CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 01 febbraio 2019, n. 3150
Sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato – Presupposti – Stipulazione fittizia nella forma della collaborazione coordinata e continuativa
Fatti di causa
Con decreto dell’8 agosto 2014, il Tribunale di Roma rigettava l’opposizione proposta da C.N. avverso l’esclusione dallo stato passivo dell’amministrazione straordinaria di Tributi Italia s.p.a. del credito (complessivamente insinuato in via privilegiata ai sensi dell’art. 2751bis n. 1 c.c. in misura di € 93.549,48) eccedente quello di € 4.730,53 (di cui € 1.151,41 per T.f.r.), ammesso con il privilegio richiesto, al netto delle ritenute previdenziale, oltre rivalutazione ed interessi.
A motivo della decisione, esso escludeva preliminarmente l’ammissibilità allo stato passivo dell’ulteriore credito di € 75.805,60, siccome richiesto soltanto con la comparsa conclusionale e pertanto con domanda inammissibile, in quanto nuova.
Nel merito, il Tribunale riteneva non provato il maggior credito richiesto, a titolo di rapporto di lavoro subordinato (dal 2 gennaio 2005, o ancor prima dal 1 maggio 1996, al 1 aprile 2009) per la conversione in esso dei contratti di collaborazione coordinata continuativa stipulati dalla predetta con la società in bonis, sul presupposto dell’inopponibilità della sentenza del Tribunale di Catania, in funzione di giudice del lavoro, 28 febbraio 2014 n. 697 alla procedura, per la sua strumentalità al riconoscimento del credito (e pertanto da insinuare allo stato passivo della procedura concorsuale): in assenza di deduzione di mezzi di prova.
Con atto notificato il 8 settembre 2014, la lavoratrice ricorreva per cassazione con cinque motivi, cui la società in a.s. resisteva con controricorso.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., per omessa considerazione della sentenza del Tribunale di Catania 28 febbraio 2014 n. 697 di accertamento, nei confronti di T.I. s.p.a. in a.s. in persona dell’amministratore straordinario, della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra le parti dal 2 gennaio 2005 a tempo indeterminato, per la nullità del termine di scadenza del 31 dicembre 2010 apposto al contratto e la persistenza del rapporto tra le medesime, non impugnata e pertanto in giudicato, come da attestazione di cancelleria allegata in produzione.
2. Con il secondo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 52, secondo comma e 93, terzo comma I. fall., per l’insinuazione del proprio credito allo stato passivo della procedura di amministrazione straordinaria sul (medesimo) presupposto della natura subordinata del rapporto di lavoro, fittiziamente stipulato nella forma della collaborazione coordinata e continuativa fino al 1 aprile 2009, di cui richiesto l’accertamento.
3. Con il terzo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 52, secondo comma e 295 c.p.c., per la mancata sospensione, pure esplicitamente richiesta, del giudizio di opposizione allo stato passivo in attesa della definizione di quello, introdotto prima, davanti al Tribunale di Catania, in funzione di giudice del lavoro, avente la cognizione sulla domanda di accertamento della natura del rapporto di lavoro e costitutiva della sua perdurante vigenza.
4. Con il quarto, la ricorrente deduce l’omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, quale la mancata specifica contestazione delle circostanze di fatto allegate a supporto della domanda di insinuazione suddetta da parte della procedura resistente, limitatasi ad una generica richiesta di rigetto dell’opposizione avversaria per infondatezza, inidonea allo scopo.
5. Con il quinto, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116 c.p.c., per non avere il Tribunale posto a fondamento della decisione i fatti allegati dalla lavoratrice non specificamente contestati dalla controparte, né i documenti prodotti ed in particolare il verbale ispettivo della DPL di Catania del 12 gennaio 2012, a conclusione degli accertamenti operati.
6. Il primo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. per omessa considerazione della sentenza del Tribunale di Catania 28 febbraio 2014 n. 697 in giudicato tra le parti, è fondato.
