CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 03 agosto 2018, n. 20503
Ricorso alla CIGS – Licenziamento – Mancata accettazione del collocamento in mobilità – Continuazione del ricorso alla CIGS per altri dipendenti – Verbale di conciliazione – Rinuncia del lavoratore ad impugnare il licenziamento – Ricorso inammissibile – Interpretazione del contenuto di un atto negoziale compito esclusivo del giudice del merito, trattandosi di un accertamento di fatto
Svolgimento del processo
Con ricorso ex art. 1 c. 47 della L. 92/2012, L. B. S. adiva il Tribunale di Padova deducendo di essere stato assunto da Z. s.r.l. in data 6.10.94 con mansioni di operaio specializzato ed inquadramento nel quarto livello ai sensi del CCNL per l’industria metalmeccanica.
Deduceva che l’azienda era stata per buona parte ceduta alla N. F. Z. s.r.l. e che, quanto ai dipendenti residui, in data 29 ottobre 2012 la datrice di lavoro aveva chiesto l’autorizzazione a ricorrere alla CIGS; con verbale sottoscritto da Z. s.r.l., in a.s. dal 2009, con la FIOM-CGIL in data 16.10.13 era stato concordato che al termine della CIGS sarebbe stato collocato in mobilità il personale che avesse accettato.
Esponeva di essere stato licenziato in data 17.10.13, pur non avendo mai manifestato una accettazione del collocamento in mobilità, e di avere ritualmente impugnato il recesso; aggiungeva che dopo il suo licenziamento era continuato il ricorso alla CIGS per altri dipendenti.
Si costituiva in giudizio la Z. s.r.l. in liquidazione, deducendo che in data 24.7.12 il lavoratore aveva sottoscritto un verbale di conciliazione avente ad oggetto la rinuncia del lavoratore ad impugnare il licenziamento a fronte di un incentivo all’esodo di euro 8.200,00 e una integrazione mensile del trattamento di CIG. Chiedeva pertanto il rigetto delle domande avversarie e, in caso di loro accoglimento, la condanna del lavoratore alla restituzione dell’importo di euro 10.000,00 a titolo di ingiustificato arricchimento.
Il Giudice della fase sommaria – premesso che il verbale di conciliazione sottoscritto dal signor B. S. e Z. s.r.l. in data 24.7.12 contemplava il licenziamento del lavoratore “alla scadenza della CIGS”, mentre dopo il recesso Z. in a.s. aveva beneficiato di un ulteriore periodo di CIGS – accertava la perdurante sussistenza del rapporto di lavoro tra le parti e per l’effetto condannava la detta Z. in a.s. a corrispondere al lavoratore quanto il medesimo avrebbe percepito a titolo di CIGS in assenza di licenziamento, oltre che alla rifusione delle spese processuali.
Il Giudice della fase di opposizione rilevava (oltre al fatto, già valorizzato dai primo giudice, che la CIGS era continuata dopo il recesso) che il lavoratore mai aveva espresso il proprio consenso al collocamento in mobilità, essendo il verbale di conciliazione sottoscritto in data 24.7.12 e la previsione ivi contenuta di un incentivo all’esodo da riferirsi alla rinuncia del lavoratore alla continuazione dei rapporto alle dipendenze della N. Z. F. s.r.l., e non alla cessazione del rapporto con la “vecchia” Z. Per l’effetto accertava l’illegittimità del licenziamento intimato al L., e condannava Z. s.r.l. in a.s. a reintegrare il lavoratore ed a corrispondergli il risarcimento del danno in applicazione dell’art. 18, c. 4, st. lav., oltre che alla rifusione delle spese di lite.
A seguito di reclamo proposto dalla Z., la Corte d’appello di Venezia, con sentenza depositata il 30.10.15, in riforma della sentenza resa in fase di opposizione, rigettava tutte le domande del lavoratore, compensando tra le parti le spese di lite, ritenendo che gli accordi conciliativi stipulati dal L. il 24 e 27.7.12 giustificassero il licenziamento del lavoratore, prevedendo la cessazione del rapporto alla scadenza della CIGS (approssimativamente indicata al settembre 2013 e di fatto scaduta il 18.10.13) con collocazione in mobilità e corresponsione di una indennità aggiuntiva all’integrazione salariale (€ 150 mensili), oltre all’importo di €.8.200 a titolo di incentivo all’esodo, somme che il L. aveva ricevuto ed accettato, sicché non rilevava la successiva integrazione salariale dal 19.10.13 allorquando la fattispecie estintiva del rapporto di lavoro si era già verificata, evidenziando peraltro che non vi erano contestazioni circa la ricomprensione del L. nella categoria dei 23 dipendenti da collocare in mobilità, come già accertato dal Tribunale.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il S., affidato a sei motivi.
Resiste la Z. s.r.l. in a.s. con controricorso, contenente ricorso incidentale condizionato, illustrato con memoria.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli art. 329, 342 e 434 c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., nella parte in cui la sentenza impugnata aveva riformato un capo della sentenza di opposizione non devolutole con il reclamo della società.
Lamenta che il terzo motivo di reclamo formulato da Z. s.r.l in a.s., accolto dalla Corte d’appello di Venezia, verteva sostanzialmente sulla interpretazione del passo del verbale di conciliazione sottoscritto dalle parti in data (24.7.12), che prevedeva: “3. Per il lavoratore sottoscrivente il presente verbale di conciliazione ex art. 411 c.p.c., il Commissario straordinario promuoverà la procedura di CIGS per cessazione attività con mobilità volontaria ai sensi degli artt. 3 e 4 L. n. 223/91, nel cui verbale di accordo sarà previsto: – la cessazione del rapporto di lavoro alla scadenza della CIGS (indicativamente 20.9.13) con collocazione in mobilità e corresponsione di una indennità aggiuntiva (€ 150 mensili) alla CIGS, ed un importo lordo di € 8.200 a titolo di incentivo all’esodo che secondo il Tribunale dell’opposizione con il verbale suddetto il lavoratore aveva inteso definire solo la sua posizione rispetto alle F. Z. e cioè alla N., e tale capo della sentenza non era stato impugnato dalla Z. s.r.l.
