Corte di Cassazione ordinanza n. 5254 depositata il 26 febbraio 2020
accertamento – contraddittorio – nullità
Rilevato che:
– Con sentenza n. 89/1/18 depositata in data 26.2.2018 la Commissione tributaria regionale del Molise, rigettava l’appello dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 94/2/14 della Commissione tributaria provinciale di Isernia, che aveva accolto i ricorsi proposti contro tre avvisi di accertamento IVA e II.DD. 2006 emessi nei confronti della società I. V. Srl e dei soci G.G. e F.G.. La CTR confermava la decisione di primo grado, ritenendo nel caso di specie violato il contraddittorio endoprocedimentale ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7;
– Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate affidato ad un unico motivo, e i contribuenti si sono difesi con controricorso.
Considerato che:
- Con l’unico motivo di ricorso, l’Agenzia lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, (Statuto del Contribuente), poichè la CTR ha confermato la statuizione di invalidità dell’avviso di accertamento oggetto di lite a causa della sua emissione prima dello scadere del termine dilatorio previsto dalla disposizione legislativa evocata, in presenza di accertamento “a tavolino”, in quanto l’accesso è stato effettuato presso il depositario delle scritture contabili in una sola giornata, e avendo altresì escluso, quanto alla ripresa IVA, particolari ragioni di urgenza; La censura non è inammissibile come eccepito in controricorso, non essendo la questione del termine dilatorio nuova, dal momento che è stata espressamente decisa dalla CTR. Inoltre, non è inammissibile neppure per decisione da parte della CTR per adesione da parte di questa prima facie in senso conforme alla giurisprudenza della Corte, in particolare in punto di assimilazione dell’accesso presso il depositario delle scritture contabili all’accesso presso la società. Nondimeno, il motivo è infondato.
- Va al proposito ribadito che: “In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purchè il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicchè esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito.” (Cass. Sez. Un. 9 dicembre 2015, n. 24823); e che: “In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, la L. n. 212 del 2000 (cd. Statuto del contribuente), art. 12, comma 7, nelle ipotesi di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, opera una valutazione “ex ante” in merito alla necessità del rispetto del contraddittorio endoprocedimentale, sanzionando con la nullità l’atto impositivo emesso “ante tempus”, anche nell’ipotesi di tributi “non armonizzati”, senza che, pertanto, ai fini della relativa declaratoria debba essere effettuata la prova di “resistenza”, invece necessaria, per i soli tributi “armonizzati”, ove la normativa interna non preveda l’obbligo del contraddittorio con il contribuente nella fase amministrativa (ad es., nel caso di accertamenti cd. a tavolino), ipotesi nelle quali il giudice tributario è tenuto ad effettuare una concreta valutazione “ex post” sul rispetto del contraddittorio.” (Cass. Sez. 5 -, Sentenza n. 701 del 15/01/2019, Rv. 652456 – 01);
- Nel caso di specie, è pacifico e accertato in sentenza il fatto che gli avvisi sono stati emessi a seguito di accesso presso il depositario delle scritture contabili, mandatario del contribuente, che la giurisprudenza di questa Corte ha assimilato all’accesso presso la società (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 702 del 2019; Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 14707 del 2018). Anche prima di tali pronunce il principio era chiaramente desumibile dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma 1, il quale non richiede particolari formalità per l’esecuzione di accessi presso il consulente detentore delle scritture contabili, mentre il medesimo articolo, comma 5, sanziona con la non utilizzabilità in favore del contribuente la mancata indicazione del detentore delle scritture contabili e la mancata esibizione delle stesse, con la espressa precisazione che il rifiuto di esibizione si intende anche la dichiarazione di non possedere le scritture. Pertanto, la ratio legis è chiaramente nel senso di consentire l’accesso alle scritture anche al di fuori della sede aziendale presso i locali del consulente senza particolari formalità in quanto questi è un mandatario del contribuente, e pone a carico del contribuente un onere di collaborare con l’Ente verificatore in quest’ultima ipotesi.
- Alla luce di quanto precede, in presenza di accesso doveva in linea di principio essere rispettato il termine dilatorio dell’art. 12, comma 7, Statuto, per tutte le riprese, sia per le II.DD. che per l’IVA, termine pacificamente non rispettato nel caso di specie;
- Nel caso in esame poi si deve aggiungere – quanto alla ripresa per tributo armonizzato – che, per costante interpretazione giurisprudenziale, le ragioni specifiche di urgenza ai fini della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, non possono comunque consistere nell’imminenza della scadenza del termine di accertamento (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 5149 del 16/3/2016 – Rv. 639141 – 01), come correttamente afferma la CTR;
- La sentenza impugnata va dunque confermata, e al rigetto segue il regolamento delle spese di lite, liquidate come da dispositivo.
- La Corte dà atto che, data la soccombenza della parte ammessa alla prenotazione a debito, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013), per effetto del presente provvedimento non sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore contributo unificato di cui alla D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-bis, testo unico spese di giustizia.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite ai controricorrenti in solido, liquidate in Euro 5.600,00 per compensi, oltre Spese generali 15%, Iva e Cpa.
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