CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 02 ottobre 2019, n. 24633
Lavoro – Sciopero – Antisindacalità del comportamento datoriale nei confronti dell’organizzazione sindacale – Accertamento
Fatti di causa
1. La Corte di appello di Milano, con sentenza n. 988/2014, respingeva l’appello proposto da VCV Corpo Vigilanza Città di Varese e provincia s.p.a. e così confermava la sentenza del Tribunale di Busto Arsizio che aveva respinto l’opposizione proposta dalla stessa società avverso il decreto in data 17 giugno 2009 con cui, in accoglimento del ricorso proposto ex art. 28 Stat. lav., era stata accertata l’antisindacalità del comportamento datoriale nei confronti Filcams-Cgil della Provincia di Varese in occasione dello sciopero del 4 aprile 2009, al quale aveva aderito l’organizzazione provinciale di categoria.
2. Con il ricorso ex art. 28 Stat. lav., l’organizzazione sindacale anzidetta aveva denunciato che la società ricorrente in data 3 aprile 2009 aveva affisso nella bacheca aziendale una comunicazione a tutto il personale operativo nella sede dell’aeroporto di Malpensa in cui si dichiarava che per la giornata del successivo 4 aprile non era stata indetta alcuna azione di sciopero, come da comunicato della Commissione di garanzia in pari data. A tale condotta aveva fatto seguito un’azione disciplinare intrapresa dal datore di lavoro nei confronti del personale aderente, in ragione della sua partecipazione all’agitazione sindacale.
3. La Corte di appello riteneva, in sintesi, che fosse strumentale e dissuasivo il comunicato della società del 3 aprile, in quanto il riferimento alla mancata adesione allo sciopero da parte di Filt-Cgil riguardava il trasporto aereo, ossia un settore diverso da quello della vigilanza privata cui appartiene la società appellante, e si riferiva ad una organizzazione sindacale diversa da Filcams-Cgil. Riteneva, inoltre, che non sussistesse neppure l’esigenza del previo espletamento delle procedure preliminari, poiché la Commissione di garanzia aveva chiarito che, al servizio di sicurezza aeroportuale, non si applicano le procedure di conciliazione previste per il trasporto aereo ma quelle del settore vigilanza, e tale procedura era stata esperita con riferimento all’azione sindacale intrapresa il 4 aprile. Concludeva per la legittimità dello sciopero indetto dalla federazione territoriale e per la antisindacalità della condotta datoriale, con conseguente illegittimità delle sanzioni disciplinari irrogate ai lavoratori che vi avevano aderito.
4. Per la cassazione di tale sentenza VCV Corpo Vigilanza Città di Varese e provincia S.p.A. ha proposto ricorso affidato ad un unico motivo, cui ha resistito con controricorso Filcams-Cgil della Provincia di Varese.
5. All’adunanza camerale del 21 febbraio 2019 il Collegio ha ritenuto l’insussistenza dei presupposti per la trattazione in sede camerale, per cui la causa è stata nuovamente fissata per la trattazione in pubblica udienza.
Ragioni della decisione
1. Con unico motivo di ricorso la società ricorrente denuncia e violazione falsa applicazione dell’art. 2, comma 2, legge n. 146 del 1990; dell’art. 1 Regolamentazione provvisoria delle prestazioni indispensabili e delle altre misure di cui all’art. 2, comma 2 legge 146 del 1990, come modificata dalla legge n. 83 del 2000 nel settore del trasporto aereo; dell’art. 1 della Regolamentazione provvisoria delle prestazioni indispensabili e delle altre misure di cui all’art. 2, comma 2, legge n. 146 del 1990, come modificata dalla legge n. 83 del 2000 per il settore della Vigilanza, sicurezza e ordine pubblico, adottata a maggioranza dalla Commissione di garanzia con delibera n. 6/431 del 19 luglio 2006 e pubblicata sulla G.U. n. 183 dell’8 agosto 2006 (art.360 n 3 cod. proc. civ.).
