CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 37516 depositata il 22 dicembre 2022
Tributi – Avviso di intimazione di pagamento – Accisa per carburante e accessori – Avviso privo di firma del dirigente – Disconoscimento della conformità tra una scrittura privata e la copia fotostatica – Inammissibilità del ricorso
Rilevato che
1. Con sentenza n. 2823/23/2017 depositata in data 22/9/2017 la Commissione tributaria regionale della Puglia, sez. staccata di Lecce, rigettava l’appello proposto da B.S. avverso la sentenza n. 2709/2/14 della Commissione tributaria provinciale di Lecce, la quale a sua volta aveva dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso l’avviso di intimazione di pagamento emesso dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli a titolo di recupero di accisa per carburante e accessori.
2. In particolare, il ricorso veniva ritenuto tardivo dal giudice di prime cure; l’esito di inammissibilità dell’atto introduttivo veniva confermato dal giudice d’appello, il quale riteneva non generica la motivazione espressa dalla CTP e completa la motivazione dell’atto incluso il riferimento all’autorità cui proporre contestazioni e, in ogni caso, la proposizione del ricorso e la costituzione in giudizio era ritenuta idonea a produrre effetti sananti di eventuali irregolarità. Infine, la CTR riteneva inammissibile la doglianza di omessa pronuncia in ordine all’invocata rimessione in termini, in quanto manifestamente infondata e, comunque, trattarsi di una richiesta che doveva essere indirizzata al giudice di primo grado e a quello non di appello.
3. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il contribuente, deducendo due motivi, che illustra con memoria. Resiste l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli con controricorso.
Considerato che
4. Con il primo motivo di ricorso – ex art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ. – viene dedotta la violazione degli artt.49 del d.lgs. n.546 del 1992, 345 cod. proc. civ. e 32 del d.lgs. n.546 del 1992 per non aver l’Agenzia prodotto in appello l’originale dell’atto notificato con l’atto di appello, ma a verbale dell’udienza di discussione, con conseguente decadenza dalla facoltà di produzione.
5. Il motivo è inammissibile, per più ragioni. In primo luogo, per difetto di interesse, in quanto sin dal fascicolo di primo grado era stata prodotta copia fotostatica della notifica dell’intimazione e, conseguentemente, la produzione dell’originale nel grado d’appello non può considerarsi documento nuovo ai fini degli artt.14 comma 1, 32 comma 1, 58, 61 del d.lgs. n. 546 del 1992, 345 cod. proc. civ., non essendo leso il diritto di difesa né il principio del contraddittorio.
In secondo luogo, la censura impinge su di un accertamento in fatto della CTR, operato a pag. 3 della sentenza impugnata secondo cui la parte non ha tempestivamente contestato la difformità tra la copia della relata in suo possesso e la copia o l’originale della notifica prodotta dall’Agenzia.
6. Con il secondo motivo di ricorso – ex art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ. – viene dedotta la violazione degli artt.115 cod. proc. civ., 2719 cod. civ., 148, 149, 153 cod. proc. civ., 59 comma 2 del d.lgs. n.546 del 1992, per non aver la CTR ritenuto provato, sulla base del principio di non contestazione, che l’avviso di intimazione di pagamento era privo di firma del dirigente responsabile, con allegato un modello F24 bianco, senza indicazione dell’anno di imposta cui era riferita l’intimazione, né l’autorità, modalità e termini per l’eventuale impugnazione, fatti tutti allegati con il ricorso in primo grado e non tempestivamente contestati dall’Agenzia, ragione per cui l’istanza di remissione in termini formulata in primo grado e ribadita in appello doveva essere accolta. Nel corpo del motivo, ulteriormente elaborato nella memoria illustrativa, il contribuente pone anche la questione secondo cui la non conformità della copia doveva ritenersi provata perché l’allegazione non era stata tempestivamente contestata dall’Agenzia.
7. Il motivo è inammissibile, perché anche con riferimento alla questione c’è un preciso accertamento dalla CTR sulla completezza dell’atto, espresso a pag.3 della sentenza, secondo il quale l’atto conteneva gli elementi riguardanti termine e autorità destinataria dell’impugnazione cui poi è stato peraltro anche proposto l’impugnazione, con pieno raggiungimento degli effetti di esercizio del diritto di difesa, mentre la censura non fornisce elementi decisivi e contrari a tale accertamento, non valutati dal giudice di merito.
Non rilevante è poi il profilo della mancata contestazione circa la non conformità della copia, dal momento che, per consolidata interpretazione giurisprudenziale della Sezione in tema di prova documentale (Cass. Sez. 5 – , Sentenza n. 14950 del 08/06/2018, Rv. 649366 – 01; conforme, Cass. Sez. 5 – , Sentenza n. 1324 del 18/01/2022, Rv. 663748 – 01), il disconoscimento, ai sensi dell’art. 2719 cod. civ., della conformità tra una scrittura privata e la copia fotostatica, prodotta in giudizio non ha gli stessi effetti di quello della scrittura privata, previsto dall’art. 215, comma 1, n. 2, cod. proc. civ., in quanto, mentre quest’ultimo, in mancanza di verificazione, preclude l’utilizzabilità della scrittura, la contestazione di cui all’art. 2719 cod. civ. non impedisce al giudice di accertare la conformità della copia all’originale anche mediante altri mezzi di prova, comprese le presunzioni, come avvenuto nel caso di specie.
8. Alla luce di quanto precede il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile e le spese di lite seguono la soccombenza, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate in Euro 1.400,00 per compensi, Spese prenotate a debito.
Si dà atto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
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