6.1. In via di premessa, occorre ribadire la devoluzione cognitoria, integrante questione di rito a norma degli artt. 52, 92 ss I. fall. (Cass. 18 ottobre 2005, n. 20131; Cass. 29 marzo 2011, n. 7129; Cass. 16 ottobre 2017, n. 24363), nel caso di specie richiamati dagli artt. 4ter d.l. 347/2003 conv. con mod. in I. 39/2004 e 53 d.Ig. 270/1999, della controversia al giudice del lavoro, quale giudice del rapporto e pertanto delle controversie aventi ad oggetto lo status del lavoratore (essenzialmente radicato nei principi affermati dagli artt. 4, 35, 36 e 37 Cost.), in riferimento ai diritti di corretta instaurazione, vigenza e cessazione del rapporto, della sua qualificazione e qualità, nel rispetto del principio di legalità, per la natura di accertamento della domanda di qualificazione corretta del rapporto avente ad oggetto l’attività prestata dalla lavoratrice in favore della società ora in procedura e costitutivo in ordine al suo ripristino (qui per effetto della conversione del rapporto formalmente di collaborazione coordinata e continuativa in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato), come questa Corte ha ancora recentemente affermato (Cass. 16 ottobre 2017, n. 24363; Cass. 21 giugno 2018, n. 16443). E che inoltre, ancora secondo la citata giurisprudenza, essa si fonda sull’interesse della lavoratrice a garantire la propria posizione all’interno dell’impresa ora in amministrazione straordinaria, sia per l’eventualità di una ripresa dell’attività lavorativa (conseguente alle possibili vicende evolutive della procedura medesima), sia per tutelare i connessi diritti non patrimoniali e previdenziali, estranei all’esigenza della par condicio creditorum (Cass. 29 marzo 2011, n. 7129; Cass. 29 settembre 2016, n. 19308; Cass. 3 febbraio 2017, n. 2975).
Sicchè, la controversia in oggetto appare estranea all’ambito cognitorio del giudice fallimentare, quale giudice del concorso, deputato all’accertamento ed alla qualificazione dei diritti di credito dipendenti dal rapporto di lavoro, in funzione della partecipazione al concorso (anche eventualmente in conseguenza di domande di accertamento o costitutive in funzione strumentale: Cass. 20 agosto 2013, n. 19271).
6.2. In ogni caso, deve essere pure confermato il principio secondo cui, nonostante la devoluzione dell’accertamento del credito nei confronti del fallimento alla competenza esclusiva del giudice delegato, ai sensi degli artt. 52 e 93 I. fall., l’improponibilità della domanda in sede extrafallimentare e la sua rilevabilità d’ufficio in ogni stato e grado devono essere coordinate con il sistema delle impugnazioni e la disciplina del giudicato: con la conseguenza che il vizio procedimentale, ove non dedotto come motivo di gravame, resta superato dall’intervenuto giudicato (Cass. 19 aprile 2002, n. 5725; Cass. 21 gennaio 2014, n. 1115; Cass. 4 ottobre 2018, n. 24156): e tanto maggiormente nel caso di specie.
6.3. Sicchè, il Tribunale ha violato gli enunciati principi di diritto, pure avendo accertato la formazione del giudicato sulla sentenza del Tribunale di Catania del 28 febbraio 2014, n. 697 (allegata in produzione, con relativa attestazione di cancelleria, sub 4.1 al ricorso) di accertamento, nei confronti di T.I. s.p.a. in a.s., della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra le parti dal 2 gennaio 2005 a tempo indeterminato e di persistenza del rapporto tra le medesime (così all’ultimo capoverso di pg. 4 del decreto).
7. Dalle superiori argomentazioni discende l’accoglimento del motivo scrutinato, con assorbimento degli altri, la cassazione del decreto con rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Roma in diversa composizione.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa il decreto e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Roma in diversa composizione.
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