CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 03 dicembre 2021, n. 38296
Tributi – Reddito d’impresa – Determinazione – Costi – Deducibilità – Acquisto di carburante depositato in cisterna – Prova di rifornimento dei propri automezzi – Necessità
Fatti di causa
Con l’avviso di accertamento impugnato l’Agenzia delle Entrate di Pagani, a seguito di PVC della GdF, accertava maggiori ricavi per vendite in evasione in capo alla società ricorrente; soprattutto (e specialmente per quanto qui di interesse) disconosceva in quanto non inerenti costi – ai fini IRES, IRAP ed IVA – relativi a spese per carburanti, manutenzione automezzi e pubblicità.
In particolare, i rilievi si appuntavano, quanto alle spese per carburanti, alla mancata indicazione nelle apposite schede utilizzate per la loro contabilizzazione, delle targhe dei mezzi riforniti.
La società contribuente impugnava l’atto sopradetto di fronte alla CTP di Salerno, che accoglieva il ricorso. Appellava l’Ufficio e la CTR con la sentenza qui gravata riformava in parte la pronuncia di primo grado statuendo la legittimità dell’avviso di accertamento impugnato con l’esclusione dei costi di pubblicità che riteneva deducibili.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione la società contribuente con atto affidato a se:te motivi; l’Amministrazione Finanziaria resiste con controricorso.
Ragioni della decisione
Il primo motivo denuncia la nullità della sentenza e del procedimento ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 4 c.p.c. con riferimento all’art. 53 d. Lgs. n. 546 del 1992 per avere la CTR mancato di rilevare l’inammissibilità dell’appello dell’Ufficio in quanti difettoso della esposizione sommaria dei fatti, dell’oggetto della domanda e dei motivi specifici.
Il motivo è infondato.
Dalla lettura della pronuncia impugnata si evince come la CTR abbia nel concreto esaminato nel merito le censure rivolte dall’appellante Ufficio alla sentenza di primo grado; deve quindi ritenersi che le stesse siano state – come pure si rileva dalla lettura dell’atto di appello prodotto da parte ricorrente in questo giudizio di Legittimità – adeguatamente specifiche.
Il secondo motivo censura la pronuncia gravata per violazione e falsa applicazione di legge ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. con riferimento all’art. 115 c.p.c. e all’art. 57 d. Lgs. n. 546 del 1992 per avere la CTR mancato di ritenere circostanza pacifica, quindi non valutata, la presenza in loco presso la società contribuente di una cisterna di carburante installata presso la stessa e utilizzata per il rifornimento degli autoveicoli della Ortofrutticola I.N. s.r.l.
Il motivo è inammissibile.
In primo luogo, come costantemente affermato da questa Corte anche recentemente (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 29730 del 29/12/2020) il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prova che ritenga più attendibili e idonee alla formazione dello stesso, né gli è richiesto di dar conto, nella motivazione, dell’esame di tutte le allegazioni e prospettazioni delle parti e di tutte le prove acquisite al processo, essendo sufficiente che egli esponga – in maniera concisa ma logicamente adeguata – gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione e le prove ritenute idonee a confortarla, dovendo reputarsi implicitamente disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo svolto.
Pertanto, nel ritenere non provata l’inerenza dei costi per carburante, la CTR ha operato una valutazione in fatto – che le competeva in modo esclusivo – dandone conto in osservanza dei sopra richiamati principi. Inoltre, con riferimento alla circostanza denunciata, la stessa è anche espressamente tenuta in conto dalla sentenza d’appello nella parte in cui, dopo aver esaurito l’esame dei profili relativi alla prova di acquisti documentati con le schede carburanti, afferma che per gli acquisti eseguiti al di fuori degli impianti di distribuzione “resta però in questo caso, a carico del soggetto acquirente di dimostrare l’effettivo utilizzo del carburante per i propri automezzi” (pag. 3 primo capoverso della sentenza impugnata).