La società ricorrente, premesso di svolgere servizi di sicurezza presso l’Aeroporto di Milano Malpensa, consistenti nel controllo degli accessi ai varchi dell’area cargo, della radiogenatura delle spedizioni merci in transito e di servizi di sottobordo, deduce l’erroneità della sentenza per avere considerato le attività svolte dal personale di VCV s.p.a. presso tale aeroporto come attività di vigilanza tout court e non come attività rientranti, ai fini dell’esercizio del diritto di sciopero, nel settore del trasporto aereo, come invece la Corte di appello avrebbe dovuto ritenere alla stregua della corretta interpretazione delle norme in materia di sciopero nei servizi pubblici essenziali, di cui alla legge n. 146 del 1990. Tali previsioni normative stabiliscono che nei servizi pubblici essenziali il diritto di sciopero deve essere esercitato previa adozione di misure che consentano l’erogazione delle prestazioni indispensabili per garantire il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente tutelati, indicati all’art. 1, comma 2, della citata legge e che lo sciopero deve essere programmato con un preavviso minimo non inferiore a 10 giorni (art. 2, comma 5); che la Commissione di garanzia valuta l’idoneità delle misure volte ad assicurare il contemperamento dell’esercizio del diritto di sciopero con il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente tutelati; che la predetta legge deve essere coordinata con la Regolamentazione provvisoria delle prestazioni indispensabili e che, pertanto, l’attività svolta da guardie particolari giurate afferenti ai servizi aeroportuali e di sicurezza aeroportuali (id est, controllo delle merci in transito presso l’aeroporto) non può che rientrare nel settore del trasporto aereo per quanto concerne l’esercizio del diritto di sciopero. Conclusivamente, non essendo stato proclamato uno sciopero per il settore del trasporto aereo, non può essere rimproverata alla società alcuna antisindacalità della condotta posta in essere, consistente nell’affissione nella bacheca del comunicato del 3 aprile 2009 e nell’avvio di procedimenti disciplinari nei confronti di lavoratori non presentatisi in servizio nei giorni 3 e 4 aprile 2009.
2. Il ricorso merita accoglimento.
3. Va premesso che il comportamento datoriale, perché possa definirsi antisindacale, deve avere prodotto o essere oggettivamente idoneo a produrre il risultato che la legge intende impedire e, cioè la lesione della libertà sindacale e del diritto di sciopero, sicché, per il caso in cui il risultato del comportamento dovesse conformarsi a quello che la legge intende proteggere, la condotta non potrebbe qualificarsi come antisindacale anche se, apparentemente, abbia in concreto limitato la libertà sindacale o il diritto di sciopero, ma, in realtà, sia dovuta all’adempimento di un dovere, imposto a colui che la ha posta in essere, da una disposizione di legge dettata a tutela di diritti di pari o superiore dignità costituzionale. Deve necessariamente sottolinearsi che, ai sensi dell’articolo 40 della Costituzione, “il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano” (v. in tal senso, Cass. n. 2625 del 1999).
4. L’art. 1 legge n. 146 del 1990, prevede, al primo comma, che “Ai fini della presente legge sono considerati servizi pubblici essenziali… quelli volti a garantire il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente tutelati, alla vita, alla salute, alla libertà ed alla sicurezza, alla libertà di circolazione, all’assistenza e previdenza sociale, all’istruzione ed alla libertà di comunicazione”. Sono dunque essenziali i servizi aventi carattere di interesse generale ai sensi della Costituzione, perché diretti a garantire i diritti della persona di rilievo costituzionale.
4.1. Il secondo comma dell’art. 1, a sua volta, prevede che “Allo scopo di contemperare l’esercizio del diritto di sciopero con il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente tutelati, di cui al comma 1, la presente legge dispone le regole da rispettare e le procedure da seguire in caso di conflitto collettivo, per assicurare l’effettività, nel loro contenuto essenziale, dei diritti medesimi, in particolare nei seguenti servizi e limitatamente all’insieme delle prestazioni individuate come indispensabili ai sensi dell’art. 2…”
4.2. L’art. 2, come modificato dalla legge n. 83 del 2000, prevede al primo comma che ”Nell’ambito dei servizi pubblici essenziali indicati nell’articolo 1 il diritto di sciopero è esercitato nel rispetto di misure dirette a consentire l’erogazione delle prestazioni indispensabili per garantire le finalità di cui al comma 2 dell’articolo 1, con un preavviso minimo non inferiore a quello previsto nel comma 5 del presente articolo. I soggetti che proclamano lo sciopero hanno l’obbligo di comunicare per iscritto, nel termine di preavviso, la durata e le modalità di attuazione, nonché le motivazioni, dell’astensione collettiva dal lavoro…”.
