CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 7906 depositata il 17 marzo 2023
Tributi – Avvisi di accertamento – IVA – Contratti di sponsorizzazione – Responsabilità ex art. 38 cod. civ. – Associazioni dilettantistiche sportive – Ciascun associato deve rispondere esclusivamente delle obbligazioni sorte in indipendenza dell’attività negoziale a lui riferibile – Obbligazioni “ex lege” – Nelle associazioni non riconosciute la responsabilità personale e solidale di colui che agisce in nome e per conto dell’associazione non è collegata alla mera titolarità della rappresentanza dell’associazione stessa, bensì all’attività negoziale concretamente svolta per suo conto – Rigetto – nel giudizio tributario, qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo del vizio di motivazione nel giudizio sulla congruità della motivazione dell’avviso di accertamento, è necessario che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione di detto avviso
Rilevato che
1. La Direzione Provinciale di Reggio Emilia notificò a (…) – nella qualità di responsabile in solido ex art. 38 cod. civ. per le somme dovute a titolo di imposte e sanzioni – cinque avvisi di accertamento relativi all’IVA emessi contro altrettante associazioni sportive dilettantistiche (asd) attive nel settore della pallamano: (…).
2. Il contribuente impugnò gli avvisi innanzi alla CTP di Reggio Emilia, contestando la sussistenza dei presupposti della sua responsabilità e la fondatezza degli accertamenti.
3. La CTP, con sentenza n. 4 del 4 dicembre 2012, respinta la richiesta di declaratoria di nullità degli avvisi per superamento del termine ispettivo di trenta giorni, accolse in parte il ricorso.
3.1. In particolare:
– ritenne correttamente contestata la responsabilità del contribuente perché era risultato provato, da un lato, che tutte le associazioni, prive dei requisiti per poter beneficiare delle agevolazioni di cui alla I. n. 398 del 1991, erano meramente finalizzate all’emissione di fatture di sponsorizzazione, i cui introiti venivano veicolati sull’unica reale associazione operativa, ossia la (…), dall’altro lato, che il contribuente aveva direttamente svolto transazioni e stipulato contratti;
– ritenne tuttavia l’illegittimità delle sanzioni in quanto irrogate senza l’applicazione del cumulo giuridico ai sensi dell’art. 12 D.Lgs. n. 472 del 1997.
4. Su appello principale del contribuente ed incidentale dell’Ufficio, la CTR dell’Emilia Romagna, con la sentenza emarginata, ha respinto il primo ed accolto il secondo, confermando le sanzioni irrogate con gli avvisi.
4.1. In particolare, la CTR rilevava quanto segue:
– il contribuente aveva operato in nome e per conto delle associazioni, stipulando contratti di sponsorizzazione;
– erano state appositamente costituite associazioni-satellite, al fine di consentire a ciascuna, nel limite di euro 250.000 di fatturato ex lege n. 398 del 1991, di realizzare introiti “da girare all’unica associazione che realmente svolgeva attività sportiva, cioè la associazione (…).
– “al fine di individuare i veri amministratori di ognuna delle associazioni indagate, la GdF ha chiesto ai clienti di ogni associazione di chiarire quali fossero le persone fisiche che avevano operato in nome e per conto della associazione. Da tale indagine è emerso, come risulta dai pvc depositati dall’Agenzia delle entrate nel giudizio di primo grado, che l’appellante aveva procurato clientela ed aveva agito in nome e per conto di cinque associazioni” (segue l’elenco delle associazioni e l’indicazione del numero dei clienti che “avevano riferito di aver trattato con il contribuente come rappresentante dell’asd”);
– “secondo l’insegnamento della Suprema Corte, non è la carica in sé il presupposto della responsabilità solidale, ma il compimento di atti di gestione in favore e per conto della associazione medesima che, ricollegandosi ad una concreta ingerenza nell’attività dell’ente determinante la creazione di rapporti obbligatori, fa ritenere il soggetto agente obbligato in solido con l’associazione per le obbligazioni da questa assunte […]”;
– “stabilito che nel caso di specie è stato provato dall’Agenzia delle entrate il diretto coinvolgimento del contribuente negli atti di gestione del sodalizio sportivo, la sua obbligazione solidale va estesa anche alle irregolarità fiscali contestate e non limitate ai contratti sottoscritti con l’intervento diretto del contribuente.
