CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 02 marzo 2018, n. 4967
Tributi – TIA – Richiesta di detassazione per smaltimento imballaggi terziari – Diniego – Emissione della cartella di pagamento per il recupero della tassa – Mancanza di un previo motivato avviso di accertamento – Nullità della cartella
Svolgimento del processo
1. La società A.S. s.p.a., premesso di aver impugnato dinanzi alla CTP di Firenze, il diniego di detassazione, sostenendo la non assimilabilità degli imballaggi terziari, giudizio pendente in cassazione, asseriva che la società Q., fusa per incorporazione, con nuova denominazione A.S.A. spa, nonostante l’annullamento del diniego di detassazione (sebbene con sentenza non definitiva), aveva emesso cartelle di pagamento per gli anni 2009-2012 e aveva notificato intimazione di pagamento per il 2012, atti impugnati dinanzi alla CTP di Firenze, la quale sospendeva il ruolo 2010 e sospendeva altresì i procedimenti aventi ad oggetto l’impugnazione dei ruoli del 2010 e dell’intimazione di pagamento del 2012, rilevando la pregiudizialità rispetto al giudizio pendente in cassazione in ordine al diniego di detassazione relativa alla TIA.
Aggiungeva di aver impugnato la cartella di pagamento per la TIA 2012 con ricorso accolto dalla CTP di Firenze, alla quale aveva chiesto di pronunciarsi sull’illegittimità del ruolo e nel merito, sulla sospensione del giudizio in attesa della sentenza della Corte ovvero dichiarare, comunque, non dovuta la TIA.
La sentenza di primo grado veniva impugnata dalla società Q., mentre la contribuente proponeva ricorso incidentale, reiterando la censura relativa alla illegittimità dell’emissione del ruolo rispetto ad un giudizio sospeso.
La CTR Toscana accoglieva il ricorso principale, rigettando quello incidentale, valutando il merito della pretesa e la natura dei rifiuti terziari prodotti dalla società A..
La società A. propone ricorso per Cassazione affidato ad 8 motivi.
Si costituisce con memoria la società Q., ora, A.S.A. s.p.a.
Le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione
2. Con il primo motivo l’ente ricorrente denunzia violazione e o falsa applicazione, ex art. 360 comma 1 n. 3 e 4 c.p.c., dell’art. 39 D.LGS 546/92 e 39 c.p.c. censurando la sentenza sotto il profilo della nullità, in quanto i giudici di appello potevano esaminare la dedotta nullità del ruolo e della cartella, ma non potevano entrare nel merito della pretesa, per il quale già pendeva giudizio – sospeso – avverso l’intimazione di pagamento relativa all’anno 2012.
Sostiene che la CTR ha violato il disposto del comma 1 bis dell’art. 39 cit., il quale dispone che la Commissione impone la sospensione del processo nel caso in cui essa o altro giudice debba risolvere una controversia della cui definizione dipende la decisione della causa, affermandone la natura necessaria ai sensi dell’art. 295 c.p.c.
2. Con il secondo motivo denuncia violazione ex art. 360 n. 3 c.p.c. dell’art. 62 del D.lgs 507/93, reiterando le difese svolte nel giudizio relativo al diniego di detassazione, affermando la natura di rifiuti speciali non assimilabili degli imballaggi terziari, sostenendo che per detti rifiuti vige l’esonero dal pagamento della T.I.A., di cui all’art. 62 cit.
3. Con il terzo motivo censura la sentenza impugnata sotto il profilo dell’art. 360 n. 3 c.p.c. per violazione e falsa applicazione degli artt. 70 e 62 del DLGS 507/93, sostenendo che non vi è onere del contribuente di fornire la prova della quantità dei rifiuti prodotti, in quanto si verterebbe in ipotesi di rifiuti speciali in via prevalente e continuativa. Sostiene che era stato assolto l’onere di denuncia e di prova, tanto che la società Q. aveva richiesto anche alcuni chiarimenti.
4. Con il quarto motivo denuncia la violazione dell’art. 195 D.lgs 152/2006 ex art. 360 n. 3 c.p.c., assumendo l’applicabilità del codice ambientale nonostante l’assenza dei provvedimenti attuativi, in quanto questi ultimi erano necessari per l’applicazione della tariffa integrata ambientale di cui all’art. 238, mentre il disposto dell’art. 195 cit era immediatamente applicabile, prevedendo divieti di assimilabilità e di assoggettabilità che prescindono dai criteri di assimilazione demandati alla regolamentazione statale.