Il terzo motivo si incentra sulla omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e, decisivo della controversia ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 5 c.p.c. per non avere la CTR rispettato il giudicato interno formatosi con riguardo all’affermazione della CTP relativa alla presenza della cisterna interna, che giustificherebbe secondo il giudice di primo grado la mancata compilazione di schede carburanti.
Il motivo è infondato.
Va premesso che ai fini della selezione delle questioni, di fatto o di diritto, suscettibili di devoluzione e, quindi, di giudicato interno se non censurate in appello, la locuzione giurisprudenziale “minima unità suscettibile di acquisire la stabilità del giudicato interno” individua la sequenza logica costituita dal fatto, dalla norma e dall’effetto giuridico, ossia la statuizione che affermi l’esistenza di un fatto sussumibile sotto una norma che ad esso ricolleghi un dato effetto giuridico. Ne consegue che, sebbene ciascun elemento di detta sequenza possa essere oggetto di singolo motivo di appello, nondimeno l’impugnazione motivata anche in ordine ad uno solo di essi riapre la cognizione sull’intera statuizione.
Nello specifico, come è noto e consolidato nella giurisprudenza di questa Corte di Legittimità (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 12649 del 25/06/2020) la formazione della cosa giudicata su un capo della sentenza per mancata impugnazione può verificarsi solo con riferimento ai capi che siano completamente autonomi perché fondati su distinti presupposti di fatto e di diritto, sicché l’acquiescenza alle parti della sentenza non impugnata non si verifica quando queste si pongano in nesso conseguenziale con altra e trovino in essa il suo presupposto.
Come si evince dalla lettura della sentenza gravata oltre che dall’atto di appello, le contestazioni dell’Ufficio alla pronuncia di prime cure coinvolgevano l’accertamento in fatto operato quanto alla prova dell’inerenza dei costi per spese di rifornimento, alla luce delle complessive risultanze di fatto consistenti anche nella rilevata incompleta compilazione delle schede carburanti e comunque (quanto anche alla presenza della cisterna) nel difetto di prova dell’utilizzo per fini imprenditoriali del carburante depositato nella cisterna in parola: tal prova riteneva difettare l’Ufficio e in conformità ha deciso la CTR.
Va infatti tenuto presente il carattere devolutivo dell’appello, mezzo non limitato al controllo di vizi specifici, come il ricorso per cassazione ma rivolto ad ottenere il riesame della causa nel merito (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 4784 del 28/02/2011; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 3064 del 29/02/2012).
E ciò in quanto (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 9202 del 13/04/2018) l’effetto devolutivo dell’appello entro i limiti dei motivi d’impugnazione preclude al giudice del gravame esclusivamente di estendere le sue statuizioni a punti che non siano compresi, neanche implicitamente, nel tema del dibattito esposto nei motivi d’impugnazione, mentre non viola il principio del “tantum devolutum quantum appellatum” il giudice di appello che fondi la decisione su ragioni che, pur non specificamente fatte valere dall’appellante, tuttavia appaiano, nell’ambito della censura proposta, in rapporto di diretta connessione con quelle espressamente dedotte nei motivi stessi, costituendone necessario antecedente logico e giuridico. E qui il disconoscimento dei costi per carburante trova antecedente logico e giuridico del difetto di compilazione delle schede carburanti che sono lo strumento unico previsto per la contabilizzazione prima e la deduzione poi delle spese in parola. Nel giudizio d’appello, infatti, il giudice può riesaminare l’intera vicenda nel complesso dei suoi aspetti, purché tale indagine non travalichi i margini della richiesta, coinvolgendo punti decisivi della statuizione impugnata suscettibili di acquisire forza di giudicato interno in assenza di contestazione, e decidere, con pronunzia che ha natura ed effetto sostitutivo di quella gravata, anche sulla base di ragioni diverse da quelle svolte nei motivi d’impugnazione.
