CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 01 febbraio 2022, n. 2932
Tributi – Imposta di registro – Atto di compravendita immobiliare – Riqualificazione in atto di cessione di area edificabile – Illegittimità – Art. 20, DPR n. 131 del 1986
Rilevato che
1. A.R. impugnava l’avviso di liquidazione con il quale l’Agenzia delle Entrate – riqualificato ex art. 20 TUR l’atto di compravendita concluso nel maggio 2009 relativo al complesso immobiliare sito nel Comune di Cervia quale atto di cessione di area edificabile – aveva applicato l’aliquota dell’8% prevista per la cessione di aree edificabili.
L’avviso opposto si fondava sul rilievo che, con il preliminare di vendita, l’alienante si era impegnato ad ottenere la trasformazione integrale dell’intero complesso edilizio su richiesta della parte acquirente, ottenuta con permesso di demolizione e costruzione di nuovo edificio con ristrutturazione parziale di edificio.
La C.T.P. di Forlì accoglieva il ricorso ed annullava l’atto impositivo impugnato.
Proposto sia appello principale che incidentale avverso la prima decisione, la CTR dell’Emilia Romagna respingeva il gravame proposto dalla contribuente che riproponeva la doglianza sollevata in primo grado, secondo la quale era stato notificato un unico avviso di liquidazione ai tre venditori, benché si trattasse di tre negozi separati sebbene conclusi con un unico atto ed accoglieva quello proposto dall’amministrazione finanziaria, sul rilievo che il contratto preliminare aveva ad oggetto solo il permesso a costruire rilasciato poi effettivamente dall’amministrazione comunale e sulla circostanza che il prezzo della compravendita era notevolmente superiore al valore dell’immobile destinato ad abitazione civile di cat. A/3 con consistenza catastale di cinque vani.
Avverso la sentenza n. 1503/2015 depositata l’8 luglio 2015, propone ricorso per cassazione la contribuente sulla base di quattro motivi.
L’Agenzia deposita nota con la quale si costituisce al solo fine di partecipare all’udienza.
Il P.G. ha concluso per il rigetto del ricorso.
Considerato che
2. Con la prima censura si lamenta violazione dell’art. 20 d.P.R. n. 131/86, ex art. 360, n.3), c.p.c.; per avere la CTR dell’Emilia Romagna assunto a fondamento della statuizione una decisione della corte di cassazione resa in fattispecie non assimilabile, ad avviso della ricorrente, alla presente fattispecie, in quanto la riqualificazione dell’atto negoziale non può avvenire in base ad elementi estranei alla fattispecie, dovendosi considerare il bene materiale o immateriale che forma oggetto della prestazione contrattuale , quale elemento essenziale del contratto.
Ad avviso della ricorrente, l’elemento essenziale del contratto era quello rinvenibile nel contratto definitivo, risultando del tutto irrilevante ogni successiva trasformazione del bene.
3. Il secondo motivo è incentrato sull’omesso esame dei fatti decisivi per il giudizio ai sensi dell’art. 360, n. 5), c.p.c., per non avere il giudicante valutato:- l’anno di conclusione dell’atto di trasferimento negoziale, data rilevante in quanto il relativo contratto venne concluso in epoca antecedente al rilascio del permesso a costruire; circostanza rilevante in quanto la Regionale era convinta che la vendita avesse ad oggetto l’area edificabile in quanto riteneva che fosse stato già rilasciato il permesso a costruire; la circostanza che il permesso concerneva anche la ristrutturazione parziale dell’edificio, la circostanza che il contratto preliminare era stato ceduto e quello definitivo era stato concluso con un diverso promittente acquirente.
4. Con il terzo motivo si lamenta la violazione dell’art. 2729 c.c. ex art. 360, n. 3), c.p.c. per avere il giudicante statuito sulla base di presunzioni che non presentavano il carattere della gravità, precisione e concordanza di cui alla citata disposizione codicistica.
Al riguardo, si invocano nuovamente gli elementi fattuali sopra descritti e trascurati dal decidente nonché la circostanza che – come allegato nel giudizio di merito – il prezzo di vendita concordato dai contraenti comprendeva il valore dell’area sottostante il fabbricato e comunque le risultanze catastali non rappresentano, com’è noto secondo la ricorrente, il valore reale del cespite.
