CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 01 marzo 2021, n. 5548
Evasione contributiva – Avviso di addebito ritualmente notificato nelle mani di “persona di famiglia” – Esistenza di un vincolo di parentela o di affinità – Onere di provare il carattere del tutto occasionale della presenza del consegnatario in casa propria senza che a tal fine potessero rilevare le sole certificazioni anagrafiche del familiare medesimo
Fatti di causa
1. La Corte d’appello di Torino ha confermato la sentenza del Tribunale di Verbania di inammissibilità dell’opposizione proposta da A.F., nella qualità di titolare della ditta A.I. nei confronti dell’INPS e della SCCI S.p.A., in relazione all’avviso di addebito con il quale gli era stato ingiunto il pagamento di contributi evasi per il periodo agosto 2007/febbraio 2012 e relative somme aggiuntive.
La Corte territoriale ha ritenuto, in conformità alla pronunzia del primo giudice, l’avviso di addebito ritualmente notificato il 19.3.2014 nelle mani di “persona di famiglia” nella specie la madre del F. non essendo richiesto l’ulteriore requisito della convivenza, non espressamente richiamato dall’art. 139 cpc. Secondo la Corte risultava sufficiente l’esistenza di un vincolo di parentela o di affinità tale da giustificare la presunzione che la persona di famiglia avrebbe consegnato l’atto al destinatario, restando a carico di quest’ultimo l’onere di provare il carattere del tutto occasionale della presenza del consegnatario in casa propria senza che, a tal fine potessero rilevare le sole certificazioni anagrafiche del familiare medesimo.
La Corte ha quindi affermato che l’opposizione, depositata il successivo 5.5.2014, era stata proposta oltre il termine di 40 giorni di cui all’art. 24, comma 5, d.lgs. n. 46/1999 e, dunque, era inammissibile.
Con riferimento all’eccezione di nullità dell’avviso di addebito essendo pendente presso il Tribunale di Verbania una controversia radicata in precedenza e diretta all’accertamento negativo del credito contributivo di cui si discuteva nella presente controversia, ha affermato che tale eccezione rimaneva assorbita e quindi esclusa per effetto della declaratoria di inammissibilità dell’opposizione.
2. Avverso la sentenza ricorre in cassazione il F. con due motivi. L’Istituto intimato ha depositato la sola procura speciale per la difesa in sede di udienza. Con ordinanza n 27266/2018 la sesta sezione di questa Corte ha rimesso la causa alla sezione ordinaria per la trattazione in pubblica udienza.
Ragioni della decisione
3. Con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 30, d.l. n. 78/20101 (ndr art. 30, d.l. n. 78/2010), convertito, con modificazioni, nella legge n. 122/2010, in coordinamento con l’art. 24, d.lgs. n. 46/1999, deduce la non conformità a diritto della pronunzia della Corte territoriale per essere preclusa la facoltà dell’INPS di procedere al recupero del proprio credito mediante iscrizione a ruolo e notifica di cartella di pagamento o dell’avviso di addebito ,a fronte dell’azione di accertamento negativo intentata dall’ingiunto a seguito della notifica del verbale ispettivo prima dell’iscrizione a ruolo del credito medesimo.
4. Con il secondo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 139 c.p.c., il ricorrente deduce la nullità della notifica effettuata a familiare non convivente.
5. Il ricorso è infondato.
6. In ordine logico va esaminato in primo luogo il secondo motivo relativo alla correttezza della notifica dell’avviso di accertamento.
A riguardo va qui ribadito quanto più volte affermato da questa Corte, cioè che in tema di procedimento di notifica di un avviso di accertamento, ai sensi dell’art. 139, secondo comma, cod. proc. civ., la qualità di persona di famiglia o di addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda di chi ha ricevuto l’atto si presume “iuris tantum” dalle dichiarazioni recepite dall’ufficiale giudiziario nella relata di notifica, incombendo al destinatario dell’atto, che contesti la validità della notificazione, l’onere di fornire la prova contraria. (cfr Cass ord. n. 12181/2013, n. 27587/2018, n. 30393/2018).
7. Si è altresì affermato (cfr ord. n 18716/2018, n. 30393/2018, n. 28591/2017) che “ai sensi dell’art. 139, comma 2, c.p.c., la validità della notificazione a persona di famiglia non postula necessariamente un rapporto di convivenza con il destinatario dell’atto (intesa, “strictu sensu”, come appartenenza allo stesso nucleo familiare), poiché l’espressione usata dalla norma comprende non soltanto ogni persona in rapporto di stabile convivenza con il destinatario, ma anche i soggetti a lui legati da vincoli di parentela comportanti diritti e doveri reciproci e, con questi, la presunzione che l’atto sarà da essi subito consegnato al destinatario: ne consegue che, nel caso in cui la persona di famiglia, reperita dall’ufficiale giudiziario nella casa d’abitazione del destinatario, accetti di ricevere l’atto senza riserve, la validità della notificazione può essere esclusa soltanto se il destinatario, il quale neghi di avere ricevuto l’atto, dia la dimostrazione che la presenza in casa del familiare era del tutto occasionale e momentanea, non essendo invece sufficiente ad inficiare la validità della notificazione dell’atto da lui ricevuto la prova di una diversa residenza anagrafica“.
8. Nella specie risulta che l’avviso è stato consegnato alla madre del destinatario e che il ricorrente si è limitato a richiamare la certificazione anagrafica della madre da cui risultava residente in altro luogo e ,dunque, correttamente la Corte territoriale , in conformità ai principi enunciati da questa Corte, ha ritenuto valida la notifica non essendo sufficiente al fine di vincere la presunzione il solo certificato anagrafico.
Non è censurabile la decisione impugnata anche con riferimento alla regolarità della notifica effettuata nel luogo di residenza del titolare dell’impresa A.I., trattandosi di impresa individuale.
9. Sulla base delle considerazioni di cui sopra la Corte, accertata la regolarità della notifica dell’avviso, ha concluso correttamente rilevando che l’opposizione era stata proposto oltre il termine perentorio di 40 giorni con la conseguenza che si era compiuta la decadenza.
10. La tardività dell’opposizione all’avviso di accertamento rende superfluo l’esame delle questioni sull’art. 24 d.lgs. n. 46/1999 poste con il primo motivo del ricorso e relative alla facoltà dell’INPS di procedere al recupero del proprio credito mediante iscrizione a ruolo e notifica di cartella di pagamento o dell’avviso di addebito ,a fronte dell’azione di accertamento negativo intentata dall’ingiunto a seguito della notifica del verbale ispettivo prima dell’iscrizione a ruolo del credito medesimo.
11. Le spese seguono la soccombenza. Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater, dpr n. 115/2002.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese di lite liquidate in Euro 4.000,00,oltre 15% per spese generali ed accessori di legge, nonché Euro 200,00 per esborsi.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del dpr n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13.
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