Il quarto motivo censura la pronuncia gravata per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione nonché violazione e falsa applicazione di legge – ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 5 e n 3 c.p.c. con riferimento all’art. 109 c. 5 TUIR e all’art. 2697 c.c. per avere la CTR erroneamente ritenuto non deducibili i costi per spese di rifornimento relativi al carburante di un intero anno operando un mero riferimento ad altra fattispecie, relativa alla detrazione Iva;
tal motivo può esaminarsi congiuntamente sia con il quinto motivo, che denuncia la violazione e falsa applicazione di legge con riferimento all’art. 6 del d.P.R. n. 444 del 1997 nonché all’art. 2 della L. n. 31 del 1977, del d.P.R. n. 277 del 2000 e degli artt. 19 e 25 del d.P.R. n. 633 del 1972 per avere la CTR erroneamente ritenuto applicabile alla presente fattispecie le norme in tema di schede carburanti, che in realtà sarebbe irrilevante in quanto gli automezzi dell’impresa erano riforniti direttamente in house dalla nota cisterna, sia con il sesto motivo, incentrato sulla violazione degli artt. 19 e 25 del d.P.R. n. 633 del 1972 nonché degli artt. 17 e seguenti della Dir. CEE n. 388 del 1977 per avere la CTR mancato di riconoscere la detrazione dell’Iva sugli acquisti di carburante in presenza dei requisiti di legge, con ciò violando i principi e le disposizioni eurounitarie in materia di neutralità del tributo.
Tali motivi sono inammissibili.
Gli stessi infatti propongono una questione di diritto relativa alla possibilità per il contribuente di dar prova dell’inerenza dei costi per carburanti – ai fini dell’imposizione reddituale e dell’Iva – con mezzi di prova diversi e ulteriori rispetto a quelli previsti dalle disposizioni richiamate, che impongono la compilazione in ogni sua parte delle schede carburanti, compresa l’indicazione delle targhe dei mezzi riforniti.
La ratio della disposizione è evidentemente quella di consentire in sede di controllo di aver contezza della destinazione del carburante a finalità d’impresa (in quanto trasferito nei serbatoi dei mezzi utilizzati dall’imprenditore) e non per altre finalità . personali (in quanto trasferito nei serbatoi di mezzi di proprietà o nella disponibilità di altri, quindi non strumentali all’esercizio dell’impresa).
Tali considerazioni, però, sono state superate dall’accertamento in fatto operato dalla CTR: essa da un canto ha ritenuto che per gli acquisti operati presso gli impianti stradali di distribuzioni fosse indispensabile l’utilizzo della scheda carburanti (“la scheda carburante deve essere utilizzata per gli acquisti di carburante per autotrazione effettuati presso gli impianti stradali di distribuzione da parte dei soggetti Iva nell’esercizio di imprese, arti e professioni e non si applica quindi per gli acquisti effettuati fuori da tali impianti ci distribuzione” — pag. 3 primo capoverso della sentenza impugnata), con ciò conformandosi dalla giurisprudenza di questa Corte secondo la quale (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 21036 del 02/10/2020;Cass.Sez. 5, Ordinanza n. 25663 del 15/10/2018) ai fini della deducibilità e della detraibilità dell’ IVA dai costi per gli acquisti di carburanti per autotrazione, il contribuente utilizzatore può ritenersi esonerato dall’obbligo di redazione della scheda carburante di cui all’art. 1 del d.P.R. n. 444 del 1997 solo nel caso in cui il suo rapporto con la società gestore degli impianti di erogazione sia riconducibile al contratto di “netting” – che prevede la stipula di un duplice contratto di somministrazione, l’uno tra la compagnia petrolifera e la società che effettua il rifornimento a mezzo di tessere magnetiche e l’altro tra compagnia petrolifera e gestore dell’impianto, attraverso il quale viene effettuata l’erogazione del carburante – mentre è esclusa nel caso in cui sia stato sottoscritto un contratto di somministrazione tra gestore degli impianti di distribuzione e cliente finale.