A tal proposito, sostiene che i divieti discendono dall’ordinamento europeo e sono immediatamente operativi senza necessità di attuazione da parte dello Stato italiano.
Secondo detta impostazione, gli operatori possono non solo organizzare autonomamente la gestione dei propri rifiuti di imballaggi, ma possono non sottostare alla privativa comunale per gli imballaggi terziari e secondari avviati al recupero o al riciclo e persino per tutti i rifiuti assimilati non conferiti al servizio pubblico.
5. Con il quinto motivo, censura la sentenza impugnata sotto il profilo dell’art. 360 n. 5 c.p.c. per omesso esame circa il fatto decisivo dell’assenza/interdizione di pubblico servizio per il magazzino, in quanto lo smaltimento dei rifiuti non può avvenire in regime di privativa perché vietato, ed è dunque precluso l’accesso al servizio pubblico, di talché non è legittimo assoggettare a tributo un servizio non reso. Sostiene che detto aspetto evidenziato anche nel giudizio relativo al diniego di detassazione non era stato considerato dai giudici tributari.
6 Con il sesto motivo denuncia la nullità del ruolo emesso senza accertamento e violazione degli artt. 72 del d.lgs 507/93 e 68 del d.lgs. 546/92 ex art. 360 n. 3 c.p.c., in quanto è possibile emettere la cartella senza previo accertamento solo sulla base degli elementi acquisiti e non soggetti ad alcuna modificazione o variazione.
7 Con il settimo motivo censura la sentenza per omesso esame della eccezione di nullità del ruolo emesso in pendenza di giudizio ex art. 360 n. 4 c.p.c. e art. 112 c.p.c., citando una pronuncia di questa Corte secondo la quale con l’insorgere del contenzioso si azzera la posizione di rendita della parte pubblica e nessuna delle parti processuali può beneficiare di una posizione di forza in un processo che deve essere ispirato ai principi di giustizia.
8 Con l’ottavo motivo denunciala nullità della sentenza per omesso esame delle sollevate questioni di costituzionalità ex artt. 112 c.p.c. e 360 n. 4 c.p.c. in ordine all’art. 72 d.lgs 507/92, di cui aveva offerto la corretta interpretazione, invocando altresì la rimessione della questione di costituzionalità per contrasto con gli artt. 3, 23, 24, 76, 97, 11 e 113 Cost se interpretati nel senso di legittimare l’iscrizione a ruolo del tributo locale in assenza di coerente denuncia, di pacifico ruolo precedente, di accertamento definitivo per l’anno di riferimento.
9 Con il nono motivo censura la sentenza impugnata per nullità per omesso esame della inassoggettabilità ad IVA della Tia ex artt. 112 e 360 n. 4 c.p.c.
Osserva la Corte che va esaminato prioritariamente il sesto motivo di ricorso in quanto la sua fondatezza comporta anche l’assorbimento degli altri motivi che attengono al merito della pretesa oggetto di altro giudizio pendente dinanzi a detta Corte. È, difatti, assorbente delle altre la questione, quella dedotta con il sesto motivo concernente l’obbligo della notifica dell’avviso di accertamento da parte del concessionario, prima della iscrizione a ruolo, nel caso in cui il contribuente abbia presentato una denuncia di variazione per le mutate condizioni di tassabilità, ritenendo la società che qualunque variazione delle condizioni di tassabilità costituisce motivo per la denuncia di variazione poiché prospetta una condizione (smaltimento in proprio dei rifiuti prodotti) che incide sulla determinazione della Tarsu.
Va, al riguardo rilevato che il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 70 pone a carico del contribuente l’obbligo di presentare una denuncia unica in ordine ai locali ed aree tassabili, nonché, in generale, alle condizioni di tassabilità della TARSU (denuncia originaria od integrativa) ed in ordine alle eventuali variazioni di tali condizioni (denuncia di variazione).
Il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 71 prevede l’emissione di avviso di accertamento nel caso di denuncia infedele o incompleta (avviso di accertamento in rettifica) o nel caso di omessa denuncia (avviso di accertamento d’ufficio) e stabilisce, a proposito della motivazione dell’avviso, che questo debba indicare – tra l’altro – le ragioni dell’eventuale diniego della riduzione o agevolazione richiesta (D.Lgs. n. 32 del 2001, art. 6, comma 1, lett. e, del ha poi introdotto, nel D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 71 il comma 2 – bis, anch’esso relativo alla motivazione dell’avviso di accertamento, in sostanziale attuazione della L. n. 212 del 2000, art. 7).
