CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 01 dicembre 2021, n. 37834

Tributi – Accertamento – Reddito d’impresa – Disciplina del transfer pricing – Corrispettivi di vendita a controllate estere – Metodi di determinazione dei prezzi di trasferimento di beni e servizi infragruppo – Valutazione. – Perdite su crediti – Debitore non soggetto a procedure concorsuali – Deducibilità – Criteri

Fatti di causa

1. GMV M. Spa (“GMV”), operante nel settore dell’ascensoristica, impugnò l’avviso di accertamento, ai fini IRES e IRAP, per il 2008, che recuperava a tassazione maggiori ricavi determinati in applicazione della disciplina del transfer pricing in relazione ai corrispettivi della vendita di componenti (pezzi di ricambio) a controllate estere (rilievo n. 1), disconosceva le perdite su crediti derivanti dalla transazione conclusa dalla contribuente con la debitrice LINE Srl (“LINE”) (rilievo n. 2), e infine disconosceva costi non di competenza del 2008 (rilievo n. 3).

2. La Commissione tributaria provinciale di Milano accolse il ricorso con sentenza (n. 97/24/2013) che, sull’appello dell’ufficio, la Commissione tributaria regionale (“C.T.R.”) della Lombardia ha riformato limitatamente al secondo e al terzo rilievo. In particolare, per il giudice d’appello, quanto al primo rilievo, l’accertamento dell’ufficio era inattendibile perché le vendite di pezzi di ricambio alle consociate estere coprivano l’86,7% del fatturato della contribuente e, pertanto, non si poteva assumere come base di comparazione dello scostamento dei corrispettivi il restante 13,3% del detto fatturato per indurne che, testualmente, (pag. 4 della sentenza) “il minor costo”, se non sorretto da valide giustificazioni, dovesse configurarsi come ipotesi di abuso di diritto in quanto diretto a incrementare i margini di guadagno delle consociate e a depauperare il patrimonio della capogruppo, con connessi ingiustificati risparmi d’imposta tramite l’assoggettamento a tassazione dei redditi così realizzati in paesi esteri (nessuno dei quali a fiscalità privilegiata). Quanto al secondo rilievo, in assenza di una controversia tra GMV e LINE, la rinuncia ai crediti maturati al 18/07/2008, per euro 7.064.697,94, era, testualmente (pag. 5 della sentenza), un «puro atto di liberalità se non fosse stato “addolcito” dall’obbligo di versamento di complessivi euro 2.000.000,00 nell’arco dei nove anni successivi.». Infine, in merito al terzo rilievo, si trattava di esigui costi non di competenza del 2008 e (ibidem) «prevalentemente di spese di viaggio e trasferta eseguiti nell’anno 2007 e di prestazioni professionali fatturate nell’anno 2009».

3. L’Agenzia delle Entrate ricorre con due motivi avverso il capo della sentenza d’appello a sé sfavorevole; la contribuente resiste con controricorso, nel quale articola ricorso incidentale sulla base di tre motivi contro i capi della decisione rispetto ai quali è soccombente;

l’ufficio replica con controricorso. In prossimità dell’udienza la società ha depositato una memoria.

Ragioni della decisione

1. Il primo motivo di ricorso principale [«1) Nullità della sentenza per violazione degli artt. 61 e 36, comma 1, numero 4, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e artt. 132 n. 4 c.p.c.e 118 disp. att. cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, numero 4), c.p.c.»], muove dalla premessa, desumibile dalla narrativa della doglianza, che la C.T.R. ha confermato l’annullamento della ripresa a tassazione (rilievo n. 1), su base presuntiva, dei ricavi in applicazione della disciplina del transfer pricing ai corrispettivi della vendita di componenti di impianti di sollevamento oleodinamici (core business della GMV M. Spa), sul presupposto che le vendite di pezzi di ricambio alle consociate ammontavano al 86,7%, sicché l’accertamento dell’ufficio era inattendibile perché assumeva quale termine di paragone il restante 13,3% del fatturato. L’Agenzia, quindi, lamenta che la sentenza impugnata è nulla per motivazione apparente poiché non spiega il percorso logico giuridico che ha condotto il giudice regionale al rigetto dell’appello e non esamina i motivi di gravame, secondo cui il metodo del prezzo di rivendita (Resale Price Method), utilizzato dalla società per la determinazione del valore normale di trasferimento, era inattendibile a fronte del più idoneo metodo del prezzo incontrollato comparabile (Comparable Uncontrolled Price [CUP] Method), scelto dai verificatori.

2. Con il secondo motivo [«2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 9, c. 3, e dell’art. 110, c. 7, del dpr 917/1986 (tuir), in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.»], in subordine, l’Agenzia censura la sentenza impugnata, che (lo si accennava sopra) desume l’inattendibilità dell’accertamento dalla limitata percentuale delle vendite a soggetti terzi rispetto a quelle intercompany, laddove invece l’operazione d’individuazione del valore normale dei prezzi di vendita tra società del medesimo gruppo prescinde del tutto dall’esistenza o dalla percentuale di transazioni commerciali simili tra impresa verificata e imprese terze.