L’obbligazione tributaria complessiva non può essere frazionata e ripartita tra tutti i singoli atti posti in essere dall’associazione (e la relativa responsabilità tributaria non può quindi essere addossata a coloro che hanno posto in essere proprio quegli atti) perché tale operazione condurrebbe ad una fittizia spartizione del debito tributario che in realtà nasce dalla sommatoria di operazioni attive e passive. La parcellizzazione delle obbligazioni tributarie scaturenti da ogni singola operazione dell’ente è contraria alla natura dell’obbligazione solidale tributaria di coloro che hanno agito in nome e per conto dell’associazione [,] che è di garanzia fideiussoria ‘ex lege’ [,] perché la responsabilità personale solidale ex art. 38 c.c. ha carattere accessorio rispetto alla responsabilità primaria dell’associazione”;
– “le motivazioni sopraindicate valgono sia per l’imposta che per le conseguenti sanzioni. In tal senso deve essere riformata la sentenza impugnata ed accolto l’appello incidentale, non essendo possibile procedere al cumulo giuridico, per il fatto che le sanzioni riguardano la stessa annualità ma cinque soggetti giuridici distinti, per ognun[o] de[i] quali il contribuente è solidalmente responsabile, avendo per ciascun[o] di ess[i] compiuto atti di gestione”;
– “sono altresì infondati i motivi per i quali il contribuente chiede che non siano irrogate le sanzioni:
– per violazione del principio personalistico inapplicabile al caso di specie perché le sanzioni sono correttamente irrogate all’associazione sportiva e non al contribuente, che tuttavia le subisce[,] ma solo per effetto della sua co-obbligazione solidale;
– perché l’atto non conteneva alcuna motivazione a supporto della misura della sanzione superiore al minimo[,] non essendo dovuta in tal senso alcuna motivazione specifica da parte dell’Ufficio”.
5. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione il contribuente con cinque motivi, cui resiste l’Agenzia delle entrate con articolato controricorso.
Considerato che
1. Preliminarmente deve darsi atto dell’inammissibilità del controricorso agenziale, non constando prodotto in atti l’avviso di ricevimento della raccomandata mediante la quale è stata eseguita la notificazione.
2. I primi tre motivi, per evidente comunanza di censure, possono essere enunciati ed esaminati congiuntamente.
2.1. Con il primo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 38 cod. civ.
Nell’atto d’appello il contribuente aveva dedotto che la responsabilità ex art. 38 cod. civ. dovrebbe essere riferita all’aver agito nei confronti del fisco, non potendo gravare se non su chi abbia o avrebbe dovuto presentare le dichiarazioni tributarie e versare le imposte.
La CTR, ancorando la responsabilità del contribuente alla sua attività di procacciatore di contratti di pubblicità, ha fornito un’interpretazione non condivisibile del predetto articolo. Al contribuente era contestato di aver svolto attività di fatto di tipo negoziale per le associazioni-satellite. Queste avevano loro legali rappresentanti. A costoro erano riferibili le dovute dichiarazioni, con le conseguenti obbligazioni.
Inoltre, una volta circoscritta la responsabilità tributaria ex art. 38 cod. civ. a chi abbia intrattenuto rapporti col fisco, l’onere della relativa prova competerebbe alla parte che la fa valere, ossia all’Ufficio.
D’altronde, opinare come fatto dalla CTR significherebbe ampliare oltre ogni modo i limiti di una forma di responsabilità che l’art. 38 cod. civ. vincola all’aver “agito in nome per conto dell’associazione”.
2.2. Con il secondo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., violazione dell’art. 112 cod proc. civ.
La questione di cui al primo motivo era già stata dedotta in primo grado, ma la CTP sulla stessa non si era pronunciata.
