CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 02 ottobre 2020, n. 21108

Tributi – IVA – Attività di chiropratico – Esenzione – Condizioni – Natura sanitaria delle prestazioni – Assenza di regolamentazione – Accertamento – Prestazioni di cura alla persona e formazione qualificata del chiropratico

Fatti di causa

Emerge dalla narrativa della sentenza impugnata che D.B. ha ricevuto, per gli anni 2004 e 2005, avvisi di accertamento coi quali l’Agenzia delle entrate ha recuperato l’iva relativa all’attività paramedica da lui svolta, che il giudice d’appello ha ritenuto essere di fisioterapista.

La Commissione tributaria provinciale ha accolto il ricorso e quella regionale ha rigettato l’appello dell’Agenzia, in quanto, facendo appunto leva sull’attività di fisioterapista, ha ritenuto che essa fruisse del regime di esenzione previsto dall’art. 10, comma 1, n. 18, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.

Contro questa sentenza propone ricorso l’Agenzia per ottenerne la cassazione, che affida a tre motivi, cui il contribuente reagisce con controricorso.

Il giudizio proviene da adunanza camerale; in prossimità dell’udienza pubblica le parti depositano memoria.

Ragioni della decisione

1. – Col primo e col terzo motivo, da esaminare congiuntamente, perché connessi, l’Agenzia delle entrate lamenta: -ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., l’omesso esame del fatto decisivo dell’effettiva natura dell’attività svolta dal contribuente, di chiropratico e non già di fisioterapista (primo motivo);

– ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 10, comma 1, n. 18, del d.P.R. n. 633/72, là dove il giudice d’appello ha equiparato l’attività di chiropratico effettivamente svolta alle prestazioni di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona nell’esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza (terzo motivo).

1.1. – Va preliminarmente respinta l’eccezione d’inammissibilità del primo motivo di ricorso:

– anzitutto, diversamente da quanto ha sostenuto il sostituto procuratore generale in udienza, non è configurabile errore revocatorio a fronte dell’affermazione, contenuta nella motivazione della sentenza, che l’«Ufficio nulla oppone», sebbene in narrativa si dia atto che «…il ricorrente impugnava gli atti sostenendo che, contrariamente a quanto asserito dall’Ufficio egli non svolgeva attività professionale paramedica indipendente di chiropratico ma di fisioterapista…»; e ciò perché la natura dell’attività svolta dal contribuente costituiva giustappunto la materia controversa;

– inoltre, il motivo è calibrato sull’omessa considerazione del fatto storico rappresentato dalla presentazione dell’istanza d’interpello indicata in ricorso, valorizzata dall’Agenzia sin dal primo grado, con la quale, si espone, il contribuente aveva «…dichiarato di “offrire ai pazienti prestazioni di chiropratica”»; e, in quanto tale, è ammissibile in base al nuovo testo dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.

2. – Oltre che ammissibile, la censura complessivamente proposta è altresì fondata nei limiti che seguono.

2.1. – Fondata è appunto la censura concernente la motivazione, in base alle considerazioni già esposte.

D’altronde, lo stesso B. riporta in controricorso il contenuto degli avvisi di accertamento coi quali si fa appunto leva, al fine di escludere l’applicabilità dell’esenzione invocata, sull’attività di chiropratico, a conferma dell’impostazione sin dall’origine seguita dall’Agenzia.

3. – La questione di fatto così posta è decisiva in diritto.

Questa Corte ha stabilito che, in tema di iva, le prestazioni dei chiropratici non possono essere comprese tra quelle sanitarie che beneficiano dell’esenzione dal tributo, poiché l’art. 2, comma 355, della l. 24 dicembre 2007 n. 244, pur avendo inquadrato il chiropratico tra i professionisti sanitari di primo grado, rinvia a un regolamento di attuazione, mai adottato; ha quindi ritenuto questo regolamento indispensabile per individuare la tipologia delle prestazioni svolte e per disciplinare i profili della professione, secondo le linee indicate dagli art. 10, comma 1, n. 18, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e dall’art. 13 della sesta direttiva n. 77/388/CE, trasfuso nell’art. 132, par. 1, lett. c), della direttiva iva n. 112/2006/Ce (Cass. 28 ottobre 2014, nn. 22812, 22813 e 22814; 22 marzo 2019, n. 8145; 20 dicembre 2019, n. 34169).