Allorquando il concessionario o la società di raccolta di rifiuti non contesti le condizioni di tassabilità indicate nella denuncia originaria, integrativa o di variazione presentata dal contribuente, ed ove non vi sia diniego della richiesta di agevolazioni od esenzioni, è legittima l’iscrizione del maggior importo in ruoli notificati all’interessato mediante cartella di pagamento non preceduta da avvisi di accertamento (la cui emissione è consentita nei casi elencati nelle disposizioni sopra citate): ciò, in particolare, anche nel caso in cui l’errore derivi dalla mancata considerazione di uno ius superveniens (chiaramente e non discrezionalmente) applicabile alla fattispecie, quando restino ferme tutte le precedenti fattuali condizioni di tassabilità.
L’avviso di accertamento è invece necessario – per converso – quando (e solo quando) la maggiore imposta derivi: 1) dalla rettifica apportata alle condizioni di tassabilità denunciate; 2) dall’accertamento d’ufficio delle condizioni di tassabilità in caso di omessa denuncia; 3) dal diniego (secondo quanto si desume dal citato D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 71, comma 2) della riduzione o agevolazione richiesta dal contribuente con apposita istanza, non surrogabile dalla contestazione giudiziale del provvedimento (v., sostanzialmente nello stesso senso, Cass. n. 7951 e n. 5895 del 2002; Cass. n. 19255 del 2003; Cass. 3657 del 2015; Cass. 9731 del 2015), ovvero, infine, dall’esercizio di un potere discrezionale eventualmente riconosciuto dallo ius superveniens, anche ove restino ferme tutte le precedenti fattuali condizioni di tassabilità (Cass. 13.8.2004 n. 15858).
Nella specie il contribuente aveva richiesto espressamente una agevolazione con la necessità della previa notifica di un avviso di accertamento. La cartella è stata, quindi, quindi emessa per diniego implicito delle agevolazioni richieste, ed è, quindi, illegittima per la mancanza di un previo motivato avviso di accertamento (Cass 22248/15; Cass. 2016 n. 19120).
In relazione anche ad altri tributi è stato infatti chiarito che un previo accertamento sostanziale non è necessario nel caso in cui il rapporto tributario sussista con soggetti e con oggetto tendenzialmente stabili o a dichiarazione meramente iniziale del contribuente o, com’anche si dice, a dichiarazione ultrattiva, cioè di una dichiarazione, o denuncia, del contribuente che, a causa della tendenziale stabilità degli elementi strutturali, soggettivo od oggettivo, del rapporto giuridico tributario, non dev’essere riformulata quando, in assenza di variazione di uno di essi, sarebbe identica a quella precedente e, quindi, inutile. In siffatte fattispecie l’esercizio del potere di liquidazione, previo accertamento formale, è legittimo a condizione che esso sia conforme al principio dell’imputazione diretta al contribuente degli effetti della sua dichiarazione, mentre è necessario esercitare il potere di accertamento sostanziale quando la modificazione che l’ufficio intende far valere in ordine ad uno degli elementi strutturali del rapporto, (Cass n. 9433/05).
Nel caso di specie, risulta con evidenza che la dichiarazione iniziale del 2009 del contribuente ha dato luogo ad una lunga controversia ancora pendente tra le parti in ordine alla detassazione degli imballaggi terziari e la contestazione giudiziaria da parte della società A.S.A. s.p.a. non può sopperire la necessità dell’avviso di accertamento con riferimento all’anno di imposta 2012.
Vi è stata dunque una dichiarazione iniziale del contribuente che non consentiva alla società A.S.A. di emanare la cartella senza previo avviso di accertamento poiché all’obbligato non poteva imputarsi un tributo difforme da quanto risultante dalla dichiarazione del medesimo.
Il ricorso va, dunque, accolto.
Sussistono giusti motivi, tenuto conto dell’andamento dei giudizi di merito per compensare le spese di lite.
Per il principio della soccombenza, le spese sostenute dalla ricorrente vanno poste a carico della resistente.
P.Q.M.
– Accoglie il ricorso con riferimento al sesto motivo, assorbiti gli altri motivi; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario della società A.S. s.p.a.;
Compensa le spese del giudizio di merito.
Condanna la società A.S.A. s.p.a. alla refusione delle spese sostenute dalla ricorrente che liquida in euro 1500,00 per compensi, oltre rimborso forfettario, i.v.a. e c.p.a. come per legge.
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