Riproposta la questione in appello, la CTR non l’ha espressamente esaminata.
2.3. Con il terzo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione, sotto altro profilo, dell’art. 38 cod. civ.
Sia in primo che in secondo grado, il contribuente aveva eccepito, in subordine, che, quand’anche la tesi difensiva principale non fosse stata accolta, illegittimo sarebbe comunque stato l’addebito a sé di responsabilità per le intere obbligazioni tributarie accertate a carico delle singole asd, anziché solo per quelle riferibili al suo “aver agito”, ovvero esclusivamente per i contratti di sponsorizzazione dal medesimo stipulati, con eccezione, pertanto, di quelli stipulati da altri associati, secondo l’aliquota piena (e non agevolata, nella tesi della parte pubblica non spettante alle varie asd).
La CTR, nel rigettare il motivo, osserva che “l’obbligazione tributaria complessiva non può essere frazionata e ripartita tra tutti i singoli atti posti in essere dall’associazione”, pena “una fittizia spartizione del debito tributario”.
Al contrario, costituisce pacifico principio di diritto quello secondo cui ciò che rileva ai fini della responsabilità ex art. 38 cod. civ. non è tanto la carica rivestita al momento dei fatti, ma l’attività negoziale concretamente svolta: perciò ciascun associato deve rispondere esclusivamente delle obbligazioni sorte in indipendenza dell’attività negoziale a lui riferibile. Nella specie, il frazionamento dell’attività dei due contribuenti, che la CTR ritiene non permesso, è posto invece alla base della stessa responsabilità di cui si tratta.
3. Il secondo motivo è inammissibile, in quanto, come rilevato dagli stessi contribuenti nel primo motivo, rispetto al quale il successivo è formulato in via subordinata, la CTR, in realtà, nel ritenere la loro responsabilità ex art. 38 cod. civ. sia quanto alle imposte che quanto alle sanzioni, ha implicitamente disatteso la tesi difensiva – riproposta tal quale nel primo motivo – secondo cui tale forma di responsabilità si configurerebbe solo a carico dei soggetti che assumono o che dovrebbero assumere obbligazioni dirette nei confronti del fisco in ragione della presentazione delle dichiarazioni e del versamento delle relative imposte.
4. Con riferimento agli altri motivi (primo e terzo), viene in linea di conto la puntuale ricostruzione della giurisprudenza di legittimità, che il Collegio condivide, recentissimamente effettuata da quattro ordinanze di questa Sezione – Sez. 5, nn. 6625, 6626, 6627 e 6628 del 27/01/2022 – rese in relazione alla posizione di persone fisiche attinte, a vario titolo, da addebiti di responsabilità ai sensi dell’art. 38 cod. civ., siccome coinvolte nell’operato del complesso di associazioni dilettantistiche sportive da cui scaturisce anche il presente giudizio.
4.1. Leggasi, dunque, in tutte le citate ordinanze, quanto segue (cfr., ad es., quanto alla prima, il par. 10 con relativi sottoparr., pp. 10 ss.):
“Questa Corte ha precisato che la responsabilità personale e solidale, prevista dall’art. 38 cod. civ., di colui che agisce in nome e per conto dell’associazione non riconosciuta non è collegata alla mera titolarità della rappresentanza dell’associazione stessa, bensì all’attività negoziale concretamente svolta per suo conto e risoltasi nella creazione di rapporti obbligatori fra l’ente ed i terzi. Si è, altresì, chiarito che tale responsabilità non concerne, neppure in parte, un debito proprio dell’associato, ma ha carattere accessorio, anche se non sussidiario, rispetto alla responsabilità primaria dell’associazione, con la conseguenza che l’obbligazione, avente natura solidale, di colui che ha agito per essa è inquadrabile fra quelle di garanzia ‘ex lege, assimilabili alla fideiussione (cfr., ‘ex plurimis’, Cass., sez. 3, 24/10/2008, n. 25748, Cass., sez. 3, 29/12/2011, n. 29733). Si è spiegato che la ‘ratio’ della previsione di una responsabilità personale e solidale, in aggiunta a quella del fondo comune, delle persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione, è volta a contemperare l’assenza di un sistema di pubblicità legale riguardante il patrimonio dell’ente, con le esigenze di tutela dei creditori (che abbiano fatto affidamento sulla solvibilità e sul patrimonio di dette persone), e trascende, pertanto, la posizione astrattamente assunta dal soggetto nell’ambito della compagine sociale, ricollegandosi piuttosto ad una concreta ingerenza dell’agente nell’attività dell’ente (Cass., sez. 5, 12/03/2007, n. 5746; Cass., sez. 5, 10/09/2009, n. 19486). Ne deriva, dunque, che chi invoca in giudizio tale responsabilità ha l’onere di provare la concreta attività svolta in nome e nell’interesse dell’associazione, non essendo sufficiente la prova in ordine alla carica rivestita all’interno dell’ente (Cass., sez. 3, 14/12/2007, n. 26290, Cass., sez. 3, 24/10/2008, n. 25748; Cass., sez. 3, 25/08/2014, n. 18188; Cass., sez. 6-L, 4/04/2017, n. 8752).