4.3. All’art. 12, primo comma, è previsto che “è istituita una Commissione di garanzia dell’attuazione della legge, al fine di valutare l’idoneità delle misure volte ad assicurare il contemperamento dell’esercizio del diritto di sciopero con il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente tutelati, di cui al comma 1 dell’articolo 1 (…)”
5. Con tale disciplina il legislatore ha inteso, da un lato, rivalutare il concetto del servizio pubblico essenziale, e, dall’altro, accordare una pari protezione – rispetto al diritto di sciopero – anche ad altri diritti della persona (sempre costituzionalmente tutelati), introducendosi regole disciplinanti il bilanciamento dei rispettivi sacrifici – dettate dall’articolo 2 della legge, che, non comprimendo in maniera assoluta l’esercizio del primo, pur tuttavia, pongono alcune limitazioni prescrivendo che lo stesso si svolga previo il rispetto di una determinata procedura e con modalità tali da consentire l’erogazione delle prestazioni indispensabili. In definitiva, il legislatore ha predisposto una serie di norme il cui oggetto “è il diritto di sciopero, la cui disciplina è riservata allo Stato, tenuto conto dell’esigenza di una sua regolamentazione omogenea in tutto il territorio nazionale, in modo da assicurare all’intera comunità una garanzia uniforme dei diritti fondamentali della persona, in vista dei quali la legge ha, appunto, introdotto limiti e condizioni alla possibilità di ricorso allo sciopero da parte di alcune categorie di lavoratori” (così testualmente Corte Cost., sent., n. 32 del 1991).
6. La legge n. 146 del 1990, con le successive modifiche introdotte dalla legge n. 83 del 2000, ha dunque lo scopo di tutelare beni fondamentali della persona ed impone giustificate limitazioni dirette ad evitare la compromissione di funzioni da considerare essenziali per il loro carattere di preminente interesse generale. Il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente tutelati, garantito dai servizi pubblici essenziali ha valore primario e prevalente. Le prestazioni individuate come indispensabili vanno in ogni caso assicurate e proprio a tal fine è predisposto un apparato sanzionatorio funzionale a garantire i servizi minimi essenziali ed a tutela degli interessi degli utenti. Alla Commissione di garanzia, quale autorità pubblica super partes ad alta competenza, è affidato il compito istituzionale di verificare i presupposti per l’applicabilità delle sanzioni collettive ed individuali nei confronti di tutti i protagonisti del conflitto. Anche di recente, questa Corte ha avallato Interpretazioni della disciplina in esame adeguate all’esigenza di garantire la prevalenza dei diritti della persona “alla vita, alla salute, alla libertà ed alla sicurezza, alla libertà di circolazione, all’assistenza e previdenza sociale, all’istruzione ed alla libertà di comunicazione” (cfr. art. 1, co. 1) rispetto ad astensioni collettive incidenti sulla funzionalità di servizi pubblici essenziali; all’opposto, vanno disattese interpretazioni che possano minare l’effettività del godimento, nel loro contenuto fondamentale, dei diritti medesimi (v. Cass. n. 2298 del 2019, in motivazione).
7. D’altra parte, un servizio, sebbene non espressamente citato nell’elenco (non tassativo) contenuto nella L. n. 146 del 1990, art. 1, comma 2, è qualificabile come servizio pubblico essenziale quando è funzionale alla tutela di beni di ancor maggiore rilievo costituzionale, quali la vita e la sicurezza delle persone (cfr. Cass. n. 17082 del 2011 che ha ritenuto tale il servizio di rimorchio nell’ambito dei porti, affermando che pertanto lo sciopero, in tale ambito, deve essere effettuato nel rispetto dell’obbligo di dare il preavviso minimo previsto dalla L. n. 146 del 1990, art. 2, commi 1 e 5, salvo che non ricorrano le situazioni considerate dal settimo comma della medesima norma).
8. Va poi considerato che la Regolamentazione provvisoria delle prestazioni indispensabili e delle altre misure di cui all’art. 2, comma 2, legge n. 146 del 1990, come modificata dalla legge n. 83 del 2000 nel settore del trasporto aereo, prevede, nell’ambito della disciplina comune al servizio finale “trasporto aereo”, all’art. 1 (Ambito di applicazione), primo comma, che “La presente regolamentazione riguarda i lavoratori, le pubbliche amministrazioni e le imprese che a qualsiasi titolo – ivi inclusi appalti, concessioni e sub-concessioni parziali o totali – concorrono alla erogazione di servizi funzionalmente connessi alle attività di aviazione civile e di navigazione aerea” e, al secondo comma, che “Rientrano nel campo di applicazione delle regole dettate in questa Regolamentazione provvisoria i seguenti servizi: – (…) -B. Servizi di sicurezza aeroportuale (…. controllo degli accessi al varco)”.
