Corte di Cassazione ordinanza n. 4898 depositata il 16 febbraio 2023

Il soggetto regolarmente iscritto all’AIRE deve ricevere le notificazioni degli avvisi di accertamento presso l’indirizzo della propria residenza all’estero o presso l’eventuale domicilio eletto in Italia, anche nel caso in cui mantenga la propria residenza in Italia

Rilevato che:

A.A., a seguito di visura catastale effettuata da un istituto di credito nell’ambito dell’istruttoria per una pratica di fido, veniva a conoscenza che l’Agenzia delle entrate aveva emesso nei suoi confronti tre avvisi di accertamento, relativi rispettivamente agli anni di imposta (——), con i quali, a seguito di verifica fiscale della Guardia di Finanza volta a contrastare il fenomeno delle residenze di comodo in Stati a fiscalità privilegiata, accertava la residenza in Italia della odierna ricorrente ritenendo che la stessa avesse mantenuto relazioni ed interessi di tipo familiare, affettivo ed economico con il territorio italiano e, conseguentemente, determinava ai fini IRPEF i redditi prodotti negli anni suddetti.

La contribuente impugnava dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Milano i tre avvisi di accertamento nonchè, con distinti ricorsi, il provvedimento di iscrizione ipotecaria, le cartelle di pagamento e gli atti di contestazione successivamente emessi ed un ulteriore avviso di accertamento relativo all’anno di imposta (——).

I ricorsi, previa riunione, venivano accolti sul rilievo che, essendo la contribuente iscritta nel registro dei cittadini non residenti ed essendo noto il suo domicilio all’estero, “le notifiche andavano fatte ai sensi dell’art. 142 c.p.c. “; in ogni caso, poichè era stato dimostrato che l’indirizzo indicato nelle dichiarazioni fiscali della contribuente era quello di (——) e non quello di (——), come invece erroneamente ritenuto dall’Ufficio, le notifiche erano nulle in quanto erroneamente effettuate ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60.

La Commissione tributaria regionale della Lombardia, con la sentenza indicata in epigrafe, accoglieva l’appello proposto dall’Ufficio. Osservava la CTR che correttamente l’Ufficio aveva effettuato le notificazioni presso il domicilio eletto dalla contribuente in (——). Rilevava, inoltre, che dalle operazioni annotate sul conto corrente bancario della ricorrente emergeva che la A.A. permaneva nel territorio dello Stato con continuità e non occasionalmente. La circostanza che la contribuente avesse in Italia il centro principale dei suoi interessi economici ed affettivi trovava altresì conferma nelle dichiarazioni rese dalla stessa A.A. e nel fatto che la predetta avesse un figlio dell’età di cinque anni che viveva e frequentava la scuola in Italia.

Avverso la sentenza della CTR la società contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tredici motivi.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Considerato che:

1. Con il primo motivo la contribuente deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c. in ordine all’eccezione sollevata dalla ricorrente riguardo all’inammissibilità dell’appello dell’Agenzia delle entrate per carenza di legittimazione attiva del soggetto firmatario, essendo stato il ricorso in appello sottoscritto non dal Direttore Provinciale bensì da un funzionario solo apparentemente delegato.

2. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 c.p.c. in ordine alla specifica eccezione pregiudiziale di inammissibilità dell’appello sollevata dalla contribuente relativamente alla violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53, per non avere l’Ufficio notificato l’atto di appello ad Equitalia Nord Spa , parte nel giudizio di primo grado.

3. I due motivi, esaminabili congiuntamente in quanto entrambi incentrati sull’omesso esame di una questione processuale, sono inammissibili.

Invero, secondo il consolidato orientamento di questa Corte il vizio di omissione di pronuncia non è configurabile su questioni processuali, ma soltanto nel caso di mancato esame di domande od eccezioni di merito (Cass. n. 22083 del 2013, n. 321 del 2016, n. 1876 del 2018, n. 6174 del 2018). Consegue che non sono censurabili con ricorso per cassazione le questioni concernenti l’omessa pronuncia della CTR sulla eccepita inammissibilità dell’appello sotto i distinti profili prospettati dalla contribuente con i due motivi di impugnazione.

4. Con il terzo motivo si deduce “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti nella parte in cui la sentenza impugnata ha “accertato” la soggettività passiva ai fini fiscali della contribuente senza considerare l’irregolarità della notifica degli avvisi di accertamento e degli atti di contestazione – error in procedendo – (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”. Sostiene in particolare la ricorrente che il procedimento notificatorio adottato dall’Ufficio è inesistente e nullo perchè la contribuente risultava iscritta all’A.I.R.E. previa comunicazione dell’indirizzo di residenza estera, nonchè per errore sul luogo di notifica, avendo la contribuente indicato, oltre agli estremi della residenza estera, anche l’indirizzo di (——).

5. Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 c.p.c. in ordine alla specifica eccezione sollevata dalla contribuente in appello relativamente alla illegittimità dell’avviso di accertamento n. (——) per violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 e della L. n. 241 del 1990, art. 3; difetto di motivazione D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 42. Rileva la ricorrente che il questionario predisposto dall’Ufficio era stato erroneamente notificato in (——) e non presso l’indirizzo di residenza di (——) indicato dalla contribuente, con conseguente illegittimità del correlato avviso di accertamento.

6. Con il quinto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, ove non dovesse essere ravvisata la violazione dell’art. 112 c.p.c. prospettata con il precedente motivo, il difetto di motivazione della sentenza impugnata in riferimento alla eccezione sollevata dalla contribuente in appello circa la illegittimità dell’avviso di accertamento n. (——) per violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 e della L. n. 241 del 1990, art. 3; difetto di motivazione D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 42.

7. I tre motivi, esaminabili congiuntamente in quanto strettamente connessi, sono fondati.

L’attuale assetto normativo relativo alle notificazioni a soggetti residenti all’estero risulta delineato dalla pronuncia della Corte costituzionale n. 366 del 2007 e dagli interventi normativi che sono seguiti.

La Consulta ha affermato che la notificazione deve “garantire al notificatario l’effettiva possibilità di una tempestiva conoscenza dell’atto notificato e, quindi, l’esercizio del suo diritto di difesa” e ha quindi dichiarato “l’illegittimità costituzionale del combinato disposto del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 58, comma 1 e comma 2, secondo periodo e art. 60, comma 1, lett. c), e) ed f) nella parte in cui prevede, nel caso di notificazione a cittadino italiano avente all’estero una residenza conoscibile all’amministrazione finanziaria in base all’iscrizione nell’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (A.I.R.E.), che le disposizioni contenute nell’art. 142 c.p.c. non si applicano”.

Il legislatore è poi intervenuto con il D.L. 25 marzo 2010, n. 40, art. 2, comma 1, lett. a), (convertito, con modificazioni, dalla L. 22 maggio 2010, n. 73) inserendo al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, i commi 4 e 5, nei quali viene tutt’ora previsto che, in alternativa alla procedura di cui all’art. 142 c.p.c., la notificazione ai contribuenti non residenti possa essere effettuata tramite spedizione di lettera raccomandata con avviso di ricevimento all’indirizzo risultante dall’A.I.R.E., salva la facoltà di procedere con la notifica mediante affissione presso l’albo pretorio, ciononostante applicabile solo in caso di esito negativo della spedizione effettuata all’estero. La disposizione al comma 5 stabilisce che la procedura potrà trovare applicazione solo qualora i contribuenti trasferitisi all’estero non abbiano comunicato all’Agenzia delle entrate l’indirizzo della residenza estera o del domicilio eletto in Italia ove intendano ricevere la notificazione degli atti impositivi, in quanto laddove così fosse, l’Ufficio impositore non potrà che procedere ai sensi del precedente D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, comma 1, lett. e-bis), purchè, al momento di effettuazione della notificazione, siano trascorsi almeno 30 giorni dalla data di ricezione, da parte dell’Amministrazione finanziaria, della comunicazione del cambio di residenza.

Tanto premesso, va rilevato che dall’esame della sentenza impugnata emerge come la CTR abbia dettagliatamente riportato le ragioni poste a sostegno dell’appello proposto dall’Ufficio volte a dimostrare che la contribuente aveva comunicato di essere residente in Italia in (——) alla (——), limitandosi poi sul punto ad osservare – in modo del tutto generico – che le controdeduzioni della A.A. riguardavano la contestata regolarità del procedimento notificatorio ed affermando, quindi, apoditticamente che tali controdeduzioni perdevano consistenza a fronte di quanto affermato dall’Agenzia delle entrate e dell’attività investigativa espletata dalla Guardia di Finanza.

Risulta pertanto di tutta evidenza come i giudici di appello abbiano omesso di esaminare e valutare in concreto le deduzioni svolte dalla contribuente sin dal primo grado di giudizio, secondo cui la predetta, iscritta all’A.I.R.E., aveva indicato l’indirizzo di residenza estera ed aveva altresì comunicato – come attestato dalla dichiarazione Modello Unico 2004 e dalle dichiarazioni sostitutive rese dal proprio commercialista – un domicilio in Italia ((——)) diverso da quello ((——)) dove l’Ufficio aveva effettuato le notifiche degli avvisi di accertamento e degli atti di contestazione.