Il principio suesposto è stato, poi, ritenuto da questa Suprema Corte applicabile anche ai debiti di natura tributaria (v. Cass., sez. 5, 17/06/2008, n. 16344; Cass., sez. 5, 10/09/2009, n. 19486), pur senza trascurare, tuttavia, una caratteristica fondamentale che connota siffatte obbligazioni. Si è rilevato, in proposito, che il principio in questione non esclude che per i debiti d’imposta, i quali non sorgono su base negoziale, ma ‘ex lege’ al verificarsi del relativo presupposto, sia chiamato a rispondere solidalmente, tanto per le sanzioni pecuniarie quanto per il tributo non corrisposto, il soggetto che, in forza del ruolo rivestito, abbia diretto la complessiva gestione associativa nel periodo considerato, fermo restando che il richiamo all’effettività dell’ingerenza, implicito nel riferimento all’aver «agito in nome e per conto dell’associazione», contenuto nell’art. 38 cod. civ., vale a circoscrivere la responsabilità personale del soggetto investito di cariche sociali alle sole obbligazioni che siano concretamente insorte nel periodo di relativa investitura (Cass., sez. 5, 12/03/2007, n. 5746; Cass., sez. 6-5, 19/06/2015, n. 12473; Cass., sez. 5, 15/10/2018, n. 25650; Cass., sez. 6-5, 29/01/2018, n. 2169; Cass., sez. 6-5, 24/02/2020, n. 4747). Si è anzi affermato che, in ragione del principio di autonomia del diritto tributario rispetto a quello civile e della fonte legale dell’obbligazione tributaria, nell’ipotesi di avvicendamento nella carica sociale di un’associazione non riconosciuta, anche per evitare strumentalizzazioni elusive, il rappresentante legale subentrante non può andare esente, ai fini fiscali, da responsabilità solidale con l’associazione soltanto per la mancata ingerenza nella pregressa gestione dell’ente, in quanto è obbligato a redigere ed a presentare la dichiarazione dei redditi e ad operare, ove necessario, le rettifiche della stessa: ne deriva che, per l’accertamento della responsabilità personale e solidale del legale rappresentante dell’associazione non riconosciuta con quest’ultima, occorre tenere conto non solo della partecipazione di tale soggetto all’attività dell’ente, ma anche del corretto adempimento degli obblighi tributari incombenti sul medesimo (Cass., sez. 6-5, 23/02/2018, n. 4478; Cass., sez. 6-5, 28/09/2018, n. 22861). E che è consequenziale a tale principio di diritto che gli adempimenti relativi alla presentazione della dichiarazione possano afferire ad annualità d’imposta che almeno in parte non siano comprese nel periodo in cui il rappresentante abbia partecipato alla gestione dell’ente, perché non ancora a ciò preposto, o addirittura all’intera annualità, come in ipotesi di formazione e presentazione di dichiarazione integrativa (Cass., sez. 5, 9/02/2021, n. 3093).
