CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 01 febbraio 2022, n. 2993
Tributi – Imposta di registro – Sentenza di condanna al pagamento di somme in qualità di fideiussore per mancata esecuzione di contratto di appalto da parte dell’obbligato principale – Obbligazione principale soggetta ad Iva – Imposta in misura fissa
Fatti di causa
1. Con sentenza n. 133/47/13, depositata il 27 maggio 2013, notificata il 15 luglio 2013, la Commissione Tributaria Regionale della Campania accoglieva l’appello proposto dalla F.S. S.p.a., in riforma della sentenza n. 334/6/11 della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, con condanna dell’Agenzia al pagamento delle spese di lite;
2. Il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione di un avviso di liquidazione con cui era stato richiesto il pagamento in misura proporzionale, ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. b), della prima parte della Tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, dell’imposta di registro dovuta in relazione ad una sentenza di condanna della società appellante al pagamento di somme in qualità di fideiussore, in adempimento ad una polizza fideiussoria prestata a favore del committente Comune di Torre del Greco, a garanzia della restituzione di anticipazioni da questi concesse alla società appaltatrice per l’esecuzione di un appalto in caso di mancata esecuzione dei lavori commissionati, imposta che era stata invece versata in misura fissa, ai sensi dell’art. 40 del d.P.R. n. 131 del 1986, dandosi rilievo al fatto che l’operazione cui si riferiva la polizza, inserita in un contratto di appalto, era soggetta ad IVA.
3. La CTR, in riforma della sentenza di primo grado, che aveva ritenuto corretto il recupero operato dall’Ufficio, aveva accolto l’appello rilevando che non era possibile scindere l’obbligazione principale da quella del fideiussore e sottoporle ad un trattamento fiscale differenziato a seconda del soggetto che eseguiva la prestazione per cui, essendo l’obbligato principale tenuto al pagamento dell’Iva sull’operazione oggetto della fideiussione, la sentenza dovesse essere tassata in misura fissa, e non proporzionale, ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. b), nota II della Tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986.
4. Avverso la sentenza di appello, l’Agenzia proponeva ricorso per cassazione, consegnato per la notifica il 28 ottobre 2013, ricevuto il 4 novembre 2013 affidato ad un unico motivo; la società resisteva con controricorso e depositava memoria ex art. 378 c.p.c.
Ragioni della decisione
1. Con un unico motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate censurava la sentenza impugnata denunciando una violazione e falsa applicazione degli artt. 22 e 40 del d.P.R. n. 131 del 1986, nonché dell’art. 8, comma 1, lett. b), nota II della Tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., laddove, in presenza di una sentenza sottoposta a tassazione che aveva ad oggetto un contratto di appalto assoggettato ad IVA, aveva ritenuto che per il principio di accessorietà della fideiussione, sulla stessa fosse stata correttamente corrisposta l’imposta di registro in misura fissa, rilevando, al contrario, che il provvedimento giudiziale era relativo ad un giudizio civilistico avente ad oggetto una prestazione autonoma e distinta da quella del contratto originario intercorso tra le parti, e quindi non un’operazione soggetta ad IVA bensì una obbligazione restitutoria a cui il garante era tenuto in forza di polizza fideiussoria, soggetto pertanto all’imposta in misura proporzionale.
2. Il motivo di ricorso non merita accoglimento.
2.1. L’avviso di liquidazione impugnato ha ad oggetto una richiesta di pagamento dell’imposta di registro determinata in misura proporzionale ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. b), della prima parte della Tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, rispetto ad una sentenza di condanna della società garante, in virtù di una polizza fideiussoria emessa nell’interesse della società appaltatrice, alla restituzione a favore del Comune committente di somme che erano state oggetto di anticipazione del corrispettivo dell’appalto, e quindi pacificamente soggette ad IVA nel rapporto società appaltatrice/comune committente, da recuperare a causa della mancata esecuzione dei lavori.
L’art. 8 cit. assoggetta ad imposta di registro gli atti dell’Autorità Giudiziaria ordinaria e speciale in materia di controversie civili che definiscono, anche parzialmente, un giudizio, prevedendo, in una articolata casistica, fattispecie in cui l’imposta è dovuta in misura fissa ed altre in cui è dovuta in misura proporzionale.