3.1. – In effetti l’art. 10, comma 1, n. 18, del d.P.R. n. 633/72 stabilisce che l’esenzione si applica alle «…prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona nell’esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza, ai sensi dell’art. 99 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modificazioni, ovvero individuate con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro delle finanze».

Dal canto suo l’art. 99 del t.u.I.s. prevede la possibilità di ampliare il novero delle arti ausiliarie delle professioni sanitarie (che già comprende quelle «dell’odontotecnico, dell’ottico, del meccanico ortopedico ed ernista e dell’infermiere abilitato o autorizzato, compresi in quest’ultima categoria i capi bagnini degli stabilimenti idroterapici e i massaggiatori») alle attività sanitarie sottoposte a vigilanza, purché si tratti di «…arti che comunque abbiano rapporto con l’esercizio delle professioni sanitarie, secondo le norme che sono determinate nel decreto medesimo».

3.2. – La disposizione è conforme al diritto unionale, il quale riserva l’esenzione alla prestazione diretta alla diagnosi, alla cura e, nella misura del possibile, alla guarigione di malattie o di problemi di salute (da ultimo, Corte giust. 8 settembre 2019, causa C-700/17, Peters, punto 20), che sia, peraltro, resa nell’esercizio di una professione medica o paramedica, come definita dagli Stati membri.

Anche la norma di diritto interno prevede difatti che la prestazione esentata abbia contenuto sanitario e sia resa nell’esercizio di professione sanitaria o di arte a questa ausiliaria soggetta a vigilanza.

3.3. – Il punto è che il diritto nazionale presenta un quadro frammentato e incompleto dell’attività di chiropratica.

L’art. 2, comma 355, della l. n. 244/07 riconosce che il laureato in chiropratica ha il titolo di dottore ed esercita la propria attività come professionista sanitario di grado primario nel campo del diritto alla salute e, quindi, annette validità scientifica e professionale in Italia all’attività di chiropratico.

Ma, di là dall’omessa istituzione del registro dei dottori in chiropratica, neanche il corso di laurea magistrale in chiropratica è stato attivato nell’ordinamento italiano.

Soltanto l’art. 7 della I. 11 gennaio 2018, n. 3, rubricato “Individuazione e istituzione delle professioni sanitarie dell’osteopata e del chiropratico”, ha stabilito che:

«1. Nell’ambito delle professioni sanitarie sono individuate le professioni dell’osteopata e del chiropratico, per l’istituzione delle quali si applica la procedura di cui all’articolo 5, comma 2, della legge 1 ° febbraio 2006, n. 43, come sostituito dall’articolo 6 della presente legge. 2. Con accordo stipulato in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti l’ambito di attività e le funzioni caratterizzanti le professioni dell’osteopata e del chiropratico, i criteri di valutazione dell’esperienza professionale nonché i criteri per il riconoscimento dei titoli equipollenti. Con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, acquisito il parere del Consiglio universitario nazionale e del Consiglio superiore di sanità, sono definiti l’ordinamento didattico della formazione universitaria in osteopatia e in chiropratica nonché gli eventuali percorsi formativi integrativi».

4. – Ciononostante, la giurisprudenza unionale ha aperto all’esenzione da iva l’attività svolta, tra gli altri, dai chiropratici.

