CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 37384 depositata il 21 dicembre 2022
Tributi – Avviso di accertamento – Studi di settore – Spese per lavoro dipendente – Immobili non strumentali per l’esercizio dell’impresa – Determinazione del reddito d’impresa – Rigetto
Fatti di causa
1. La V.A. Srl è proprietaria di terreni agricoli, impiegati per la coltura vinicola, nonché di immobili di pregio architettonico, prevalentemente locati per uso temporaneo.
Alla società, a seguito di comunicazione di invito ad esibire documentazione, spedito a mezzo PEC, è stato notificato dall’Agenzia delle Entrate l’avviso di accertamento n. T8B030101034/2017, attinente ad Ires, Irap ed accessori, in riferimento all’anno 2013.
2. La società aveva presentato lo studio di settore modello VG40U, con esito congruo e coerente. Tuttavia l’Amministrazione finanziaria rilevava come non fossero state indicate le spese per lavoro dipendente in relazione ad undici prestatori di lavoro: impiegati, custodi ed operai, che invece nel bilancio societario erano indicate come ammontanti ad Euro 139.548,00. A parere dell’Amministrazione finanziaria le spese per il personale dipendente dovevano considerarsi “spese relative all’esercizio dell’impresa”, pertanto da indicare nello studio di settore, e non “spese relative a beni immobili”, non deducibili ai sensi dell’art. 90 Tuir, e perciò non indicate dalla società nello studio di settore. Ricalcolando i ricavi societari, e pertanto conteggiando i costi sostenuti per il personale dipendente, l’Agenzia delle Entrate concludeva che la società rientrava tra quelle “in perdita sistematica”, avendo registrato una perdita fiscale in due anni nell’ambito di un triennio, ed in un esercizio aveva conseguito un reddito inferiore a quello minimo previsto in considerazione dell’art. 30 della legge n. 724 del 1994. Peraltro, il ricalcolo dell’andamento societario comportava una valutazione finale di non coerenza e non congruità.
2.1. L’Ufficio provvedeva a rettificare il reddito d’impresa mediante accertamento induttivo extracontabile, e concludeva contestando un reddito minimo ai fini Ires pari ad Euro 665.767,68, a fronte di un reddito dichiarato complessivo di Euro 70.764,00.
3. La società impugnava l’atto impositivo innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Firenze, proponendo una pluralità di censure e, per quanto ancora di interesse, lamentando la nullità dell’avviso di accertamento per violazione delle regole del contraddittorio preventivo, e comunque censurando che l’Amministrazione finanziaria aveva erroneamente reputato non corretta la compilazione dello studio di settore da parte della V.A. Srl, con la conseguenza di aver ritenuto di poterlo rettificare. La CTP accoglieva l’impugnativa proposta dalla società ed annullava l’avviso di accertamento, ritenendo che, ai sensi dell’art. 90, comma 2, del T.U. n. 917 del 1986 (Tuir), tutti i costi “relativi” ad immobili sono indeducibili, e pertanto le dichiarazioni rese dalla contribuente in sede di redazione dello studio di settore risultavano corrette, come pure il risultato finale di coerenza e congruenza raggiunto.
4. Ha spiegato appello avverso la decisione assunta dalla CTP l’Ente impositore, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, riproponendo i suoi argomenti. La CTR ha rigettato l’impugnativa.
Avverso la decisione sfavorevole adottata dalla CTR ha proposto ricorso per cassazione l’Amministrazione finanziaria, affidandosi ad uno strumento di impugnazione. Resiste mediante controricorso la contribuente, che ha pure proposto ricorso incidentale, affidandosi ad un mezzo d’impugnazione, ed ha infine depositato memoria.