Ancora, si è precisato quanto al contenuto di tali documenti – che svolgono la funzione ai fini Iva di cui all’art. 21 d.P.R. n. 633 del 1972 – come (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 22918 del 26/09/2018) sia in tema di tributi erariali diretti sia di IVA, la possibilità di dedurre le spese per i consumi di carburante per autotrazione e di detrarre dall’imposta dovuta quella assolta per il suo acquisto) è subordinata al fatto che le cosiddette “schede carburanti”, che l’addetto alla distribuzione è tenuto a rilasciare, siano complete in ogni loro p3rte e debitamente sottoscritte, senza che l’adempimento, a tal fine d sposto, ammetta equipollente alcuno, e quindi del tutto indipendentemente dall’avvenuta contabilizzazione dell’operazione nelle scritture dell’impresa.
Tal rigore formale si giustifica dovendosi, come già accennato, evitare che venga a mancare ogni garanzia circa l’identità del veicolo rifornito e l’effettiva riferibilità del relativo costo all’attività di impresa; di qui la previsione ridetta.
D’altro canto, poi, prendendo in esame gli acquisti di carburante operati per altra via, quindi direttamente dalla società petrolifera (evidentemente è l’operazione alla quale si fa riferimento invero anche in ricorso per cassazione a pag. 9, illustrando la presenza del DDT e individuando tal fornitore nell’AGIP), la CTR viene ad esaminare correttamente proprio la diversa situazione in cui non trovi applicazione l’uso delle schede carburanti. Sul punto il giudice dell’appello chiarisce che “resta però in questo caso, a carico del soggetto acquirente di dimostrare l’effettivo utilizzo del carburante per i propri automezzi” (pag. 3 della sentenza, primo capoverso ultimo periodo).
La CTR quindi fa qui riferimento, nello sviluppo della propria analisi dei fatti, alla prova relativa non all’acquisto dei carburanti da parte di Ortofrutticola I.N.s.r.l. (che si rfornisce per quanto riguarda la cisterna interna da AGIP) ma alla prova – vedente su altra circostanza – dell’utilizzo di tal carburante per il rifornimento dei propri automezzi e non di automezzi di altri o utilizzati per fili diversi da quelli dell’impresa.
Tale prova, secondo la sentenza di appello “non risulta sia stata fornita” (pag. 3 secondo capoverso della sentenza).
Pertanto, il giudice dell’appello ha in concreto ritenuto non fornita la prova degli acquisti di carburante, da un lato applicando correttamente le disposizioni rilevanti, quanto agli acquisti da impianti di distribuzione; dall’altro, ritenendo – con accertamento di fatto non suscettibile di critica in questa sede – che il contribuente non abbia provato che il carburante acquistato e depositato nella cisterna sia stato utilizzato per rifornire automezzi strumentali all’esercizio dell’impresa.
Infine, il settimo motivo censura la pronuncia di appello per violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. per avere la CTR gravato erroneamente la società contribuente dell’onere di dar prova idonea a contestare l’accertamento dell’Ufficio relativo alle vendite non contabilizzate.
Il motivo è inammissibile.
Invero, nella sua concreta articolazione, denunciando in dettaglio la mancata considerazione di prove a favore della società, esso costituisce una censura di puro merito con la quale si sollecita la Corte a una rivalutazione del materiale probatorio, operazione non consentita in questa sede di Legittimità.
Conclusivamente il ricorso è rigettato; le spese sono regolate dalla soccombenza; sussistono in ultimo i presupposti processuali per il c.d. “raddoppio” del contributo unificato per atti giudiziari.
Si dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal solo Presidente del collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi dell’art. 132, comma 3 c.p.c.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; liquida le spese in euro 2.300,00 oltre a spese prenotate a debito che pone a carico di parte soccombente. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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