Corte di Cassazione ordinanza n. 9987 depositata il 27 maggio 2020
accertamento – contraddittorio endoprocedimentale – termine dilatorio
RILEVATO
che l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della CTR della Lombardia, di accoglimento dell’appello proposto dal contribuente G.R. avverso la decisione della CTP di Varese, che aveva viceversa respinto il suo ricorso avverso un avviso di accertamento per IRPEF 2003; la CTR ha invero ritenuto che l’ufficio avesse violato il comb. disp. artt. 24 della legge n. 4 del 1929 e 12 comma 7 della legge n. 212 del 2000, per avere omesso di attivare il contraddittorio endoprocedimentale;
CONSIDERATO
che il ricorso è affidato ad un unico motivo, con il quale la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 12 comma 7 della legge n. 212 del 2000, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 cod. proc. civ., in quanto erroneamente la CTR aveva ritenuto l’avviso di accertamento nullo perché notificato prima dello scadere del termine dilatorio di 60 giorni, di cui all’art. 12 comma 7 della legge n. 212 del 2000, atteso che non poteva ritenersi avere l’Agenzia delle entrate effettuato alcun accesso vero e proprio, né alcuna verifica od ispezione all’interno dei locali commerciali, in quanto il c.d. “accesso” era stato una semplice richiesta di documentazione consegnata per iscritto presso la sede della snc, di cui il contribuente era socio; pertanto la verifica si era svolta a tavolino e senza alcun accesso nei locali della controparte, atteso che i funzionari si erano recati in loco unicamente per notificare la formale richiesta di esibizione documentale, senza muovere alcuna contestazione al contribuente; e, secondo la giurisprudenza di legittimità, non i sussisteva nell’ordinamento italiano un diritto immanente al contraddittorio per tutte le tipologie di accertamento, comportante, in caso di violazione, l’invalidità dell’atto e che occorreva, inoltre, distinguere fra tributi armonizzati, quale l’IVA ed i tributi non armonizzati, quali l’IRPEF, l’IRES e l’IRAP; e, con riferimento ai primi, la giurisprudenza di legittimità aveva ritenuto necessario che il contribuente dimostrasse in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato; e, nella specie, la stessa sentenza impugnata aveva escluso la sussistenza di concrete ragioni che il contribuente avrebbe potuto prospettare nel contraddittorio endoprocedimentale;
che l’intimato si è costituito con controricorso ed ha altresì presentato memoria;
che il ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate è fondato;
che, invero, secondo la giurisprudenza di legittimità, non è obbligatorio il contraddittorio endoprocedimentale, con riferimento agli accertamenti in materia di IRPEF, sussistendo detto obbligo solo per agli accertamenti in materia di tributi armonizzati, quali l’IVA, con onere a carico del contribuente, di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato (cfr., in termini; Cass. SS.UU. n. 24823 del 2015; Cass. n. 20799 del 2017; Cass. n. 20267 del 2017; Cass. n. 15837 del 2017);
che, nella specie, l’avviso di accertamento impugnato dal contribuente ha avuto ad oggetto esclusivamente l’IRPEF 2003;
che non è contestato in fatto essersi l’accertamento anzidetto svolto in due fasi, di cui la prima consistita in un accesso del 13 novembre 2008, con il quale il personale dell’amministrazione finanziaria ha chiesto di acquisire alcuni documenti; la seconda consistita nell’esame della documentazione acquisita, fatta dall’amministrazione finanziaria presso i propri uffici, in esito al quale quest’ultima ha notificato al contribuente l’avviso di accertamento impugnato;
che, pertanto, è da ritenere che, in detta seconda fase, l’unica ad essere stata presa in considerazione dalla sentenza impugnata, abbia avuto luogo un accertamento induttivo, da qualificare come “accertamento a tavolino”, che non ha comportato l’accesso del personale accertatore presso la sede della società, di cui il contribuente era socio, inteso come autoritativa e prolungata intromissione dell’amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente alla ricerca di elementi valutativi a lui sfavorevoli; invero l’accesso del 13 novembre 2008, finalizzato all’acquisizione di documenti, ha avuto luogo in una fase antecedente e separata rispetto alla successiva valutazione dei documenti acquisiti, fatta dall’Agenzia delle entrate presso i propri uffici (cfr. Cass. n. 19128 del 2018);
che non sussisteva quindi, nella specie, alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale;
che da quanto sopra, consegue l’accoglimento del ricorso dell’Agenzia delle entrate e la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla CTR della Lombardia in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del presente giudizio di legittimità;
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame alla CTR della Lombardia in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
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