanda.
15. È vero che, in ordine ai “rapporti giuridici di durata […] sui quali il giudice pronuncia con accertamento su una fattispecie attuale ma con conseguenze destinate ad esplicarsi anche in futuro, l’autorità del giudicato impedisce il riesame e la deduzione di questioni tendenti ad una nuova decisione di quelle già risolte con provvedimento definitivo, il quale pertanto esplica la propria efficacia anche nel tempo successivo alla sua emanazione, con l’unico limite di una sopravvenienza, di fatto o di diritto, che muti il contenuto materiale del rapporto o ne modifichi il regolamento” (Cass. n. 37269 del 2021; n. 17223 del 2020; n. 20765 del 2018; n. 15493 del 2015; S.U. n. 26482 del 2007), tuttavia nessun rilievo esplica il giudicato esterno così formatosi rispetto al decorso della prescrizione, in relazione ai diritti afferenti ad un diverso segmento temporale.
16. Non è utile alla tesi di parte ricorrente invocare l’art. 2945, secondo comma c.c., atteso che “l’effetto interruttivo degli atti introduttivi di un giudizio, con il correlato effetto sospensivo, fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio, previsto dall’art. 2945, secondo comma cod. civ., opera limitatamente ai diritti azionati; tale regola, applicata al rapporto di lavoro, comporta che il ricorso con il quale un lavoratore subordinato azioni determinati diritti che assume nascenti da un certo rapporto di lavoro, non ha alcuna efficacia interruttiva sulla prescrizione relativa ad altri diritti fondati sullo stesso rapporto, ne’ la durata del primo processo, fino al passaggio in giudicato della sentenza, influisce sul decorso della prescrizione dei diritti azionati” (così Cass. n. 589 del 2002).
Infatti, non ogni domanda ha effetto interruttivo della prescrizione, ma soltanto quella con cui l’attore chiede il riconoscimento e la tutela giuridica di quel diritto del quale si eccepisca poi la prescrizione (v. Cass. n. 5575 del 2003; n. 6570 del 2005).
17. Neppure il secondo motivo può trovare accoglimento. Il giudicato esterno relativo al primo segmento temporale (1988 – 1998) non ha impedito il verificarsi della prescrizione in ordine ai crediti retributivi maturati nel secondo periodo (1999 – 2011) e ciò non confligge col principio di irriducibilità della retribuzione che attiene all’importo della stessa e non al periodo per cui essa deve essere riconosciuta, compatibilmente con la disciplina della prescrizione e della sua interruzione.
18. Il terzo e quarto motivo sono parimenti infondati perché la Corte d’appello ha qualificato la responsabilità datoriale come contrattuale ed ha applicato la prescrizione quinquennale prevista per i crediti retributivi, operando quella decennale, di cui all’art. 2945, secondo comma, c.c., solo per effetto del giudicato relativo ad una domanda che afferisca ai diritti per cui la prescrizione è eccepita (nel caso di specie, è invocato un giudicato esterno formatosi su diritti diversi, per segmento temporale, da quelli azionati in questa causa).
19. Per le ragioni esposte, il ricorso deve essere respinto.
20. La regolazione delle spese del giudizio di legittimità segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo.
21. Il rigetto del ricorso costituisce presupposto processuale per il raddoppio del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 (cfr. Cass. S.U. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 4.500,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
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