3. Con il primo motivo di ricorso incidentale [«Inesistenza della motivazione o motivazione apparente avuto riguardo all’art. 132, n. 4, cod. proc. civile (applicabile ex art. 62, 2° co., d.lgs. n. 546/1992) in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civile»], in relazione al rilievo n. 2, la società censura la sentenza impugnata che ha disconosciuto la rilevanza fiscale della perdita su crediti, aderendo come ad un assioma alla tesi erariale che la transazione tra la creditrice (GMV) e la debitrice (LINE) non avrebbe integrato una perdita su crediti, ma un atto di liberalità, e pervenendo così a una conclusione che è in contrasto con la normativa tributaria e non mette a fuoco il rapporto tra la stessa GMV e il partner operativo LINE, che, negli anni, aveva svolto un ruolo strategico nella promozione degli ascensori GMV, società verso la quale LINE aveva accumulato un ingente debito (che avrebbe potuto causarne il fallimento), oggetto della detta transazione che, in sintesi, prevedeva il pagamento da parte di LINE a GMV di euro 2.000.000,00 (con rate annuali di euro 150.000,00, dal 2010 al 2017), a fronte di un debito di oltre sette milioni.

4. Con il secondo motivo [«Violazione e falsa applicazione degli articoli 109, quinto comma e 101, quinto comma, del t.u.i.r., in relazione all’art. 2697, cod. civile (art. 360, n. 3, codice di procedura civile)»], la contribuente censura la sentenza impugnata che ha negato che la transazione fosse idonea a giustificate la perdita su crediti, sulla base della pretesa inesistenza di una controversia tra le parti, senza considerare che una transazione, se non è simulata (e sul punto l’onere della prova è a carico del fisco), soddisfa per propria natura i requisiti di certezza e precisione della perdita su crediti, e senza indicare alcuna ragione per cui la transazione scritta, documentata in atti, dovesse essere qualificata come liberalità estranea all’attività dell’impresa.

5. Con il terzo motivo [«Violazione e falsa applicazione dell’articolo 109, primo comma, del t.u.i.r. (art. 360, n. 3, codice di procedura civile)»], la contribuente censura la sentenza impugnata che ha “sbrigativamente” confermato la ripresa a tassazione di onere diversi (spese di viaggio e trasferte e prestazioni professionali), perché non di competenza dell’esercizio 2008, trascurando che persino l’Agenzia, nel contraddittorio di adesione del 25/09/2012, aveva confermato che in realtà quei costi erano di competenza del 2008.

6. Il primo motivo del ricorso principale è fondato, e ciò comporta l’assorbimento del secondo motivo.

6.1. Per le Sezioni Unite di questa Corte la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo, allorquando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguìto dal giudice per la formazione del proprio convincimento, cioè tali da lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U. 19/06/2018, n. 16159 [p. 7.2.], che menziona Cass. Sez. U. 03/11/2016, n. 22232; conf.: Cass. Sez. U. nn. 22229, 22230, 22231, del 2016. I medesimi concetti giuridici sono espressi da Cass. Sez. U. 24/03/2017, n. 766; Cass. Sez. U. 09/06/2017, n. 14430 [p. 2.4.]; Cass. Sez. U. 18/04/2018, n. 9557 [p. 3.5.]). Ancor più di recente, Cass. Sez. U. 27/12/2019, n. 34476 (che cita, in motivazione, Cass. Sez. U. 07/04/2014, n. 8053; Cass. Sez. U. 18/04/2018, n. 9558; Cass. Sez. U. 31/12/2018, n. 33679) ha avuto modo di ribadire che «nel giudizio di legittimità è denunciabile solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, in quanto attiene all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali: tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione.».

6.2. Nella specie, come prospetta l’Agenzia, con riferimento al rilievo n. 1, la motivazione della sentenza d’appello è meramente apparente perché non affronta le questioni, di fatto e di diritto, fondamentali in materia di tranfer pricing, puntualmente enunciate dalle parti al fine di corroborare le rispettive tesi. Infatti, la pronuncia devia del tutto dal tema del decidere che, schematicamente, consiste nel discernere, in base agli elementi di fatto e di diritto offerti dai contendenti e alla complessa normativa di settore, se l’adozione, da parte della contribuente, del Resale Price Method per la determinazione dei prezzi delle vendite intercompany fosse conforme alla disciplina del transfer pricing o se, invece, dovesse accordarsi preferenza al metodo CUP posto dall’ufficio a fondamento della rettifica del reddito della società.