Ragioni della decisione
1. Mediante il suo strumento di impugnazione, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’Amministrazione finanziaria contesta la violazione e falsa applicazione dell’art. 90, comma 2, del Dpr n. 917 del 1986 (Tuir), dell’art. 30 della legge n. 794 del 1994, dell’art. 2, commi 36 quinquies, decies e undecies, del DI n. 138 del 2011, come conv., nonché degli artt. 39, comma 2, lett. d – ter, 40 e 41 bis, del Dpr n. 600 del 1973, per avere la CTR illegittimamente interpretato “l’inciso ‘relativi ai beni immobili’, di cui all’art. 90, comma 2, Tuir” (ric., p. 15).
2. Con il suo motivo di ricorso incidentale, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la contribuente censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 10, comma 3 bis, della legge n. 146 del 1998, in cui è incorso il giudice dell’appello, per non avere la CTR ritenuto la nullità dell’avviso di accertamento per cui è causa, in conseguenza della mancata osservanza, da parte dell’Agenzia delle Entrate, dell’obbligo di istaurazione del contraddittorio preventivo.
3. Mediante il suo motivo di impugnazione, l’Agenzia delle Entrate contesta la violazione di legge conseguente alla errata interpretazione dell’art. 90 (già art. 52), comma 2, del Dpr n. 917 del 1986 (Tuir), in cui sarebbe incorsa la CTR. In sostanza il problema consiste nello stabilire se i costi sopportati dalla contribuente per i suoi dipendenti, componenti negativi del reddito, risultassero però indeducibili, e pertanto non fossero da indicare nello studio di settore, con la conseguenza che lo stesso risultava congruo e coerente, oppure dovessero essere comunque indicati, così come nel bilancio societario, con la conseguenza che le dichiarazioni dei redditi della contribuente risultavano incongrue ed incoerenti, la società doveva classificarsi tra quelle in perdita sistematica in applicazione della normativa sulle società di comodo, e le rettifiche del reddito operate dall’Amministrazione finanziaria risultavano giustificate.
3.1. Secondo l’Agenzia delle Entrate, le spese sostenute per il personale dipendente da una società operativa nel ramo immobiliare, non sono costi “relativi” all’attività d’impresa, come sarebbero, ad esempio, le spese per lavori di manutenzione straordinaria degli immobili, bensì “spese relative all’esercizio d’impresa svolto mediante l’utilizzo degli immobili” (ric., p. 5).
Invero, l’art. 90 del Tuir al primo comma dispone, tra l’altro, che “I redditi degli immobili che non costituiscono beni strumentali per l’esercizio dell’impresa, né beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa, concorrono a formare il reddito …”, quindi la norma della cui interpretazione si controverte, pertanto l’art. 90, comma 2, del Dpr n. 917 del 1986, dispone: “2. Le spese e gli altri componenti negativi relativi ai beni immobili indicati nel comma 1 non sono ammessi in deduzione” (evidenza aggiunta).
3.2. La CTP, la cui decisione è trascritta in ampio stralcio dalla ricorrente, ha ritenuto che l’art. 90, comma 2, del Tuir, “mira ad equiparare il reddito di una società che possiede immobili civili a quello di una persona fisica privata, proponendosi di evitare che gli affitti di immobili abitativi conseguiti in forma societaria, possano consentire una deduzione di costi che il privato non potrebbe dedurre … da ciò deriva l’indeducibilità di tutti i costi relativi agli immobili fra cui anche il costo degli operai, dediti alla manutenzione e cura degli immobili e dei terreni e giardini adiacenti”, dovendo pure aggiungersi che la “tesi prospettata da parte dell’Agenzia delle Entrate secondo cui le spese per prestazioni di lavoro dipendente relative ad operai specializzati, qualificati e generici non potrebbero essere considerate tra le spese relative agli immobili di cui al comma 2 dell’art. 90, risulta priva di argomenti a sostegno”.
3.3. A sua volta la CTR ha dichiarato di condividere le valutazioni espresse dalla CTP, ed ha poi scritto che “il 2° co. dell’art. 90 del Tuir non può essere applicato soltanto ai componenti negativi che comportino un incremento patrimoniale dei beni per la loro manutenzione o ristrutturazione, ma a tutti i componenti negativi, atteso che manutenzione ordinaria, custodia e sorveglianza degli immobili non possono qualificarsi come spese afferenti l’attività d’impresa esercitata con l’impiego di immobili, riguardando invece la loro potenziale redditività locativa derivante anche dall’utilizzo del personale per servizi, manutenzioni, riparazioni, guardiania, amministrazione e gestione” (sent. CTR, p. III).