Da quanto appena detto, come sottolineato da questa (Cass., sez. 5, 9/02/2021, n. 3093), discende un’ulteriore conseguente considerazione, incidente sulla prova e sul riparto del suo onere. Se infatti con riguardo alle obbligazioni in generale si è affermato il principio secondo cui chi invoca in giudizio tale responsabilità è gravato dall’onere di provare la concreta attività di chi agisce in nome e nell’interesse dell’associazione, deve invece affermarsi che nelle obbligazioni ‘ex lege’ – in cui l’attenzione si sposta dalla concreta attività espletata dall’associato ai fini dell’insorgenza della specifica obbligazione alla verifica della partecipazione e gestione dell’ente da parte del soggetto – tale onere probatorio va diversamente ripartito. Infatti, grava su colui che invoca in giudizio la responsabilità dell’agente l’onere della prova degli elementi da cui desumere la sua qualità di rappresentante e/o di gestore di tutta o di parte dell’attività dell’associazione; grava invece sul chiamato a rispondere delle obbligazioni ‘ex lege’ dare prova della sua estraneità alla gestione dell’ente“.
4.2. Le richiamate ordinanze si allineano alla costante giurisprudenza di legittimità (cfr., ad es., Sez. 5, n. 25650 del 15/10/2018, Rv. 650749-02), volta a proclamare il seguente principio di diritto:
“In tema di associazioni non riconosciute, la responsabilità personale e solidale, prevista dall’art. 38 c. c., di colui che agisce in nome e per conto dell’associazione non è collegata alla mera titolarità della rappresentanza dell’associazione stessa, bensì all’attività negoziale concretamente svolta per suo conto che abbia dato luogo alla creazione di rapporti obbligatori fra l’ente ed i terzi: peraltro, l’operatività di tale principio in materia tributaria non esclude che per i debiti d’imposta, che sorgono non su base negoziale ma derivano “ex lege” dal verificarsi del relativo presupposto, sia chiamato a rispondere solidalmente, tanto per le sanzioni pecuniarie quanto per il tributo non corrisposto, il soggetto che, in forza del ruolo rivestito, abbia diretto la gestione complessiva dell’associazione nel periodo di relativa investitura“.
4.3. Alla stregua di quanto precede, manifestamente infondato è il primo motivo.
Non v’è ombra di dubbio, infatti, che, quanto alle obbligazioni “ex lege”, quali quelle tributarie, la responsabilità ex art. 38 cod. civ., proprio in quanto riferita a coloro che abbiano concretamente posto in essere attività in favore dell’ente, non sia limitata esclusivamente a soggetti di per sé investiti da un rapporto obbligatorio con il fisco, siccome tenuti ad adempiere ai doveri di presentazione delle dichiarazioni e di versamento delle imposte.
Opinare in tal modo significherebbe completamente obnubilare l’accento posto dalla giurisprudenza di legittimità sull’effettivo agire del responsabile, che, in ragione di quel che ‘fa’, e non tanto o non soltanto, con le precisazioni che subito si compiranno, di quello che ‘è’ all’interno dell’ente, impegna quest’ultimo all’esterno.
D’altronde, se così non fosse, il risultato sarebbe quello di far coincidere la cerchia dei responsabili ex art. 38 cod. civ. esclusivamente con quanti rivestano cariche formali in seno all’ente, tradendo lo scopo stesso della responsabilità ex art. 38 cod. civ., che, come visto, è quello di apprestare una forma di responsabilità aggiuntiva, assimilabile al paradigma fideiussorio, in funzione della tutela, in buona sostanza, dei terzi, propensi a riporre affidamento su chi comunque agisce per l’ente.
4.4. Infondato è il terzo motivo.
La decisione si pone perfettamente in linea con gli arresti sopra richiamati, che osserva alla lettera, e si sottrae, di conseguenza, al vizio in tale motivo denunciato.
