CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 02 febbraio 2022, n. 3168
Infortunio sul lavoro – Invalidità permanente parziale – Quantificazione – Nuova consulenza medica
Fatti di causa
Con sentenza depositata il 23.2.2016, la Corte d’appello di Messina, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha quantificato in misura pari al 15% l’invalidità permanente parziale reliquata in capo a M.R. a seguito di infortunio sul lavoro occorsogli in data 13.9.2001.
La Corte, per quanto qui rileva, dopo aver disposto la rinnovazione della CTU espletata in prime cure, ha ritenuto che nella quantificazione del grado di invalidità dovesse prescindersi dalla valutazione delle infermità riscontrate a carico dell’apparato genitale, siccome imputabili “prevalente componente psicogena”, e – sebbene il CTU nominato in seconde cure le avesse ascritte (come già il CTU nominato in primo grado) al codice 347 della tabella acclusa al d.m. 12.7.2000 – ha ridotto di tre punti percentuali il grado d’invalidità accertato dal primo giudice.
Avverso tali statuizioni M. R. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di censura, successivamente illustrati con memoria. L’INAIL ha resistito con controricorso.
Il Pubblico ministero ha depositato conclusioni scritte, con cui ha chiesto l’accoglimento del primo motivo, assorbiti gli altri.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 38/2000 e del d.m. 12.7.2000, nonché erroneità, insufficienza e contraddittorietà della motivazione su un punto decisivo per avere la Corte di merito ritenuto che le conclusioni del CTU nominato in seconde cure legittimassero una valutazione dell’invalidità permanente parziale reliquata a suo carico in misura pari al 15%, invece che nella misura del 18%: a suo avviso, infatti, la circostanza che il CTU abbia precisato che “ove si dovesse valutare il danno complessivo prescindendo dall’infermità a carico dell’apparato genitale lo stesso va quantificato nella misura del 15%” (così la relazione di consulenza, debitamente trascritta a pagg. 8-9 del ricorso per cassazione), non giustificherebbe punto la scelta del collegio di seconde cure di escludere del tutto dalla valutazione medico-legale tale infermità, pienamente riconducibile alla voce di danno 347 di cui al d.m. 12.7.2000, cit.
Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione dell’art. 445 c.p.c. ed erroneità e insufficienza della motivazione per avere la Corte territoriale disposto una nuova consulenza senza motivare sul punto nonché per essersi discostata dal giudizio espresso dal consulente nominato.
Con il terzo motivo, il ricorrente si duole di violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c. per non avere la Corte territoriale pronunciato sull’eccezione preliminare di inammissibilità dell’appello dell’INAIL, formulata per non avere l’Istituto spiegato l’erroneità del giudizio formulato dal CTU di prime cure.
Ciò posto, il primo motivo è fondato: è sufficiente sul punto rilevare che la sentenza impugnata, pur facendo proprie le conclusioni del perito nominato in seconde cure (secondo cui, tuttavia, “una componente menomativa della specie di quella riportata dal ricorrente, valutata sotto tutti i suoi aspetti, consente di modulare il danno complessivo nella misura del 18%”: così il conclusum della relazione di consulenza tecnica, debitamente trascritto a pag. 12 del ricorso per cassazione), ha ritenuto di dover scorporare “l’ulteriore 3% riferibile all’infermità a carico dell’apparato genitale”, siccome imputabile “a prevalente componente psicogena, per come evidenziato dallo specialista” che ha avuto l’odierno ricorrente in osservazione (così pag. 3 della sentenza impugnata), senza tuttavia avvedersi che la voce 347 del d.m. 12.7.2000 ricomprende espressamente tra i danni indennizzabili la “Impotentla coeundi lieve correggibile con trattamento medico o difficoltà al coito psicogena, comprensiva delle turbe psicorelazionali a seconda dell’età”, la quale, pertanto, avrebbe potuto essere legittimamente esclusa dal novero delle conseguenze indennizzabili dell’infortunio occorso all’odierno ricorrente solo previa dimostrazione dell’insussistenza di alcun nesso di causalità rispetto all’infortunio stesso.
Pertanto, assorbiti gli ulteriori motivi, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata per nuovo esame alla Corte d’appello di Catania, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Catania, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
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