CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 03 giugno 2022, n. 17971
Cartella di pagamento – Omessi contributi INPS – Illegittima iscrizione a ruolo – Esclusione
Fatti di causa
La Corte d’appello di Taranto, con sentenza n. 542 del 2019, ha accolto l’impugnazione proposta da I. s.p.a in amministrazione straordinaria (in prosieguo solo I.), nei confronti dell’INPS, avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto in parte l’opposizione proposta da I. avverso la cartella di pagamento, notificatale da E.E. per conto dell’INPS, in ragione di contributi non versati alla gestione lavoratori dipendenti dal 1997 al 2009, ed in particolare ha ridotto il maggior importo preteso dalla cartella di pagamento alla somma di euro 13.194.501.
La Corte territoriale, premesso che con l’atto d’appello I. si era doluta del mancato annullamento del ruolo e della cartella, nonché degli oneri di riscossione nonostante l’opposizione fosse stata parzialmente accolta, ha dichiarato l’irregolarità formale e di conseguenza la nullità e/o illegittimità del ruolo e della cartella esattoriale opposta, con ogni consequenziale statuizione in ordine all’indebita applicazione degli oneri connessi all’atto annullato, confermando l’importo della contribuzione dovuta come accertata in primo grado, oltre alle sanzioni determinabili per i contributi omessi dovuti all’INPS ed alla SCCI s.p.a.
In particolare, la sentenza ha spiegato che la cartella esattoriale deve ritenersi equivalente, nel giudizio civile, sia alla sentenza che al precetto; la nullità della cartella non comporta necessariamente la nullità del ruolo ma la nullità di quest’ultimo determina necessariamente la nullità della cartella che dallo stesso dipende.
Dunque, la riduzione della contribuzione dovuta aveva determinato l’illegittimità dell’iscrizione a ruolo per le somme eccedenti, in analogia a quanto accade nell’ipotesi di accoglimento parziale dell’opposizione a precetto. La società aveva riconosciuto che il debito era pari all’importo di euro 13.194.501 a titolo di contributi, dunque erano rimaste dovute le corrispondenti sanzioni accessorie, determinabili ex art. 116, comma 8 lett. a) I. n. 388 del 2000, oltre che le somme relative agli oneri accessori di riscossione pure corrispondenti al minore importo.
La sentenza impugnata ha proseguito nell’esame dell’impugnazione, con ciò in concreto superando tale statuizione, rilevando l’illegittimità dell’intera iscrizione al ruolo esattoriale, in ragione del fatto che l’iscrizione era avvenuta in data 10.3.2010, mentre erano pendenti i termini per proporre ricorso amministrativo (presentato il 13 marzo 2010); da ciò ha rilevato che non fosse dovuto l’aggio al concessionario.
Avverso tale sentenza propone ricorso l’INPS sulla base di un motivo.
Resiste I. con controricorso e propone ricorso incidentale, basato su tre motivi, illustrato da successiva memoria, cui resiste l’INPS con controricorso.
Ragioni della decisione
Con l’unico motivo del ricorso principale, l’INPS deduce la violazione e o falsa applicazione dell’art. 24, comma 4, e dell’art. 25 d. Igs. n. 46 del 1999 per essere stata ritenuta illegittima l’iscrizione a ruolo nonostante fosse pacifico che, nel momento in cui la stessa era stata disposta, non era stato proposto ricorso amministrativo.
Il ricorrente principale ha dedotto che l’art. 24 d.lgs. n. 46 del 1999 prevede due situazioni: quella in cui l’accertamento è impugnato dinanzi l’autorità giudiziaria, ipotesi per la quale l’iscrizione può avvenire solo se vi è un provvedimento del giudice, e quella in cui l’accertamento posto a base dell’iscrizione è stato fatto oggetto di gravame amministrativo, in cui l’iscrizione può essere eseguita dopo la decisione del competente organo amministrativo e comunque entro i termini previsti dall’art. 25 d.lgs. n. 46 del 1999. Fuori da questi casi, come è accaduto nel caso di specie, non vi sono ostacoli giuridici all’iscrizione a ruolo e, quindi, la sentenza ha errato nel dichiarare illegittima l’iscrizione e non dovuto per intero l’aggio esattoriale.
Con il primo motivo del ricorso incidentale, ai sensi dell’art. 360, primo comma n. 4) c.p.c., I. deduce l’omessa pronuncia e la contestuale violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c., in quanto la sentenza non aveva considerato la circostanza che l’INPS, ancor prima della definizione del procedimento amministrativo, introdotto dalla Società con ricorso del 17 marzo 2010, aveva notificato, in data 15 giugno 2010, alla medesima società la cartella esattoriale oggetto di successiva opposizione. Ciò avrebbe determinato la violazione dell’art. 24, comma 4, I. n. 46 del 1999, poiché la cartella era stata notificata prima del decorso di novanta giorni dalla proposizione del ricorso amministrativo, e la circostanza era stata messa in evidenza nel corso del giudizio di merito, senza che la Corte d’appello la prendesse in considerazione.
Con il secondo motivo del ricorso incidentale, I. deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360, primo comma n. 5), c.p.c. e con il terzo la violazione dell’art. 24 d.lgs. n. 46/1999 e dell’art.47, comma 4, I. 88 del 1989.