La CTR, all’esito della valutazione degli elementi di prova offerti in giudizio, ha evidenziato sia lo stretto collegamento funzionale tra le associazioni-satellite e l’associazione-madre, in guisa da render conto dell’asservimento illecito delle seconde alla prima, sia, e soprattutto, per quanto in questa sede rileva, il diretto compimento, da parte del contribuente, di attività negoziale in favore delle cinque associazioni-satellite “indagate” e, dunque, per il tramite di queste, in favore altresì dell’associazione-madre.
Essa, infatti, a prescindere dal non avere il contribuente rivestito cariche formali nelle associazioni-satellite, ha specificato che detta attività, consistente nel procacciamento e nella stipula di contratti per dette associazioni-satellite, gli è imputabile per aver egli siffattamente agito quale uno dei “veri amministratori” di ciascuna di esse, correttamente individuando, pertanto, nel ruolo in via di fatto da lui esercitato, quale espressione di “concreta ingerenza nell’attività dell’ente determinante la creazione di rapporti obbligatori”, ragione e fondamento della sua responsabilità ai sensi dell’art. 38 cod. civ.
4.5. Alla luce di un simile quadro ricostruttivo, ineccepibile si dimostra l’affermazione della sentenza impugnata, su cui si incentrano viceversa le critiche del terzo motivo, a termini della quale l’obbligazione tributaria complessiva è infrazionabile, perché la sua parcellizzazione sarebbe contraria a natura e regole della responsabilità solidale di cui si discute. Invero, ai fini dell’art. 38 cod. civ., a venire in linea di conto non sono “sic et simpliciter” i contratti in cui il contribuente è risultato coinvolto in prima persona, ai quali soltanto il medesimo pretenderebbe di veder limitata la sua responsabilità, ma detti contratti in tanto in quanto espressione a loro volta della superiore ingerenza gestoria, con conseguente assunzione, da parte sua, di un ruolo amministrativo in nome e per conto di ciascuna società: in altri termini, non sono i contratti, ma è il ruolo a costituire, sia oggettivamente che soggettivamente, criterio d’imputazione della responsabilità ex art. 38 cod. civ., la quale, di conseguenza, a differenza di quanto sostenuto in ricorso, proprio a cagione dell’esercizio in via di fatto di funzioni amministrative da parte del contribuente, con spendita all’esterno dell’impegno negoziale delle associazioni, costituisce una forma di responsabilità personale e non per fatto altrui.
5. Con il quarto motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 56, comma 2, d.P.R. n. 633 del 1972 e, sotto ulteriore profilo, 38 cod. civ.
In via subordinata rispetto ai primi due motivi, osservasi che la CTR avrebbe dovuto – accogliendo il principio della responsabilità ex art. 38 cod. civ. limitata ai soli contratti di sponsorizzazione promossi dal ricorrente, come da terzo motivo – annullare gli avvisi che non indicavano l’entità dell’Iva in ipotesi da lui dovuta. La CTR ha calcolato che i contratti di sponsorizzazione riferibili al contribuente erano 45 su 86, “ma ciò non esaurirebbe comunque le prescrizioni dell’art. 56, 2° comma, d.P.R. n. 633/72[,] che impongono all’Ufficio di motivare gli accertamenti Iva indicando specificamente, a pena di nullità, ‘gli errori, le omissioni e le false o inesatte indicazioni su cui è fondata la rettifica’. Simile eccezione era stata ritualmente sollevata al par. 3.2, pag. 5, del ricorso di primo grado ed al par. 2.3, pag. 6, dell’atto di appello”.
6. Il motivo è inammissibile.
Esso,
– per un verso, cade di per sé in difetto di autosufficienza, per non trascrivere né l’avviso di accertamento né gli stralci rilevanti degli atti introduttivi del primo e del secondo grado di giudizio, in modo da render piena contezza della censura;
– per altro verso, subisce il vizio prospettico che di per sé affligge, come visto, il terzo motivo, muovendo dall’erroneo presupposto che il fondamento della responsabilità ex art. 38 cod. civ. sia costituito unicamente dai contratti procurati e stipulati dal contribuente, anziché dall’aver questi assunto, in via di fatto, in ragione dell’attività negoziale spiegata per addivenire alla stipula dei contratti stessi, una posizione amministrativa comportante l’aver agito in nome e per conto dell’ente, con conseguente assunzione di responsabilità per l’intero fascio dei rapporti a detta posizione conseguente.