Il motivo è inammissibile non avendo il ricorrente prodotto l’atto di reclamo della Z. s.r.l., né il verbale di conciliazione, sicché non può che richiamarsi quanto affermato dalle sez.un. di questa Corte (sent. n. 8077/12), secondo cui quando col ricorso per cassazione venga denunciato un vizio che comporti la nullità del procedimento o della sentenza impugnata, sostanziandosi nel compimento di un’attività deviante rispetto ad un modello legale rigorosamente prescritto dal legislatore, ed in particolare un vizio afferente alla nullità dell’atto introduttivo del giudizio per indeterminatezza dell’oggetto della domanda o delle ragioni poste a suo fondamento, il giudice di legittimità non deve limitare la propria cognizione all’esame della sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato la questione, ma è investito del potere di esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, purché la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformità alle regole fissate al riguardo dal codice di rito (ed oggi quindi, in particolare, in conformità alle prescrizioni dettate dagli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ.).
Il motivo coinvolge comunque l’interpretazione di un atto negoziale ad opera del giudice di merito, operazione comportante un giudizio di fatto, non sindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, non potendosi peraltro ritenere idonea ad integrare valido motivo di ricorso per cassazione una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice di merito che si risolva solamente nella contrapposizione di una diversa interpretazione ritenuta corretta dalla parte (ex aliis, Cass. ord. 27.3.12 n. 4919).
2. Con secondo motivo il lavoratore denuncia la violazione degli artt. 100, 233, 329, 336, 342, 434, 352 e 437 c.p.c.; lamenta che la sentenza del Tribunale era sorretta da una pluralità di ragioni distinte ed autonome sicché il reclamo della società, che ne censurava solo una (tempestività del recesso rispetto alla continuazione del trattamento CIGS), e non quella della ritenuta (dal Tribunale) mancanza di consenso del lavoratore al collocamento in mobilità, era inammissibile.
Il motivo è inammissibile per le stesse ragioni di cui alla prima censura (omessa produzione dell’atto di reclamo), cui aggiungasi che il ricorrente finisce poi per contestare un logico e decisivo accertamento di fatto compiuto dalla corte di merito in ordine alla complessiva vicenda negoziale (ed in particolare circa l’accettazione dell’accordo risolutivo), nel regime di cui al novellato n. 5 dell’art. 360, co. 1, c.p.c.
3. Col terzo motivo il lavoratore denuncia la violazione degli artt. da 1362 a 1372 c.c. in ordine all’interpretazione del verbale di accordo sindacale 24.7.12 in punto di assenso del lavoratore al collocamento in mobilità.
Il motivo è inammissibile, per le ragioni sopra esposte, oltre che per non avere il lavoratore prodotto il suddetto accordo.
4. Con quarto motivo il L. denuncia l’omesso esame di due fatti decisivi per il giudizio: l’ascrivibilità dell’incentivo alla cessazione del rapporto con Z. s.r.l. piuttosto che alla rinuncia a proseguire il rapporto con Z. F.; rilevanza dell’accettazione senza riserve dell’incentivo all’esodo.
Il motivo, regolato dal novellato n. 5 dell’art. 360 c.p.c., è infondato, per avere la sentenza impugnata esaminato i fatti, come sopra detto, peraltro congruamente motivando sui punti evidenziati.
5. Col quinto motivo il lavoratore denuncia la violazione degli artt. da 1362 a 1372 c.c. in ordine all’interpretazione del verbale di accordo 24.7.12 ed in particolare circa il momento in cui il lavoratore avrebbe potuto essere legittimamente licenziato.
Il motivo è inammissibile, coinvolgendo una interpretazione del contenuto di un atto negoziale che è compito esclusivo del giudice del merito, trattandosi di un accertamento di fatto (Cass. n. 22893/08) il cui risultato non è sindacabile in sede di giudizio di legittimità se, come nella specie, congruamente motivato, non potendosi peraltro ritenere idonea ad integrare valido motivo di ricorso per cassazione una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice di merito che si risolva solamente nella contrapposizione di una diversa interpretazione ritenuta corretta dalla parte (Cass. ord. 27.3.12 n. 4919; Cass. 27.2.09 n. 4851; Cass. 18.4.08 n. 10203; Cass. n. 17323/04; Cass. n. 219/04). A ciò aggiungasi che l’accordo in questione non risulta prodotto, in contrasto con l’art. 369, co. 2, n. 4 c.p.c.
6. Col sesto motivo il lavoratore denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo, e cioè la interruzione della CIGS di tutto il personale ancora in forza alla Z. s.r.l. in a.s. dopo il 18.10.12.
Lamenta che non vi fu alcuna cesura temporale al riguardo.
Anche tale motivo è inammissibile riguardando un accertamento di fatto svolto dal giudice di merito, che ha peraltro congruamente evidenziato che il riferimento alla ‘scadenza’ della CIGS, contenuta nel verbale conciliativo del 24.7.12 non poteva che riguardare il periodo di integrazione salariale conclusosi il 18.10.13 e non il ciclo successivo autorizzato a seguito di richiesta della società in data 6.11.13.
7. Il ricorso principale deve essere pertanto rigettato, restando assorbito l’incidentale condizionato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale condizionato. Condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi, € 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115/02, nel testo risultante dalla L. 24.12.12 n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il relativo ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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