CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 37583 depositata il 22 dicembre 2022
Tributi – Cartella di pagamento – Sanzioni ed interessi relativi a ratei di rivalutazione di una quota di partecipazione societaria – Art. 2, comma 1, lett. t), del D.L. n. 70/2011 (“Semplificazione fiscale”) – Rigetto
Ritenuto in fatto
1. A.A. proponeva ricorso avanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Ancona avverso una cartella di pagamento per sanzioni ed interessi relativi a ratei di rivalutazione di una quota di partecipazione societaria scaduti e non pagati.
2. La CTP accoglieva il ricorso.
3. Sull’impugnazione proposta dall’Agenzia delle Entrate, la Commissione Tributaria Regionale Marche rigettava il gravame, ritenendo che, poiché la contestazione della cartella di pagamento comportava automaticamente la contestazione sugli accessori (sanzioni ed interessi), l’estinzione dell’imposta principale per esplicita richiesta dell’Ufficio portava con sé il venir meno delle sanzioni e degli interessi.
4. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidandosi ad un unico motivo. A.A. ha resistito con controricorso illustrato da memoria.
Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis cod. proc. civ. risulta regolarmente costituito il contraddittorio.
Ritenuto in diritto
1. Con l’unico motivo di impugnazione la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 13 del d. Lgs. n. 471/1997 e 20 del d.P.R. n. 602/1973, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., per non aver la CTR considerato che, al momento della successiva rivalutazione effettuata in base all’art. 2 d.l. n. 70/2011, era già stato posto in essere il comportamento di mancato versamento di rate dovute e scadute (nel 2009 e nel 2010).
1.1. Il motivo è infondato.
L’art. 2, comma 1, lett. t), del d.L. n. 70/2011 (intitolato “Semplificazione fiscale”) prevede che: “Per ridurre il peso della burocrazia che grava sulle imprese e più in generale sui contribuenti, alla disciplina vigente sono apportate modificazioni così articolate: nuova opportunità di rideterminazione del valore di acquisto dei terreni edificabili e delle partecipazioni non negoziate nei mercati regolamentati, attraverso il pagamento di un’imposta sostitutiva”.
A sua volta, il comma 2, lett. ee) dello stesso articolo stabilisce che “i soggetti che si avvalgono della rideterminazione dei valori di acquisto di partecipazioni non negoziate nei mercati regolamentati, ovvero dei valori di acquisto dei terreni edificabili e con destinazione agricola, di cui agli articoli 5 e 7 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, qualora abbiano già effettuato una precedente rideterminazione del valore dei medesimi beni, possono detrarre dall’imposta sostitutiva dovuta per la nuova rivalutazione l’importo relativo all’imposta sostitutiva già versata. Al fine del controllo della legittimità della detrazione, con il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate di approvazione del modello di dichiarazione dei redditi, sono individuati i dati da indicare nella dichiarazione stessa.”.
A sua volta, l’art. 2 del d.l. n. 282 del 2002, rubricato significativamente “Riapertura di termini in materia di rivalutazione di beni di impresa e di rideterminazione di valori di acquisto”, in vigore dal 14/05/2011, come modificato dal d.l. del 13/05/2011 n. 70, al comma 2 prevede che: “Le disposizioni degli articoli 5 e 7 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e successive modificazioni, si applicano anche per la rideterminazione dei valori di acquisto delle partecipazioni non negoziate in mercati regolamentati e dei terreni edificabili e con destinazione agricola posseduti alla data del 1 luglio 2011. Le imposte sostitutive possono essere rateizzate fino ad un massimo di tre rate annuali di pari importo, a decorrere dalla data del 30 giugno 2012; sull’importo delle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi nella misura del 3 per cento annuo, da versarsi contestualmente. La redazione e il giuramento della perizia devono essere effettuati entro la predetta data del 30 giugno 2012”.
Nel caso di specie, pertanto, il contribuente si è avvalso della facoltà di scomputare, dall’imposta sostitutiva dovuta sulla base della detta normativa, quella già pagata (e, quindi, nel caso di specie, la prima delle tre rate) in occasione della precedente rivalutazione operata nel 2008 sulla base dell’art. 1, comma 91, l. n. 244/2007.
L’imposta sostitutiva in esame è, pertanto, un’imposta «volontaria», in quanto frutto di una libera scelta del contribuente, il quale opta per la rideterminazione del valore del bene (nel caso in esame, partecipazioni non negoziate nei mercati regolamentati), con conseguente versamento dell’imposta sostitutiva, nella prospettiva, in caso di futura cessione, di un risparmio sull’imposta ordinaria altrimenti dovuta sulla plusvalenza non affrancata; l’Amministrazione finanziaria, a sua volta, riceve un immediato introito fiscale.