6.3. Per giurisprudenza sezionale pacifica la disciplina del transfer pricing — il cui fulcro non risiede nel concetto di “elusione”, ma è insito nella finalità di prevenire il rischio di un’indebita ripartizione dell’imponibile tra multinazionali associate (Cass. 16/01/2019, n. 898; 25/06/2019, n. 16948; 18/06/2020, n. 11837) — prende forma all’interno di una cornice normativa e giurisprudenziale assai variegata in cui un ruolo centrale compete alle linee guida OCSE, quale strumento di soft law. La dottrina tributaria osserva che l’OCSE, negli ultimi decenni, ha dettato periodicamente linee guida per assicurare la massima obiettività possibile nell’individuazione dei valori connessi ai prezzi di trasferimento di beni e servizi, nell’àmbito di operazioni infragruppo, e per garantire, quindi, una tassazione “giusta”, nel senso di maggiormente rispondente al valore reale dell’operazione, anche in ragione della tutela di princìpi fondamentali nel funzionamento del mercato, a cominciare da quello della libera concorrenza. Le linee guida OCSE, insomma, nel prendere in considerazione i diversi metodi di determinazione dei prezzi di trasferimento, e specificamente i sei metodi più diffusi (su tutti questi aspetti, cfr. Cass. n. 11837/2020, in motivazione), nella prospettiva d’individuare, di volta in volta, il metodo più appropriato in relazione al caso particolare, rappresentano un vero e proprio parametro regolatorio che, alla stregua di altri analoghi strumenti internazionali, se non considerato o male applicato dal giudice tributario può determinare, nella fattispecie concreta, il vizio di omessa pronuncia secondo il paradigma del n. 4, dell’articolo 360.

6.4. Questi cruciali snodi giuridici della controversia sono stati completamente pretermessi dalla decisione della Commissione regionale che, senza avvicinarsi al perimetro della lite, ha confermato l’annullamento del rilievo in base a una considerazione eccentrica, non significativo, quale la composizione del fatturato dell’impresa verificata, per trarne la conclusione, puramente assertiva e per nulla argomentata (carenza, questa, che integra il vizio di motivazione apparente), dell’inattendibilità del metodo di determinazione dei corrispettivi utilizzato dal fisco a causa della ridotta quota del fatturato dei pezzi di ricambio realizzato con imprese terze operanti sul libero mercato.

7. Il primo motivo del ricorso incidentale è infondato.

7.1. Premessa la suaccennata nozione di sentenza nulla per motivazione inesistente o apparente enunciata da questa Corte, anche a Sezioni Unite (cfr. p. 6.2.), in questa controversia tributaria, con riferimento alla ripresa n. 2, al contrario di quanto afferma la contribuente, la motivazione della sentenza di appello esiste e poggia sulla valutazione che la perdita su crediti era priva di rilevanza fiscale in quanto l’apparente transazione tra la creditrice GMV e la debitrice LINE, in difetto di una res litigiosa, non era altro che una rinuncia (parziale) ai crediti maturati al 18/07/2008, quale atto di liberalità.

8. Il secondo motivo del ricorso incidentale è fondato.

8.1. Per questa Corte «In tema di imposta sui redditi di impresa, ai sensi dell’art. 66, comma 3 (ora art. 101, comma 5), del d.P.R. n. 917 del 1986, ai fini della deducibilità delle perdite su crediti non correlate all’assoggettamento del debitore a procedure concorsuali, il contribuente deve dimostrare gli elementi “certi e precisi” che danno luogo a dette perdite, che devono ritenersi esistenti quando il debitore non paghi volontariamente e i crediti non possano essere soddisfatti coattivamente.» (Cass. 03/10/2018, n. 24012).

8.2. La C.T.R. non ha fatto corretta applicazione di questo principio di diritto laddove, anziché verificare se la perdita su crediti della contribuente verso il proprio partner strategico LINE fosse tendenzialmente definitiva in forza di elementi certi e precisi, ha disconosciuto la deducibilità della perdita medesima in ragione di un parametro nella specie inconferente, l’inerenza, che, com’è noto, per l’ormai consolidata esegesi sezionale (ex multis Cass. 02/02/2021, n. 2224) designa la correlazione, qualitativa (sul piano della compatibilità e della coerenza), tra un costo e l’attività imprenditoriale.

9. Il terzo motivo è infondato.

9.1. La C.T.R., senza violare il principio di competenza (art. 109, t.u.i.r.), risolvendo un aspetto controverso della causa, con un accertamento di fatto insindacabile in questa sede di legittimità, ha stabilito che i costi in questione (spese di viaggio e trasferte eseguite nel 2007; prestazioni professionali fatturate nel 2009) non erano di competenza del 2008.

10. In conclusione, accolto il primo motivo del ricorso principale, assorbito il secondo motivo, accolto il secondo motivo del ricorso incidentale, rigettati il primo e il terzo motivo del medesimo ricorso, la sentenza impugnata è cassata, in relazione ai motivi accolti, con rinvia al giudice a quo, anche per la disciplina delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo del ricorso principale, dichiara assorbito il secondo motivo, accoglie il secondo motivo del ricorso incidentale, rigetta il primo e il terzo motivo del medesimo ricorso, cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.