Corte di Cassazione ordinanza n. 5162 depositata il 26 febbraio 2020
spese di sponsorizzazione – antieconomicità
Rilevato che:
La SL spa ha proposto ricorso avverso la sentenza n. 495/13/2015, depositata il 20.03.2015 dalla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, che aveva rigettato l’appello principale della società ed accolto parzialmente quello incidentale dell’Agenzia delle Entrate nel contenzioso instaurato tra le parti a seguito di notifica dell’avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2007.
L’atto impositivo erano stato notificato alla contribuente all’esito di verifica sui rapporti intercorsi tra la medesima società e la P. s.r.l., esercente attività di concessione pubblicitaria. Accertata la effettività dei rapporti commerciali l’Agenzia aveva tuttavia disconosciuto i costi dichiarati in bilancio dalla SL, corrisposti nella misura di € 500.000,00 per le attività svolte dalla società di pubblicità, dirette alla sponsorizzazione di autovetture partecipanti a gare automobilistiche di rally di livello anche internazionale. L’investimento nella pubblicità del “marchio” SL era ritenuto operazione antieconomica dall’Ufficio in rapporto al volume di affari e al reddito d’impresa dichiarato, sicchè quei costi erano recuperati a tassazione, con rideterminazione dei reddito ai fini Ires, Irap ed Iva e con applicazione delle sanzioni.
Era seguito il contenzioso, definitosi dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Pisa con sentenza n. 213/02/2014, che, in accoglimento parziale delle ragioni della contribuente, aveva riconosciuto i costi di sponsorizzazione nella misura di € 150.000,00. La pronuncia era stata impugnata da entrambe le parti, ciascuna per quanto soccombente, e la Commissione Tributaria Regionale della Toscana, con la sentenza ora al vaglio della Corte, rigettando l’appello principale della SL e accogliendo invece parzialmente quello incidentale della Amministrazione, aveva ridotto ulteriormente, nella misura di € 105.000,00, i costi di sponsorizzazione deducibili dalla base imponibile ai fini della determinazione del reddito 2007.
La società censura con due motivi la pronuncia:
con il primo per violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 35 del d.lgs. n. 546/1992 e 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c., per essere stata assunta la decisione con una valutazione equitativa;
con il secondo per violazione e falsa applicazione degli artt. 39 co. 1 lett. d), d.P.R. n. 600/1973, e 54, co. 1 e 2, d.P.R. n. 633/1992, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c., per carenza dei presupposti dell’accertamento presuntivo.
Ha chiesto dunque la cassazione della sentenza con ogni consequenziale statuizione.
L’Agenzia delle Entrate sì è costituita, eccependo l’inammissibilità del primo motivo e nel merito l’infondatezza di entrambi.
Considerato che
Con il primo motivo la società ricorrente lamenta che il giudice regionale, a fronte di una sentenza adottata dal giudice di primo grado secondo equità, tempestivamente denunciata con il ricorso in appello, non si è pronunciato sul punto, decidendo a sua volta secondo equità.
Il motivo sfiora l’inammissibilità perché con esso si denunciano errores in procedendo (omissione di pronuncia e sentenza secondo equità), invocando però formalmente l’ipotesi relativa all’error iuris in iudicando (n. 3 e non n. 4 del comma 1 dell’art. 360 c.p.c.). Tuttavia, anche superando l’inammissibilità -perché nonostante l’assenza di ogni riferimento alla nullità della sentenza il tenore complessivo delle argomentazioni può ritenersi che richiami errori processuali- nel merito esso è infondato.
Occorre premettere che dal ragionamento complessivo del giudice regionale emerge innanzitutto un giudizio solo parzialmente favorevole all’atto impositivo, non essendo stati disconosciuti integralmente i costi sostenuti dalla società per la sponsorizzazione del proprio marchio per carenza di inerenza. Ciò perché il riconoscimento tout court dell’antieconomicità della spesa avrebbe dovuto incidere sulla evidenza stessa della inerenza, ai sensi dell’art. 109 co. 5 TUIR e conseguentemente, per forza logica, condurre il giudice regionale ad una valutazione di integrale legittimità e correttezza dell’atto impositivo (anche tenendo conto del giudizio di carattere qualitativo e non quantitativo della inerenza, secondo i più recenti approdi interpretativi, persiste la valorizzazione della antieconomicità del costo, almeno quando macroscopico, -cfr. Cass., sent. n. 33574/2018; 27786/2018; 14579/2018-).
Ciò chiarito, gli elementi evidenziati, anche in sentenza, nella comparazione tra i costi sostenuti per la sponsorizzazione dalla SL, a fronte di quelli sostenuti per prestazioni analoghe da altre società, debitamente identificate nel corso del giudizio (società F. s.r.l., B.I.), inequivocabilmente denunciano una sproporzione del tutto irragionevole, che non può certo trovare giustificazione nel volume d’affari della società, come correttamente e logicamente affermato dai giudici regionali. Pertanto, cogliendo tale sproporzione, ma non ritenendo di condividere l’integrale recupero a tassazione dei costi di sponsorizzazione preteso dalla Amministrazione, attesa la verificata esistenza del rapporto contrattuale con la società di pubblicità P. s.r.l., e dovendo peraltro tener conto che il processo tributario non è diretto alla eliminazione giuridica dell’atto impugnato, ma ad una pronuncia di merito sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente che dell’accertamento dell’ufficio (Cass., sent. n. 19750/2014), la CTR ha inteso valorizzare alcuni elementi. In particolare quelli comunque acquisiti alla conoscenza processuale, ancorchè relativi a rapporti di sponsorizzazione di altre società estranee al giudizio, afferenti il medesimo settore (sponsorizzazione del marchio nel campo delle corse automobilistiche), nonché ulteriori dati, come la circostanza che nel caso della SL era lo stesso presidente del consiglio di amministrazione a comporre la squadra di piloti della scuderia che sponsorizzava il marchio.
Il dato finale emerso in sentenza, per quanto suggestive le osservazioni della difesa della contribuente, non costituiscono allora il prodotto di una valutazione equitativa, ma l’esito di un giudizio supportato da elementi presuntivi.
In conclusione il motivo è infondato.
Va rigettato anche il secondo motivo, con il quale la ricorrente si duole della carenza dei presupposti dell’accertamento presuntivo. In sintesi critica il ricorso al metodo accertativo mediante presunzioni sostenendo che ad esso possa farsi ricorso solo qualora l’apparente antieconomicità non trovi alcuna spiegazione da parte del contribuente. Pretende di contro che nel caso di specie avesse allegato giustificazioni idonee alla spesa.
L’assunto è privo di pregio perché, per quanto chiarito e spiegato in precedenza, la tipologia di servizi offerti dalla società di pubblicità alla SL non differiva da quella goduta da altre società, che versavano un corrispettivo ben più contenuto. D’altronde i benefici che la difesa della ricorrente pretende di ricondurre dalla sponsorizzazione non risultano avere riscontri oggettivi, ed ogni altra ricostruzione della vicenda, sul piano della valutazione fattuale, implicherebbe accertamenti e giudizi di merito, inibiti in sede di legittimità.
Considerato che
Il ricorso va rigettato per l’infondatezza dei suoi motivi e alla soccombenza della società segue la condanna alle spese processuali del giudizio di legittimità, nella misura specificata in dispositivo. Sussistono inoltre i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, previsto dall’art. 13 co. 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del co. 1-bis del medesimo articolo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione in favore della Agenzia delle Entrate delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in C 5.600,00, oltre spese prenotate a debito. Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, previsto dall’art. 13 co. 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del co. 1-bis del medesimo articolo.