Ai sensi della lett. b) sono soggetti ad un imposta proporzionale del 3% quelli ” recanti condanna al pagamento di somme o valori, ad altre prestazioni o alla consegna di beni di qualsiasi natura recita poi la nota II allo stesso articolo;” Gli atti di cui al comma 1, lettera b), e al comma 1-bis non sono soggetti all’imposta proporzionale per la parte in cui dispongono il pagamento di corrispettivi o prestazioni soggetti all’imposta sul valore aggiunto ai sensi dell’art. 40 del testo unico. “
Secondo il richiamato art. 40, comma 1, “Per gli atti relativi a cessioni di beni e prestazioni di servizi soggetti all’imposta sul valore aggiunto, l’imposta si applica in misura fissa. “
Inoltre, l’art. 5, comma 2, stabilisce che «le scritture private non autenticate sono soggette a registrazione in caso d’uso se tutte le disposizioni in esse contemplate sono relative ad operazioni soggette all’imposta sul valore aggiunto».
Ai sensi dell’art. 1 del d.P.R. n. 633 del 1972 si considerano operazioni imponibili ai fini IVA le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti di qualunque soggetto, nell’esercizio di arti e professioni.
2.2 Dal quadro normativo innanzi delineato risulta che le operazioni relative ad atti soggetti all’imposta sul valore aggiunto scontano l’imposta di registro in misura fissa, e vanno registrati solo in caso d’uso o volontariamente, operando nel nostro sistema tributario il principio della cd alternatività tra l’IVA e l’imposta di registro, che esclude l’applicabilità dell’imposta di registro in misura proporzionale per la registrazione di atti relativi ad operazioni che risultano già assoggettate ad IVA.
Tale principio costituisce espressione e attuazione del divieto della doppia imposizione che ricorre allorché uno stesso soggetto è destinatario di più imposte relative al medesimo presupposto e per lo stesso periodo di imposta, divieto che, a sua volta, costituisce esplicazione del principio costituzionale della capacità contributiva (art. 53 Cost.).
L’alternatività tra le due imposte non è connessa solo alla circostanza che un atto sottoposto a registrazione sia effettivamente soggetto ad IVA, ma opera anche quando l’operazione rientri comunque nel campo di applicazione di tale imposta, anche se in concreto non dovuta perché si tratta di operazioni non imponibili o esenti, sicché lo scopo del principio in questione è non solo quello di carattere economico di impedire la doppia imposizione, ma anche quello di soddisfare l’esigenza di evitare interferenze applicative tra le due imposte in relazione ad una medesima operazione.
Il principio di alternatività opera anche con riguardo ai provvedimenti dell’autorità giudiziaria, per effetto della disposizione contenuta nella nota II all’art. 8 della Tariffa parte prima allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, secondo cui gli atti di cui al comma 1, lett. b) dell’art. 8, e cioè quelli «recanti condanna al pagamento di somme o valori, ad altre prestazioni o alla consegna di beni di qualsiasi natura» “non sono soggetti all’imposta proporzionale per la parte in cui dispongono il pagamento di corrispettivi o prestazioni soggetti all’imposta sul valore aggiunto ai sensi dell’art. 40 del Testo unico”.
Esclusa, dunque, l’applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale allorché la condanna sia volta ad assicurare l’adempimento di obbligazioni nascenti da un rapporto soggetto ad IVA, la corretta applicazione di tale principio presuppone che in presenza della registrazione di una sentenza di condanna al pagamento di somme venga verificato, preliminarmente, se quelle stesse somme si riferiscano o meno a prestazioni di beni o servizi soggette all’imposta sul valore aggiunto.
3. Nella controversia in esame si è in presenza di una sentenza di condanna di una società assicuratrice, al pagamento di somme in favore di un terzo creditore principale, che trova titolo nella fideiussione prestata dalla stessa a favore del debitore principale risultato inadempiente; l’operazione garantita si inserisce in un contratto di appalto ed ha ad oggetto la restituzione delle somme anticipate quale corrispettivo dal committente-creditore principale all’appaltatrice-debitore principale, in caso di mancata esecuzione dei lavori.
Operandosi in materia di appalto, l’anticipazione del corrispettivo dal committente all’appaltatrice è stata assoggettata ad IVA e, non risultando una diversa previsione nel titolo, né risultando contestazioni sul punto, oggetto di restituzione da parte del fideiussore, chiamato a garantire il debitore inadempiente, è lo stesso importo oggetto di anticipazione.