Quanto alla prima condizione richiesta per l’esenzione, ossia la natura sanitaria dell’attività, la Corte di giustizia (con sentenza 27 giugno 2019, causa C-597/17, Belgisch Syndicaat van Chiropraxie e Bart Vandendries e altri) mostra di non dubitare, sia pure con riguardo a quanto esposto dal giudice del rinvio, che «coloro che esercitano le professioni di cui trattasi nel procedimento principale (ossia quelle di chiropratici e di osteopati) effettuano senz’altro prestazioni sanitarie alla persona, in quanto propongono trattamenti che vengono svolti allo scopo di curare e, nei limiti del possibile, guarire malattie o anomalie della salute» (punto 20).

4.1. – Ma anche la seconda condizione, ossia il fatto che l’attività sia resa nell’esercizio di una professione medica o paramedica, è intesa in senso ampio.

E ciò perché, per un verso, l’ambito regolamentare dello Stato membro interessato costituisce solo un elemento, tra gli altri, da prendere in considerazione per stabilire se un soggetto passivo possieda le qualifiche professionali necessarie affinché gli si possa applicare l’esenzione. Sicché non è da escludere che coloro che svolgono le prestazioni fuori da tale ambito comunque dispongano delle qualifiche necessarie per garantire cure di livello qualitativo sufficiente per essere considerate simili a quelle proposte dagli appartenenti all’ambito regolamentato, soprattutto se abbiano seguito un percorso formativo proposto da istituti di insegnamento riconosciuti dallo Stato.

Quel che importa, dunque, è che le prestazioni sanitarie alla persona presentino un livello di qualità sufficiente.

4.2. – Anche se spetta agli Stati membri verificare che i prestatori di cure interessati possiedano le qualifiche professionali a tal fine necessarie, dunque (come riconosce Corte giust. 27 aprile 2006, cause C-443/04 e C-444/04, Solleveld e vari den Hout-van Eijnsbergen, punti 37 e 38), ciò non necessariamente significa che i prestatori in questione esercitino una professione disciplinata dalla normativa dello Stato membro interessato (Corte giust. in causa C- 597/17, cit., punto 27): «possono quindi essere prese in considerazione altre efficaci modalità di controllo delle loro qualifiche professionali, in funzione dell’organizzazione delle professioni mediche e paramediche in tale Stato membro».

4.3. – E ciò anche al fine di garantire il rispetto del principio di neutralità fiscale, il quale osta a che prestazioni simili, che si trovano quindi in concorrenza fra loro, siano trattate in modo diverso ai fini dell’iva: basti considerare, sul punto, il novero delle arti ausiliarie alle professioni sanitarie indicate sopra, sub 3.1).

4.4. – Occorre quindi verificare, anzitutto che le prestazioni rese dal contribuente fossero di natura sanitaria, nell’accezione sopra indicata; inoltre, anche in mancanza di regolamentazione della professione di chiropratico all’epoca dei fatti, che il contribuente fosse munito di formazione somministrata da istituti d’insegnamento riconosciuti dallo Stato e che l’attività sia qualitativamente sufficiente ad offrire la cura della persona.

5. – La censura va quindi accolta in questi termini.

6. – Quest’accoglimento comporta l’assorbimento del secondo motivo di ricorso, col quale si denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 51 del d.P.R. n. 633/72 e dell’art. 2697 c.c., e la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Liguria in diversa composizione, che si atterrà al seguente principio di diritto:

In tema di Iva, il riconoscimento dell’esenzione, prevista dall’art. 10, comma 1, n. 18, del d.P.R. n. 633/72, al chiropratico che rende una prestazione di cura alla persona, richiede l’accertamento che la prestazione garantisca un sufficiente livello di qualità e che chi la rende sia munito di formazione adeguata somministrata da istituti d’insegnamento riconosciuti dallo Stato, anche in mancanza dell’istituzione del registro dei dottori in chiropratica e dell’attivazione del relativo corso di laurea magistrale“.

P.Q.M.

Accoglie il primo e il terzo motivo, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Liguria in diversa composizione.