8. Con il sesto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 c.p.c. in ordine alla specifica eccezione sollevata dalla contribuente in appello relativamente alla illegittimità dell’avviso di accertamento n. (——) per violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, per difetto/carenza/mancanza assoluta di motivazione; violazione del principio del contraddittorio. Sostiene la ricorrente che la CTR aveva omesso di prendere in considerazione le deduzioni formulate dalla ricorrente in merito alla carenza di motivazione dell’atto impositivo.

9. Con il settimo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, ove non dovesse essere ravvisata la violazione dell’art. 112 c.p.c. prospettata con il precedente motivo, il difetto di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla specifica eccezione sollevata dalla contribuente in appello relativamente la illegittimità dell’avviso di accertamento n. (——) per violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42 per difetto/carenza/mancanza assoluta di motivazione; violazione del principio del contraddittorio.

10. I due motivi, esaminabili congiuntamente, sono fondati.

Risulta dalla sentenza impugnata che la contribuente aveva dedotto l’illegittimità dell’avviso di accertamento per difetto di motivazione. Nel ricorso per cassazione (pag. 46 e ss.) è trascritto il passaggio dell’appello incidentale spiegato dalla A.A. in cui è riproposta tale eccezione.

Tale questione non è stata in alcun modo presa in considerazione dalla CTR, risultando del tutto assente nell’ordito motivazionale della sentenza impugnata, di modo che essa dovrà essere delibata dal giudice del rinvio.

11. Con l’ottavo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 c.p.c. in ordine alla specifica eccezione sollevata dalla contribuente in appello relativamente alla violazione del D.L. n. 78 del 2001, art. 12, comma 2, e della L. n. 212 del 2000, art. 3 con riguardo all’avviso di accertamento n. (——). La ricorrente censura la sentenza impugnata per avere omesso di pronunciarsi sulle eccezioni sollevate in primo grado e riproposte in appello concernenti in particolare i movimenti bancari esaminati in sede di accertamento, prospettando un’asserita illegittima applicazione retroattiva delle citate disposizioni dello Statuto dei diritti del contribuente.

12. Con il nono motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, ove non dovesse essere ravvisata la violazione dell’art. 112 c.p.c. prospettata con il precedente motivo, il difetto di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla specifica eccezione sollevata dalla contribuente in appello relativamente alla violazione del D.L. n. 78 del 2001, art. 12, comma 2, e della L. n. 212 del 2000, art. 3, con riguardo all’avviso di accertamento n. (——).

13. Con il decimo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 c.p.c. in ordine alla specifica eccezione sollevata dalla contribuente in appello relativamente alla violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 41-bis con riguardo all’avviso di accertamento n. (——). Sostiene la ricorrente che l’Amministrazione aveva proceduto ad accertamento parziale al di fuori dei casi normativamente previsti.

14. Con l’undicesimo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, ove non dovesse essere ravvisata la violazione dell’art. 112 c.p.c. prospettata con il precedente motivo, il difetto di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla specifica eccezione sollevata dalla contribuente in appello relativamente alla violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 41-bis, con riguardo all’avviso di accertamento n. (——).

15. Con il dodicesimo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione delle norme in tema di presunzione (art. 2727 c.c. e art. 2729 c.c., comma 1), nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto provato che A.A. aveva in Italia il centro principale dei suoi interessi economici e affettivi sulla scorta di indici inidonei a garantire l’esatta operatività del ragionamento deduttivo delle presunzioni e in mancanza comunque della c.d. “massima esperenziale” pure necessaria al loro funzionamento.

16. Con il tredicesimo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 2, comma 2-bis, , nella parte in cui non si ritiene sufficientemente provata la qualità di residente estera della contribuente.

17. I motivi sopra enunciati restano assorbiti a seguito dell’accoglimento del quarto, quinto, sesto e settimo motivo, vertendo su questioni sostanziali attinenti al merito della vicenda, logicamente e giuridicamente successive rispetto alle questioni prospettate con i motivi accolti.

18. In conclusione, devono essere accolti il terzo, il quarto, il quinto, il sesto e il settimo motivo di ricorso, inammissibili il primo e il secondo, assorbiti gli altri. La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio per un nuovo esame alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, la quale provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo, il quarto, il quinto, il sesto e il settimo motivo di ricorso, dichiara inammissibili il primo e il secondo, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.