CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 03 aprile 2019, n. 9218
Tributi – Accertamento – Dichiarazioni fiscali – Riscossione – Prestazioni sanitarie – Ricorso per Cassazione
Fatti di causa
1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, depositata il 7 ottobre 2011, di reiezione dell’appello dalla medesima proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso della V.M. s.p.a. per l’annullamento dell’avviso di accertamento con cui, relativamente all’anno 1999, era stata rettificata la dichiarazione ai fini I.V.A. e I.R.A.P. e recuperate le imposte non versate.
2. Dall’esame della sentenza impugnata si evince che con l’atto impositivo impugnato l’Ufficio aveva contestato il mancato assoggettamento all’imposta di alcune prestazioni rese dalla contribuente.
2.1. Il giudice di appello, confermando la decisione della Commissione provinciale, ha respinto il gravame dell’Amministrazione finanziaria ritenendo che le prestazioni in esame, risolvendosi in vere e proprie prestazioni sanitarie, rientravano nell’ambito della esenzione oggettiva prevista dall’art. 10, n. 18, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
3. Il ricorso è affidato ad un unico motivo.
4. Resiste con controricorso la V.M. s.p.a. in liquidazione.
Ragioni della decisione
1. Va preliminarmente evidenziata l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità del ricorso per decadenza dal potere di impugnazione in relazione all’asserito mancato rispetto del termine semestrale previsto dall’art. 327 c.p.c., così come modificato ad opera dell’art. 46, comma 17, I. 18 giugno 2009, n. 69.
Infatti, la modifica dell’art. 327 c.p.c., che ha sostituito con il termine di decadenza di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza l’originario termine annuale, è applicabile, ai sensi dell’art. 58, primo comma, della menzionata I. n. 69 del 2009, ai soli giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore e, quindi, dal 4 luglio 2009, restando irrilevante il momento dell’instaurazione di una successiva fase o di un successivo grado di giudizio (cfr., da ultimo, Cass., ord., 17 luglio 2018, n. 19979).
Poiché il presente giudizio è stato instaurato prima di tale data, atteso che la sentenza di primo grado è stata emessa, secondo quanto concordemente riferito da entrambe le parti il 19 giugno 2009, l’eccezione si presenta priva di fondamento.
2. Va, del pari, disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dalla controricorrente per violazione del principio di autosufficienza, atteso che il ricorso per cassazione proposto dalla ricorrente contiene una chiara ed esauriente esposizione dei fatti di causa, comprensiva di tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimità in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo.
3. Nel merito, con l’unico motivo di ricorso proposto l’Agenzia delle Entrate denuncia la violazione dell’art. 10, nn. 18 e 19, d.P.R. n. 633 del 1972, per aver la sentenza impugnata ritenuto che fossero esenti dall’I.V.A. le prestazioni rilevate nell’atto impositivo, benché rese da una casa di cura non convenzionata.
3.1. Il motivo è fondato.
Occorre premettere, ai fini di una migliore e corretta comprensione della vicenda, che la contestazione operata con l’atto impositivo impugnato verte sul mancato assoggettamento all’I.V.A. di alcune prestazioni rese dalla società contribuente, tra cui quelle relative a servizi di degenza offerti a pazienti, non riconducibili, secondo l’Ufficio, all’esenzione dall’imposta prevista dall’art. 10, n. 19), d.P.R. n. 633 del 1972, per difetto di convenzione.
Orbene, va rammentato che tale norma, nella formulazione applicabile ratione temporis, esonera dall’i.v.a. «le prestazioni di ricovero e cura rese da enti ospedalieri o da cliniche e case di cura convenzionate nonché da società di mutuo soccorso con personalità giuridica e da ONLUS, compresa la somministrazione di medicinali, presidi sanitari e vitto, nonché le prestazioni di cura rese da stabilimenti termali».
Tali disposizioni risultano coerenti con quanto stabilito dalla Sesta direttiva del Consiglio del 17 maggio 1977 in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile (77/388/CEE), la quale, all’art. 13, parte A), n. 1, prevede l’esonero dall’imposta per l’ospedalizzazione e le cure mediche nonché le operazioni ad esse strettamente connesse, assicurate da organismi di diritto pubblico oppure, a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per i medesimi, da istituti ospedalieri, centri medici e diagnostici e altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti (lett. b).
La fattispecie in esame prende in considerazione un novero di prestazioni accessorie rispetto alla cura del paziente offerte dagli istituti di cura, quali, ad esempio, quelle di ricovero e di vitto in caso di degenza e ne subordina l’esenzione alla natura pubblica o, comunque, non lucrativa dell’istituto medesimo ovvero, in caso di soggetto con scopo di lucro, al previo convenzionamento.
Orbene, la Commissione regionale, nel riconoscere l’esenzione dall’imposta a tutte le prestazioni sanitarie prese in considerazione dall’atto impositivo rese dalla contribuente, società lucrativa non in regime di convenzione, ivi incluse quelle per la degenza dei pazienti, non ha fatto corretta applicazione dei principi suesposti.
4. La sentenza impugnata va, dunque cassata e rinviata, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione.
P.Q.M.
Accoglie ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione.
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