CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 03 giugno 2020, n. 10540
Licenziamento disciplinare – Plurime omissioni dei controlli di propria competenza – Utilizzo del telepass aziendale per ragioni extra lavorative – Giudizio di proporzionalità tra infrazione contestata e sanzione irrogata
Fatti di causa
Con sentenza del 9 luglio 2018, la Corte d’Appello di Milano, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Milano, rigettava la domanda proposta da F.G. nei confronti della M.D. S.p.A. avente ad oggetto la declaratoria dell’illegittimità del licenziamento disciplinare intimato al dipendente per aver questi, nella sua qualità di capo zona, omesso più volte i controlli di propria competenza presso i punti vendita della Società e usato più volte il telepass aziendale per ragioni extralavorative.
La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto, a fronte dell’omessa impugnazione del capo della sentenza di primo grado recante l’accertamento della sussistenza della mancanza contestata relativa all’uso improprio/abuso del telepass, considerata tale da riflettere da parte del ricorrente l’ammissione della mancanza stessa, fondato il motivo di reclamo proposto dalla Società avverso il giudizio di proporzionalità tra infrazione contestata e sanzione irrogata e, così, in considerazione del ruolo rivestito dal ricorrente e delle modalità, autonome e non soggette a controllo, di esercizio dei compiti relativi, l’idoneità di tale condotta a ledere il vincolo fiduciario caratterizzante il rapporto e ad integrare gli estremi della giusta causa di recesso.
Per la cassazione di tale decisione ricorre il G., affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, la Società.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, lamenta a carico della Corte territoriale l’omessa considerazione delle circostanze giustificative addotte dal ricorrente date, da un lato, dall’essere la mancanza relativa all’abuso del telepass addebitabile a mera svista indotta dalla possibile attivazione del meccanismo elettronico al casello coincidente con quello di uscita per il luogo di ubicazione della propria residenza e del proprio domicilio e, dall’altro, dall’essersi, per prassi protrattasi per i dieci anni di impiego del ricorrente, la Società limitata all’addebito in busta paga dei pedaggi non a carico della stessa, nonché di ulteriori elementi confermativi delle predette circostanze emersi in sede istruttoria.
Con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 18, commi 4 e 5, l. n. 300/1970, così come modificati dall’art. 1, comma 42, l. n. 92/2012, lamenta la non conformità a diritto della pronunzia sotto il duplice profilo dell’irrilevanza disciplinare della mancanza addebitata in ragione della prassi in tal senso invalsa presso la Società e dell’asserita intangibilità della pronunzia di prime cure pur a fronte della ritenuta piena sussistenza del fatto contestato.
Con il terzo motivo, così rubricato “sulla violazione e falsa applicazione degli artt. 225 e 220 del CCNL di categoria (commercio) di concerto l’art. 18, commi 4 e 5, l. n. 300/1970, così come modificati dall’art. 1, comma 42, l. n. 92/2012, sulla violazione e falsa applicazione dell’art. 2119”, il ricorrente lamenta la non conformità a diritto della pronunzia resa dalla Corte territoriale non risultando configurabile nella specie sulla base del codice disciplinare di cui al contratto collettivo applicabile la ricorrenza di una giusta causa di recesso.
Rilevata l’inammissibilità del primo e del secondo motivo che, essendo volti a censurare il dictum della Corte territoriale confermativo dell’accertamento cui era pervenuto il primo giudice circa la sussistenza della mancanza addebitata relativa all’abuso del telepass e della sua rilevanza disciplinare, si pongono in contrasto con il giudicato formatosi sul punto in conseguenza della mancata impugnazione in sede di gravame di quel pronunciamento da parte dell’odierno ricorrente cui la Corte territoriale ha correttamente ritenuto di doversi conformare dandone puntualmente conto nella motivazione dell’impugnata sentenza, va ritenuta l’infondatezza del terzo motivo, il solo che si volge a censurare la valutazione che la Corte territoriale, con riferimento al motivo di impugnazione sollevato con il reclamo dalla Società, ha espresso, pervenendo ad un esito opposto a quello cui era approdato il primo giudice, circa la proporzionalità tra la mancanza di cui il G. si era reso responsabile e la sanzione comminatagli, infondatezza che si correla al disposto dell’art. 2119 c.c., qui dal ricorrente invocato a parametro della censura proposta, imponendo tale norma la verifica, in relazione alla mancanza addebitata dell’idoneità lesiva del vincolo fiduciario posto a base del rapporto che alla stessa si riconnette, verifica che ove, come nel caso di specie, con argomenti immuni da vizi logici e giuridici, in quanto coerenti, in particolare per quel che riguarda il rilievo attribuito al ruolo rivestito dall’interessato, con l’orientamento espresso da questa Corte, sfoci in un esito per il quale si giunga a ritenere definitivamente compromesso quel vincolo, così da risultare il comportamento addebitato ostativo alla prosecuzione anche provvisoria del rapporto, legittima la conclusione cui è pervenuta la Corte territoriale circa la sussistenza della giusta causa di licenziamento, con esclusione di qualsiasi sanzione a carico del soggetto datore, viceversa prevista per il caso della dichiarata illegittimità del recesso.
Il ricorso va, dunque, rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 4.500,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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