7. Con il quinto motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 2, comma 2, 7, 111 e 12 D.Lgs. n. 472 del 1997, nonché dell’art. 7 d.l. n. 269 del 2003.
Il contribuente aveva dedotto la radicale nullità degli avvisi in punto di irrogazione delle sanzioni. La CTR ha risposto che:
– il principio personalistico ex art. 2, comma 2, D.Lgs. n. 472 del 1997 è inapplicabile, perché le sanzioni sono state irrogate alle associazioni e non al contribuente;
– non era dovuta “alcuna motivazione specifica da parte dell’Ufficio” “a supporto della misura della sanzione superiore al minimo”;
– non può procedersi al cumulo giuridico perché le sanzioni riguardano comunque soggetti distinti.
Tutte tali statuizioni sono erronee e censurabili per le seguenti ragioni:
– nessuna norma esclude nel caso di specie il principio personalistico;
– la motivazione degli avvisi avrebbe dovuto essere formulata determinando la sanzione con riferimento a personalità, recidiva e quant’altro “riferito al trasgressore, non certo ad un responsabile solidale”, giacché si tratta, “in ipotesi, di responsabilità solidale dipendente, confusa dalla CTR con la solidarietà paritaria”;
– gli stessi argomenti valgono per il cumulo giuridico, nel senso che, “una volta ritenuta l’applicabilità del principio personalistico, anche questo istituto deve essere applicato con riferimento non alle violazioni imputabili alle varie associazioni ma – in ipotesi – al ricorrente in qualità di autore delle violazioni stesse”.
7.1. Il motivo è inammissibile e comunque manifestamente infondato.
Costituisce consolidato principio di diritto quello a termini del quale, “in base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 c.p.c., nel giudizio tributario, qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo del vizio di motivazione nel giudizio sulla congruità della motivazione dell’avviso di accertamento, è necessario che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione di detto avviso, che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi, al fine di consentire la verifica della censura esclusivamente mediante l’esame del ricorso” (così da ultimo Sez. 5, n. 16147 del 28/06/2017, Rv. 644703-01).
Nella specie, gli avvisi di accertamento oggetto di giudizio non sono stati trascritti nella parte di motivazione afferente le sanzioni, ragion per cui questa Suprema Corte non è neppure messa in grado di delibare le censure proposte con il motivo in disamina.
7.2. D’altronde, pur a prescindere da ciò, poiché si verte in ipotesi di responsabilità solidale del contribuente, scaturente dalla previsione di cui all’art. 38 cod. civ., non solo per le imposte, ma anche – giusta la giurisprudenza richiamata a proposito del primo e del terzo motivo – per le sanzioni, sono legittimi gli avvisi la cui motivazione si incentri sul soggetto (l’ente) direttamente inciso dalle sanzioni medesime, ad esso dovendosi commisurare il principio personalistico di cui ragiona il motivo.
7.3. Sotto altro profilo, correttamente ha la CTR escluso l’applicabilità del cumulo giuridico, atteso che, destinatarie delle sanzioni essendo le singole associazioni per le quali il contribuente ha prestato la sua opera, e non il contribuente in quanto tale, che delle sanzioni risponde in via soltanto solidale, non sussiste l’unitarietà soggettiva costituente il presupposto dell’invocato trattamento di favore. Se ne ha la riprova in ciò che la concentrazione di responsabilità ex art. 38 cod. civ. in capo al contribuente si realizza solo in via meramente conseguenziali, per il fatto, cioè, delle plurime sue distinte ingerenze in ciascuna delle associazioni.
8. In definitiva, il ricorso deve essere integralmente rigettato.
Nulla è a statuirsi quanto alle spese, stante l’inammissibilità del controricorso.
Deve nondimeno dichiararsi il contribuente tenuto al pagamento del doppio contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Dichiara (…) tenuto al pagamento del doppio contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.