La prospettazione dell’Agenzia ricorrente, sull’autonomia della prestazione del fideiussore a favore del creditore, oggetto della sentenza di condanna, rispetto alle prestazioni oggetto del rapporto principale, non merita di essere condivisa ai fini su cui si controverte.
La fattispecie è indubbiamente complessa in quanto in essa convivono più rapporti, ciascuno autonomo e scindibile: quello fra creditore e debitore principale, quello fra creditore e fideiussore, quello fra fideiussore e debitore.
In questa sede rileva esclusivamente il rapporto tra creditore e garante/fideiussore che trova il suo titolo nella polizza fideiussoria, dalla quale è derivata la prestazione di garanzia, stipulata tra debitore principale e garante in favore del terzo creditore.
4. Precedenti giurisprudenziali inconferenti sono quelli relativi al diverso ed autonomo rapporto che sussiste tra fideiussore e debitore, sul quale si registra, da ultimo, la pronuncia di questa Corte, SU n. 18520 del 2019 (conforme Cass. n. 12815 del 2020) che, a composizione di un contrasto rimesso con ordinanza n. 33009 del 2018, ha affermato il principio secondo cui :”In tema d’imposta di registro, il decreto ingiuntivo ottenuto nei confronti del debitore dal garante che abbia stipulato una polizza fideiussoria e che sia stato escusso dal creditore è soggetto all’imposta con aliquota proporzionale al valore della condanna, in quanto il garante non fa valere corrispettivi o prestazioni soggetti all’imposta sul valore aggiunto, ma esercita un’azione di rimborso di quanto versato“.
Il contrasto vedeva opporsi da un lato un più risalente orientamento, secondo cui “In tema di imposta di registro, rispetto alla sentenza di condanna ottenuta dal fideiussore nei confronti del debitore inadempiente per il recupero di somme assoggettate ad IVA, ai sensi dell’art. 8 della tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, trova applicazione l’imposta in misura fissa, atteso che la surrogazione del fideiussore al creditore principale comporta una peculiare forma di successione nel credito e la novazione dal lato soggettivo ma non incide sull’identità oggettiva dell’obbligazione, che conserva la sua natura ai fini tributari” ( vedi Cass. Sez. 6-5, Ordinanza n. 14000 del 19/06/2014, cfr. anche Cass. n. 16975, 16976, 16307, 16308,19499 tutte del 2014, nonché Cass. ord. 24/7/2014 n. 16975, 16976, 16977 e da ultimo Cass. n. 19365 del 2018), e dall’altro la posizione dissonante, risultata poi prevalente, secondo cui “In tema d’imposta di registro, al decreto ingiuntivo ottenuto dal garante nei confronti del debitore inadempiente, per il recupero delle somme pagate al creditore principale e soggette ad IVA, è applicabile l’aliquota proporzionale del tre per cento al valore della condanna, ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. b della Tariffa, Parte I, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, non avendo spazio il principio di alternatività, in quanto l’obbligo azionato con tale pretesa, da un lato, deriva da un rapporto distinto ed autonomo da quello principale e, dall’altro, non si risolve in un corrispettivo o in una prestazione soggetta all’imposta sul valore aggiunto” (vedi Cass. n. 20262 e n. 25702 del 2015 nonché Cass. n. 2551 del 2018).
5. Costituisce invece altro principio acquisito, e mai contraddetto, quello secondo cui “La registrazione del decreto ingiuntivo esecutivo ottenuto dal creditore per il pagamento di somme assoggettate ad I.V.A. gode, giusta il principio dell’alternatività previsto dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 40 dell’applicazione dell’imposta di registro in misura fissa. Il dato secondo cui l’ingiunzione sia emessa contro il solo debitore principale, il fideiussore o entrambi, non soggetti I.V.A. non assume rilievo” (Vedi Cass. n. 9390 del 2007; n. 16098 del 2000; n. 3572 del 1998; n. 9007 del 1992); precedenti che, come constatato anche dal recente arresto delle Sezioni Unite innanzi richiamato,” si riferiscono all’applicazione dell’imposta di registro in misura fissa al decreto ingiuntivo ottenuto non già dal garante, bensì dal creditore soggetto iva nei confronti del debitore principale, del garante o di entrambi in relazione all’unica operazione” (in motivazione Cass. n. 18520 del 2019).