Questa Corte si è già pronunciata, con la sentenza n. 24057/2014, su controversia che presentava analogie con la presente, affermando che in tema di imposta sostitutiva sui capital gains, il contribuente, dopo aver effettuato una prima rivalutazione del bene (nella specie, partecipazioni non negoziate nei mercati regolamentati), con conseguente versamento dell’imposta, può chiedere, a seguito del sopraggiungere di una disciplina fiscale più favorevole, una nuova determinazione del valore qualora il bene sia ancora in suo possesso ed in tal caso, ha diritto, nella vigenza dell’art. 7 del d.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, ad effettuare la compensazione tra la nuova e la precedente imposta, mentre, anteriormente all’entrata in vigore della norma, poteva usufruire solo del rimborso, stante il divieto di doppia imposizione.
Si tratta di una vera e propria riapertura dei termini, che evita quindi ogni sanzione per violazione dell’art. 13 d. Lgs. n. 471 del 1997; la scadenza è stata differita per la rivalutazione e il versamento della nuova imposta sostitutiva e, quindi, nessuna violazione è stata posta in essere.
1.2. Questa Corte (Cass. 24057/2014) ha escluso che la norma del 2011 abbia portata retroattiva, in assenza di espressa previsione, o che comunque la compensazione fosse in ogni caso già possibile in virtù della previsione della L. n. 212 del 2000, art. 8 (c.d. Statuto dei diritti del contribuente), il quale recepisce per l’obbligazione d’imposta i generali canoni del codice civile sull’estinzione per compensazione (comma 1), trattandosi di istituto, secondo la normativa tributaria in vigore, applicabile solo nei casi specificamente contemplati, tanto che la normativa rinvia gli effetti dell’innovazione a decorrere dall’anno d’imposta 2002, previa emanazione di apposita disciplina di attuazione (comma 8), così inequivocabilmente confermando che l’estinzione per compensazione del debito tributario si determina allo stato della legislazione tributaria solo se espressamente stabilita. Nella disciplina in esame ciò è avvenuto solo nel 2011, dovendosi così intendere che prima l’istituto non fosse contemplato (Cass. nn. 14579 del 2001, 15123 e 22872 del 2006, 4246 del 2007, 12262 del 2007, 8716 e 17001 del 2013).
Da ciò consegue che, essendosi al cospetto di una riapertura dei termini per le rivalutazioni (al fine di consentire, in un periodo di gravi crisi economica, di rideterminare l’imposta sostitutiva sulla base degli importi indicati in una perizia giurata con valori anche in diminuzione) e sostituendosi le nuove rate alle precedenti (tant’è che l’Ufficio ha inevitabilmente proceduto allo sgravio della seconda e della terza rata relative all’imposta dovuta a seguito della rivalutazione del 2008), gli effetti della nuova rivalutazione non retroagiscono alla precedente e non ricorrono i presupposti per pretendere le sanzioni e gli interessi sulle rate dovute sulla base della precedente rivalutazione e non pagate.
Del resto, l’Ufficio dà atto nelle controdeduzioni in CTP della tempestività dello scomputo in sede di seconda rivalutazione (datato 29.06.12, scadente il termine il 30.06.12).
In definitiva, con il meccanismo della “compensazione”, introdotto dal d.L. n. 70 del 2011, e costituente attualmente la regola (essendo il rimborso solo eventuale, essenzialmente valevole per le situazioni pregresse), l’importo già versato viene imputato fino al nuovo importo dovuto: se l’importo dovuto in base alla seconda rivalutazione è maggiore, si verserà solo la differenza, se è minore (in quanto la seconda perizia di stima riporti un valore del bene posseduto inferiore a quello risultante dalla perizia precedente) non si verserà nulla (ma non ci sarà diritto al rimborso di quanto originariamente versato).
Da ultimo, va evidenziato che l’opzione per la rideterminazione dei valori e la correlata obbligazione tributaria si perfezionano con il versamento dell’intero importo dell’imposta sostitutiva ovvero, in caso di pagamento rateale, con il versamento della prima rata, tanto che il contribuente può immediatamente avvalersi del nuovo valore di acquisto ai fini della determinazione delle plusvalenze di cui all’art. 67 (81, secondo la vecchia numerazione) del TUIR.
Va, pertanto, enunciato il seguente principio di diritto: “Nel caso in cui il contribuente opti, sulla base dell’art. 2 del d.l. n. 70/2011 (convertito dalla legge 12 luglio 2011, n. 106), per la rideterminazione del valore del bene (nel caso in esame, partecipazioni non negoziate nei mercati regolamentati), avvalendosi, per l’effetto, della facoltà di scomputare, in sede di versamento dell’imposta sostitutiva dovuta sulla base della nuova normativa, quella già pagata in occasione della precedente rivalutazione operata ai sensi dell’art. 1, comma 91, della l. n. 244/2007, si è in presenza di una vera e propria riapertura dei termini per le rivalutazioni, sicchè le nuove rate si sostituiscono a quelle originarie, gli effetti della nuova rivalutazione non retroagiscono alla precedente e non ricorrono i presupposti per pretendere le sanzioni e gli interessi sulle rate dovute sulla base della pregressa rivalutazione e non pagate”.
2. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso va rigettato.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, nr. 115 (Cass. Sez. 6 – Ordinanza nr. 1778 del 29/01/2016).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio, che si liquidano in € 18.000,00 per compensi ed € 200,00 per spese, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, Iva e Cap.