5. Il quarto motivo denuncia violazione di legge per erronea applicazione degli artt. 10 e 20 del TUIR, ex art. 360 n.3), c.p.c.; per avere la Regionale respinto l’appello incidentale proposto dalla contribuente con il quale si riproponeva l’eccezione, già sollevata in primo grado, secondo la quale l’atto impositivo era stato notificato ai tre venditori benché costoro avessero concluso tre negozi separati di vendita.
6. Il primo motivo di ricorso, con il quale si prospetta la violazione dell’art.20 d.PR n.131/1986 è fondato, assorbiti gli altri.
Si deve ribadire, al riguardo, quanto affermato da codesta S.C., a valle di Corte Cost. 158/2020 e 39/2021, con l’ordinanza Cass. n. 10688/2021, secondo cui, in tema di imposta di registro, ai sensi dell’art. 20 del D.P.R. n. 131 del 1986 – nella formulazione successiva alla l. n. 205 del 2017 che, secondo l’art. 1 comma 1084, della l. n. 145 del 2018, ne ha fornito l’interpretazione autentica e alla luce delle sentenze della Corte costituzionale n. 158 del 2020 e n. 39 del 2021 – è legittima l’attività di riqualificazione dell’atto da registrare da parte dell’Amministrazione soltanto se operata ab intrinseco, cioè senza alcun riferimento agli atti ad esso collegati e agli elementi extra-testuali, non potendosi essa fondare sull’individuazione di contenuti diversi da quelli ricavabili dalle clausole negoziali e dagli elementi comunque desumibili dall’atto (su cui cfr. anche Cass. n. 9065 del 2021; n. 24647; 25601, 26499, 26503, 26505 27127 del 2021).
Codesta S.C. ha anche affermato – sempre in Cass. 10688/2021 – che “resta ferma la legittimità dell’attività di riqualificazione per via interpretativa dell’atto da registrare soltanto se operata ab intrinseco, senza l’utilizzazione di elementi ad esso estranei, in quanto l’interpretazione prevista dall’art. 20, D.P.R. n. 131 del 1986, non può basarsi sull’individuazione di contenuti diversi da quelli ricavabili dalle clausole negoziali e dagli elementi comunque desumibili dal singolo atto presentato alla registrazione“.
Ed invero, questa Corte ha inizialmente ritenuto che, ancorché in materia di imposta di registro, nel caso di vendita di terreno con sovrastante fabbricato vetusto, la successiva richiesta di concessione edilizia per la costruzione di un nuovo immobile, previa demolizione del fabbricato, comporta la riqualificazione dell’atto quale vendita di terreno edificabile e la conseguente rettifica dell’imposta, dovendo il negozio essere sottoposto a tassazione in ragione degli effetti giuridici che oggettivamente produce (cfr. Cass. n. 24799/2014,cfr. anche Cass. n. 16983/2015). A tale indirizzo ha fatto seguito altro in forza del quale n materia di imposta sui redditi, come risulta dal tenore degli artt. 81, comma 1, lett. b) (ora 67) e 16 (ora 17), comma I, lett. g) bis del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, sono soggette a tassazione separata, quali “redditi diversi”, le “plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione”, e non anche quelle di terreni già edificati (Così statuendo, la S.C., nel rigettare il ricorso, ha escluso la tassazione separata di una plusvalenza realizzata a seguito di vendita di “capannone ad uso commerciale e relative pertinenze”, censito al catasto fabbricati, ritenendo irrilevante sia l’ulteriore potenzialità edificatoria del terreno su cui esso insisteva, sia l’asserita, ma non dimostrata, intenzione delle parti di demolire il predetto capannone)-(cfr.Cass.n.4150/2014; Cass. n. 15629/2014, ove si è specificamente ritenuto che la ratio dell’art. 67 TUIR è volta ad «assoggettare ad imposizione la plusvalenza che […] scaturisce non “in virtù di un’attività produttiva del proprietario o possessore, ma per l’avvenuta destinazione edificatoria in sede di pianificazione urbanistica” dei terreni»).
6.1 Pertanto, risultando oggetto dell’atto un fabbricato, e, quindi, un “terreno già edificato” , tale entità sostanziale non poteva essere mutata (con conseguente incongruenza di ogni diversa riqualificazione), in terreno suscettibile di potenzialità edificatoria, sulla base di presunzioni derivate da elementi soggettivi, interni alla sfera dei contraenti ovvero da elementi contenuti in altro atto negoziale ( contratto preliminare) e, soprattutto, la cui realizzazione (nel caso in specie attraverso la demolizione del fabbricato) è futura (rispetto all’atto oggetto di tassazione), eventuale e rimessa alla potestà di soggetto diverso (l’acquirente) da quello interessato dall’imposizione fiscale”.