5.1 Ad ulteriore specificazione di tale orientamento, questa Corte ha già affermato che: “In tema di imposta di registro sugli atti giudiziari, alla sentenza di condanna ottenuta dal creditore sia nei confronti del debitore inadempiente che del fideiussore per il recupero di somme soggette ad IVA, non è applicabile l’imposta di registro in misura proporzionale bensì, ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. b), nota II della Tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, l’imposta in misura fissa, senza che assuma rilievo se la stessa sia emessa contro il solo debitore principale, il solo fideiussore o entrambi, non soggetti IVA.” (Cass. n. 21702 del 2020), ritenendo elemento dirimente ai fini impositivi il conseguimento da parte del creditore, soggetto IVA, di un unico titolo esecutivo per il soddisfacimento del proprio diritto, a prescindere dal fatto che tale diritto trovi la sua fonte sia nel rapporto principale con il debitore che in quello di garanzia.
La delineata natura del fatto tassabile comporta, come logico corollario, l’identità del prelievo fiscale, indipendentemente dalla circostanza che l’obbligazione di uno dei debitori discenda da un contratto fideiussorio ed abbia connotazioni di sussidiarietà.
Decisiva a tali fini è solo la posizione del creditore, dato che, come si è visto, la tassazione investe il titolo esecutivo dallo stesso ottenuto: se il creditore ha la qualità di “soggetto-IVA”, e se l’adempimento reclamato è riconducibile nell’ambito di una fattispecie che implichi l’insorgenza del suo obbligo di pagare l’IVA, come appunto si verifica per chi conceda un prestito di denaro di cui ha diritto alla restituzione, il provvedimento giudiziale assume la consistenza di condanna ad un pagamento sottoposto all’IVA medesima (su cui anche Cass. n. 1942 del 2001 e n. 2718 del 2008).
Tanto basta per giustificare l’operatività del canone della prevalenza dell’IVA sull’imposta proporzionale di registro, atteso che la relativa regola si ricollega al mero assoggettamento di quel pagamento all’IVA, senza che assuma rilevanza la circostanza che la condanna si rivolga contemporaneamente al debitore principale ed al coobbligato solidale, per il quale la fonte dell’obbligo nasce da un rapporto distinto, quale il negozio costitutivo della fideiussione; per il creditore la condanna ha sempre ad oggetto un pagamento sottoposto ad IVA, quale che sia il soggetto tenuto al pagamento (il beneficiario del finanziamento od il terzo che abbia offerto garanzia).
5.2 Sempre in continuità con tali principi è stato affermato che “In tema di imposta di registro su atti giudiziari, la sentenza di condanna in solido (nella specie di un correntista e dei suoi fideiussori in favore della banca) alla restituzione di un finanziamento soggetto ad IVA va tassata in misura fissa, trattandosi di “prestazione di servizi” ex art. 3, comma 2, n. 3, del d.P.R. n. 633 del 1972 la quale, benché esente ai sensi del successivo art. 10, non esclude l’applicazione del principio dell’alternatività “registro-IVA” previsto dall’art. 40, comma 1, del d.P.R. n. 131 del 1986” (Cass. n. 242 del 2021).
6. Verificato che la sentenza sottoposta a registrazione ha ad oggetto il pagamento di somme, che il garante è stato condannato a restituire, in virtù della polizza fideiussoria, in luogo del debitore inadempiente, assoggettate ad IVA in quanto anticipate nell’ambito di un contratto di appalto, ne deriva che correttamente tale provvedimento giudiziale non è assoggettabile all’imposta di registro in misura proporzionale bensì, ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. b), nota II della Tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, all’imposta in misura fissa.
6.1. Va quindi affermato il seguente principio di diritto: “In tema di imposta di registro sugli atti giudiziarì, la sentenza di condanna, ottenuta dal creditore nei confronti del fideiussore per il recupero dì somme soggette ad IVA, è soggetta ad imposta in misura fissa, ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. b), nota II della Tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, e non ad imposta di registro in misura proporzionale, senza che assuma rilievo che sia emessa contro il solo debitore principale, il solo fideiussore o entrambi, non soggetti IVA. “
7. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso va rigettato.
7.1 Il consolidarsi in data successiva all’introduzione della lite dell’orientamento di legittimità posto a fondamento della decisione, giustifica la compensazione delle spese di tutti i gradi di giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso;
compensa le spese di tutti i gradi di giudizio.
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