La società, inoltre, evidenzia che la normativa vigente, ma pure le istruzioni ministeriali, richiedevano di compilare il quadro F, del Modello VG40V, relativo allo studio di settore, “inserendovi i soli dati rilevanti ai fini fiscali, ovverosia quegli stessi dati che rilevino e siano stati utilizzati nella dichiarazione dei redditi per la determinazione, appunto del reddito di impresa secondo le disposizioni del Tuir” (controric., p. 2), a tra tali dati non rientrano i costi indeducibili.
3.4. Sebbene non siano numerosi i precedenti specifici in materia di questa Corte, occorre comunque ricordare che è stato già espresso il principio secondo cui “in tema di determinazione del reddito d’impresa, i costi dichiarati indeducibili dall’art. 52 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 (applicabile ratione temporis [ora art. 90]), per gli immobili non strumentali per l’esercizio dell’impresa – i cui redditi concorrono a formare il reddito di impresa nell’ammontare determinato secondo le regole stabilite per la determinazione del reddito fondiario – sono, non già quelli riconducibili comunque fra le spese generali di gestione della società, ma quelli, già considerati ai fini della determinazione del reddito fondiario ai sensi dell’art. 7 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 604, riguardanti le spese di manutenzione e riparazione ed ogni altra spesa o perdita riferita a ciascuna unità immobiliare“, Cass. sez. V, 27.11.2002, n. 16780 (evidenza aggiunta, conf. Cass. sez. V, 25.1.2006, n. 1430).
Pertanto la decisione assunta dai giudici di merito risulta conforme all’orientamento interpretativo proposto da questa stessa Corte regolatrice, che appare condivisibile e merita pertanto di essere confermato.
La elegante distinzione proposta dall’Agenzia delle Entrate tra le “spese relative a beni immobili”, e le “spese relative all’esercizio di impresa svolto mediante l’utilizzo di immobili”, non trova riscontro nella previsione normativa, ed anzi, la scelta del legislatore di utilizzare un termine dall’ampia accezione, indicando quali componenti negative indeducibili le spese “relative” agli immobili, appare corretto che sia letta quale espressione dell’intendimento di non limitare l’indeducibilità soltanto a talune categorie di costi pertinenti, dovendo la regola trovare applicazione generale.
3.5. Può pertanto indicarsi il principio di diritto secondo cui: “In tema di società dedite alla locazione di unità immobiliari, tra le spese e gli altri componenti negativi di reddito relativi ai beni immobili che non sono ammessi in deduzione, di cui al comma 2 dell’art. 90 del d.P.R. n. 917 del 1986, rientrano le spese di manutenzione e riparazione, ed ogni altra spesa o perdita riferita a ciascuna unità immobiliare, inclusi i costi sostenuti per il personale dedito a servizi, manutenzioni, riparazioni, guardiania, amministrazione e gestione; ne consegue che tali oneri devono essere annotati in bilancio, ma non devono essere indicati nello studio di settore della società, perché trattasi di oneri indeducibili“.
3.6. Il ricorso proposto dall’Amministrazione finanziaria deve essere pertanto rigettato, rimanendo assorbito il ricorso incidentale condizionato proposto dalla contribuente per la quale, del resto, la pronuncia adottata risulta pienamente satisfattoria.
4. Le spese di lite seguono l’ordinario criterio della soccombenza, e sono liquidate come in dispositivo, in considerazione della natura delle questioni esaminate e del valore della controversia.
4.1. Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, che condanna al pagamento delle spese di lite in favore della costituita controricorrente, e le liquida nella complessiva misura di Euro 10.773,00 per compensi, oltre 15% per spese generali, Euro 200,00 per esborsi, ed accessori di legge.
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