8.1. Nel contesto delle “Procedure di raffreddamento e conciliazione” è previsto, all’art. 29 (Ambito di applicazione della procedura) che “Sono esclusi dall’ambito di applicazione della seguente procedura: …. i servizi di sicurezza aeroportuale (…controllo dell’accesso al varco); …. Nell’ambito di questi servizi trovano applicazione le procedure contrattuali previste nell’ambito di ciascuna categoria, valutate idonee dalla Commissione, o in alternativa, la procedura amministrativa di cui all’art. 2, comma 2, della legge n. 146/1990 come modificata dalla legge n. 83/2000.”
9. In punto di fatto, è pacifico in giudizio che la società odierna ricorrente svolge attività all’interno dell’Aeroporto di Milano Malpensa, dove si occupa dei servizi di sicurezza consistenti nel controllo degli accessi ai varchi dell’area cargo, della radiogenatura delle spedizioni di merci in transito e di servizi di sottobordo, lavorando anche per compagnie esposte ad azioni terroristiche.
9.1. Oggetto del giudizio è il comportamento della società che, sulla base delle comunicazioni della Commissione di garanzia per la regolamentazione dello sciopero nei servizi pubblici essenziali, preso atto che non risultava proclamata alcuna azione di sciopero riguardante il settore del trasporto aereo, dapprima diramò una informativa al personale interessato invitandolo a non partecipare allo sciopero indetto da Filmcams-Cgil, in quanto relativo alla vigilanza privata e poi irrogò la sanzione disciplinare, per assenza ingiustificata, ad alcuni dipendenti, operatori all’interno dell’aeroporto per la vigilanza e sicurezza delle merci, che avevano aderito a tale sciopero.
10. Preliminarmente, deve rilevarsi che entrambi i passaggi argomentativi su cui la sentenza impugnata si fonda non possono ritenersi risolutivi della controversia. Se è vero che la comunicazione della Commissione di garanzia richiamata nelle informative della società CVC riguardava espressis verbis un’altra organizzazione sindacale, comunque è dirimente il dato oggettivo – non contestato in giudizio – che non risultava comunque indetto per il 4 aprile 20009 alcuno sciopero relativo al settore del trasporto aereo che interessasse l’aeroporto di Malpensa. Del pari irrilevante è l’altro passaggio argomentativo della Corte per cui, nell’ambito della vigilanza privata, la regolamentazione relativa alla proclamazione dello sciopero nella vigilanza privata non deve seguire le procedure di raffreddamento e conciliazione previste dalla regolamentazione dello sciopero nel trasporto aereo, ma quelle previste per la regolamentazione dello sciopero nello specifico settore di appartenenza. La motivazione della sentenza trascura di considerare il punto fondamentale, ossia che la disciplina di regolamentazione dello sciopero nei servizi pubblici essenziali si applica anche agli scioperi riguardanti il personale addetto alla vigilanza e ai controlli, con la “sola” esclusione delle procedure di raffreddamento e conciliazione, di talché l’effettiva osservanza delle procedure preliminari previste per la vigilanza privata non rende per ciò solo legittima l’adesione allo sciopero da parte del personale addetto ai servizi di vigilanza operanti nel servizio di sicurezza nel settore del trasporto aereo.
11. Deve così concludersi che, alla luce della disciplina legale e della regolamentazione relativa al trasporto aereo ed anche in conformità dell’interpretazione offerta dalla Commissione, l’attività riguardante i controlli di sicurezza, funzionali al trasporto aereo delle merci, sia riconducibile nei servizi aeroportuali. Difatti, tra i servizi pubblici essenziali da garantire in caso di sciopero sono stati previsti quelli di sicurezza aeroportuali, ivi compreso il controllo degli accessi al varco. Ne consegue che, in caso di sciopero del personale addetto alle suddette attività, trova applicazione la citata Regolamentazione provvisoria del trasporto aereo, con esclusione delle norme in materia di raffreddamento e conciliazione.
12. La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, che provvederà al riesame del merito, facendo applicazione del seguente principio di diritto: “I servizi di sicurezza aeroportuale rientrano nell’ambito dei servizi pubblici essenziali indicati nell’articolo 1 della legge n. 146 del 1990 e il diritto di sciopero che interessa tali servizi è esercitato nel rispetto di misure dirette a consentire l’erogazione delle prestazioni indispensabili per garantire le finalità di cui al comma 2 del medesimo articolo 1, con esclusione delle procedure di raffreddamento e conciliazione, nei termini previsti dalla regolamentazione provvisoria del trasporto aereo”.
13. Le spese del giudizio di legittimità saranno regolate in sede di giudizio di rinvio.
14. Tenuto conto dell’accoglimento del ricorso, non sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Milano in diversa composizione.
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