Ad analoghe conclusioni è giunta Cass.n.7853/2016, prendendo espressamente posizione sul contrasto e sulle ragioni che inducono a considerare preferibile l’ultima opzione esposta dalla giurisprudenza sopra ricordata.
6.2 Orbene, nel caso di specie la CTR, muovendo dall’esame del contratto preliminare di vendita e l’impegno assunto dal promittente alienante di sottoscrivere le pratiche, nell’interesse del promittente acquirente, di parziale demolizione e ricostruzione, ha erroneamente valorizzato sia le clausole contenute in altro contratto sia la volontà futura dell’acquirente di demolire parzialmente il fabbricato procedendo ad una parimenti non corretta riqualificazione dell’atto negoziale quale atto di vendita di terreno edificabile.
7. Si osserva al riguardo che, in tema d’imposta di registro, ai sensi dell’art. 20 del D.P.R. n. 131 del 1986, come modificato dall’art. 1, comma 87 della L. n. 205/2017 e dall’art. 1, comma 1084 della L. n. 145/ 2018, nella parte in cui prevede che, ai fini dell’imposta di registro, l’interpretazione degli atti presentati alla registrazione debba avvenire solo in base al loro contenuto, senza fare riferimento ad atti collegati o ad elementi extratestuali, l’Amministrazione finanziaria non può travalicare lo schema negoziale tipico in cui l’atto risulta inquadrabile.
L’art. 1, comma 87 della L. n. 205/2017, invero, prevede: <<Al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’articolo 20, comma 1: 1) le parole: « degli atti presentati » sono sostituite dalle seguenti: « dell’atto presentato »; 2) dopo la parola: « apparente » sono aggiunte le seguenti: « sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi »;…>> L’art. 1, comma 1084 della L. n. 145/ 2018 prevede: << L’articolo 1, comma 87, lettera a), della legge 27 dicembre 2017, n. 205, costituisce interpretazione autentica dell’articolo 20, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131.>>
Il Legislatore, con la denunciata norma, ha inteso riaffermare la natura di “imposta d’atto” dell’imposta di registro, precisando l’oggetto dell’imposizione in coerenza con la struttura di un prelievo sugli effetti giuridici dell’atto presentato per la registrazione. Per altro verso un’interpretazione della norma in chiave antielusiva provocherebbe incoerenze nell’ordinamento, quantomeno a partire dall’introduzione dell’art. 10-bis della L. n. 212/2000 consentendo all’Amministrazione di operare in funzione antielusiva senza applicare la garanzia del contraddittorio endo-procedimentale e di svincolarsi da ogni riscontro di indebiti vantaggi fiscali e di operazioni prive di sostanza economica, precludendo di fatto al contribuente ogni legittima pianificazione fiscale. Ne consegue che nel caso di specie l’amministrazione finanziaria non aveva facoltà di riqualificare come atto di compravendita il conferimento degli immobili alla società, discononscendone le passività accollate dall’ente.
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 158 del 21/07/2020 ha statuito che non è fondata la questione di legittimità costituzionale, posta in relazione agli artt. 3 e 53 Cost., dell’art. 20 del d.P. R. n. 131/1986 come modificato dall’art. 1, comma 87 della L. n. 205/2017 e dall’art. 1, comma 1084 della L. n. 145/ 2018, nella parte in cui prevede che, ai fini dell’imposta di registro, l’interpretazione degli atti presentati alla registrazione debba avvenire solo in base al loro contenuto, senza fare riferimento ad atti collegati o ad elementi extratestuali. Detta pronuncia è stata poi ribadita dalla medesima Corte con sentenza n. 39/2021, con la quale ha affermato che le questioni inerenti alla violazione degli artt. 3 e 53 Cost. sono manifestamente infondate, poiché prive di argomenti sostanzialmente nuovi rispetto a quelle già sollevate con la menzionata ordinanza del giudice di legittimità e dichiarate non fondate con sentenza n. 158 del 2020.
8. Il ricorso, in accoglimento del primo motivo, assorbiti gli altri, va accolto e la sentenza cassata con decisione nel merito di accoglimento del ricorso introduttivo della contribuente.
In considerazione della evoluzione normativa, le spese dell’intero giudizio vanno compensate.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso della contribuente; compensa le spese dell’intero giudizio.
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