CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 02 aprile 2019, n. 9124
Licenziamento verbale – Decesso del convenuto – Trasferimento d’azienda – Domanda risarcitoria – Legittimazione passiva – Ricorso inammissibile – Accertamento fattuale insindacabile in sede di legittimità
Fatti di causa
1. C. L. convenne innanzi al Tribunale di Trani A. Dell’O. impugnando il licenziamento verbale intimato in data 16 settembre 2000 e chiedendo la reintegrazione nel posto di lavoro ed il pagamento di differenze retributive.
Interrotto il giudizio per il decesso del convenuto A. Dell’O. esso venne riassunto sia nei confronti degli eredi sia nei confronti della società denominata “Nuova A. Padre s.n.c. di Dell’O. R. e Dell’O. G.” sul presupposto che il de cuius avesse trasferito in data 26 settembre 2005 l’azienda (ovvero il motopeschereccio Nuovo A. Padre e la relativa licenza) a detta società.
Il Tribunale quindi ordinò la reintegrazione del ricorrente nel posto di lavoro, dichiarando inammissibili le altre domande e compensando in parte le spese.
2. Con sentenza pubblicata il 1° dicembre 2016, la Corte di Appello di Bari, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha condannato “in via solidale la Nuova A. Padre snc nonché Dell’O. R. e Dell’O. G. al risarcimento in favore di L. C. del danno derivante dal licenziamento nullo del 16.9.2000 in misura pari all’importo delle retribuzioni spettanti alla data del predetto licenziamento sino al 30.3.2010”; ha altresì condannato sia la società sia R. e G. Dell’O. al pagamento, sempre in via solidale, della somma di euro 39.815,39 a titolo di differenze retributive; ha respinto l’appello proposto da R. e G. Dell’O..
3. In estrema sintesi la Corte territoriale ha ritenuto “soggetti passivamente legittimati in merito alla presente domanda risarcitoria” sia gli eredi dell’originario convenuto A. Dell’O., “obbligati verso il ricorrente per i debiti maturati dal de cuius sino alla cessione aziendale”, sia la società con soci illimitatamente responsabili, “in quanto successore a titolo particolare ex art. 2112 c.c.”; ha ritenuto che il licenziamento del 16 settembre 2000 fosse stato intimato privo della necessaria forma scritta; ha quantificato somme spettanti a titolo retributivo maturate nel corso del rapporto di lavoro sostenendo che il “principio di onnicomprensività retributiva … non ha ragion d’essere con riferimento al CCNL per il personale imbarcato sulle navi adibite alla pesca marittima”.
3. Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso la Nuova A. Padre snc di Dell’O. R. e Dell’O. G. nonché Dell’O. G. e Dell’O. R. in proprio con 3 motivi; C. L. ha resistito con controricorso.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo si denuncia “difetto di legittimazione passiva della Nuova A. Padre snc. Nullità delle sentenze di primo e secondo grado”. Si sostiene che la società chiamata in causa sarebbe soggetto estraneo d’azienda.
Il motivo non può trovare accoglimento atteso che, oltre i profili di inammissibilità derivanti dalla mancata individuazione del motivo di critica vincolata riconducibile ad una delle ipotesi tassativamente previste dall’art. 360 c.p.c., nella sostanza censura un accertamento fattuale – insindacabile in questa sede – compiuto dalla Corte territoriale in ordine alla sussistenza di un trasferimento di azienda, dal quale la stessa Corte ha fatto discendere la legittimazione passiva della società in ordine ai crediti fatti valere dall’attore in giudizio.
2. Con il secondo motivo si denuncia “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”. Si sostiene che “quando le parti insieme a dell’O. Pietro – delegato dell’armatore – si presentarono presso la Capitaneria di Porto per procedere allo sbarco dichiararono che cessava il rapporto di lavoro, concretizzandosi così il licenziamento”, mentre tale circostanza sarebbe stata oggetto “di erronea interpretazione in entrambi i gradi di giudizio”, Si deduce che “se la semplice annotazione sul libretto di navigazione non costituisce idonea prova scritta stragiudiziale ex art. 2 I. n. 604/66, costituisce prova scritta stragiudiziale il verbale contenente le rispettive dichiarazioni scritte del datore e del lavoratore dinnanzi ad un pubblico ufficiale dell’Ufficio Marittimo Locale, recante data certa, nel quale si dava atto della cessazione del rapporto di lavoro comunicata dal datore di lavoro con l’annotazione di tutte le competenze spettantegli”. Si sostiene comunque che nella specie operava la mera tutela obbligatoria e che la Corte distrettuale non avrebbe tenuto conto dell’aliunde perceptum.
Il mezzo di gravame è in radice inammissibile in quanto formulato ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c. novellato, senza tenere in alcun conto gli enunciati di Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014 (principi costantemente ribaditi dalle stesse Sezioni unite v. n. 19881 del 2014, n. 25008 del 2014, n. 417 del 2015, oltre che dalle Sezioni semplici), esplicitamente lamentando la “erronea interpretazione in entrambi i gradi di giudizio” di circostanze di fatto, così proponendo una diversa lettura della vicenda storica che ha originato il contenzioso che non può avere accesso in questa sede di legittimità.
3. Con il terzo motivo si denuncia “violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti ed accordi collettivi nazionali di lavoro”, criticando la sentenza impugnata per aver ritenuto che il principio di onnicomprensività retributiva non si applichi riguardo al CCNL per il personale imbarcato sulle navi adibite alla pesca marittima.
Il motivo è inammissibile perché, nonostante denunci un errore di violazione o falsa applicazione di norma di contratto collettivo nazionale di lavoro, non specifica se tale contratto sia prodotto integralmente (come richiesto da Cass. SS.UU. n. 20075 del 2010) e l’avvenuta sua produzione e la sede in cui il documento integrale sia rinvenibile (Cass. SS.UU. n. 25038 del 2013; Cass., SS. UU. n. 7161 del 2010; conformi tra molte: Cass. nn. 17602 del 2011 e n. 124 del 2013).
4. Conclusivamente il ricorso va respinto, con le spese liquidate in dispositivo secondo soccombenza.
Occorre dare atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dall’art. 1, co. 17, I. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna le parti ricorrenti al pagamento delle spese liquidate in euro 4.000,00, oltre euro 200,00 per esborsi, accessori secondo legge e rimborso spese forfettario al 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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