Nell’illustrare i motivi, senza una evidente separazione logica, la ricorrente incidentale denuncia l’omesso esame delle medesime circostanze sopra indicate e ne fa derivare la conseguente, affermata, irritualità del procedimento amministrativo di iscrizione a ruolo e di notifica della cartella di pagamento.
Il ricorso principale è fondato, mentre il ricorso incidentale, i cui motivi connessi pongono la medesima questione della legittimità del procedimento di riscossione su basi specularmente opposte a quelle sottese al ricorso principale, è infondato.
La questione sulla quale la Corte di cassazione è chiamata ad esprimersi è quella relativa alla valutazione di legittimità dell’azione di riscossione intrapresa con l’iscrizione a ruolo del credito contributivo, secondo le previsioni applicabili ratione temporis (anteriori alle modifiche introdotte dal d.l. 31 maggio 2010, n. 78, conv. in I. n. 122 del 2010) contenute nell’art. 24 d.lgs. n. 46 del 1999, nel caso in cui l’iscrizione a ruolo intervenga nella pendenza del termine di proposizione del ricorso amministrativo avverso l’atto di accertamento del credito contributivo medesimo.
In ordine alle condizioni legittimanti l’iscrizione a ruolo, questa Corte di cassazione (si veda Cass. n. 24589 del 2019) ha avuto modo di precisare che alla luce del combinato disposto del D.Lgs. n. 46 del 1999, artt. 21 e 24, in riferimento alle entrate degli enti previdenziali, va esclusa chiaramente, in linea generale, la subordinazione dell’iscrizione a ruolo all’esistenza di un titolo esecutivo, limitando la necessità di quest’ultimo a una fattispecie ben determinata: l’art. 21 prevede infatti che solo le entrate aventi causa in rapporti di diritto privato sono iscritte a ruolo quando risultano da titolo avente efficacia esecutiva, facendo inoltre salvo, per le entrate degli enti previdenziali, quanto stabilito dall’art. 24, il quale, nel disporre l’iscrizione a ruolo dei contributi o dei premi non versati nei termini o dovuti in forza di accertamenti effettuati dagli uffici (comma 1), la subordina ad un provvedimento esecutivo del giudice soltanto nel caso in cui l’accertamento sia stato impugnato davanti all’autorità giudiziaria (comma 3), limitandosi invece a richiedere la decisione del competente organo amministrativo nel caso in cui l’impugnazione sia stata proposta in sede amministrativa (comma 4).
Ancora, Cass. n. 6753 del 2020 ha evidenziato che l’iscrizione a ruolo prescinde anche dalla eventuale irregolarità dell’accertamento amministrativo, giacché nel procedimento di riscossione a mezzo ruolo dei contributi previdenziali, come regolato dal D.Lgs. n. 46 del 1999, artt. 24 e segg., in difetto di espresse previsioni normative che condizionino la validità della riscossione ad atti prodromici, a differenza di quanto avviene in materia di applicazione di sanzioni amministrative in forza di quanto previsto, segnatamente, dalla L. n. 689 del 1981, art. 14, la notifica al debitore di un avviso di accertamento non costituisce atto presupposto necessario del procedimento, la cui omissione invalidi il successivo atto di riscossione, ben potendo l’iscrizione a ruolo avvenire pur in assenza di un atto di accertamento da parte dell’istituto (Cass. n. 4225 del 21/02/2018, Cass. n. 3269 del 10/02/2009) o, si aggiunge, pur in presenza di un accertamento comunque viziato (seppur dovendosi valutare il valore del relativo verbale a fini di prova).
In sostanza, la consolidata giurisprudenza di questa Corte di cassazione ha affermato il principio che la riscossione dei crediti contributivi previdenziali mediante iscrizione a ruolo non è fondata necessariamente su di un accertamento giudiziale o amministrativo, essendo invece espressione del potere attribuito dalla legge all’Istituto, attesa la sua natura pubblicistica e l’affidabilità derivante dal procedimento che ne governa l’attività, di formare unilateralmente un titolo esecutivo ( in tal senso Corte Cost. n. Ili del 2007).
Se questa è la ratio sottesa al potere di iscrizione a ruolo dei crediti contributivi, è evidente che lo stesso non può ritenersi inibito al di fuori delle ipotesi espresse della pendenza di un procedimento amministrativo o giudiziale avverso l’atto di accertamento dal quale, eventualmente, è derivata l’iscrizione. Né emergono ragioni per imporre all’Istituto di attendere, prima di procedere all’iscrizione a ruolo, il decorso dei tempi utili ad instaurare il ricorso in via amministrativa, posto che, come ha osservato la già citata Corte Costituzionale n. Ili del 2007, la procedura in esame <[…] è rispettosa del diritto di difesa e dei principi del giusto processo la possibilità, concessa al preteso debitore, di promuovere, entro un termine perentorio ma adeguato, un giudizio ordinario di cognizione nel quale far efficacemente valere le proprie ragioni, sia grazie alla possibilità di ottenere la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo e/o dell’esecuzione, sia grazie alla ripartizione dell’onere della prova in base alla posizione sostanziale (e non già formale) assunta dalle parti nel giudizio di opposizione>>.
Alla luce di tale principio, è evidente che la sentenza impugnata ha erroneamente ritenuto l’illegittimità dell’iscrizione a ruolo, con la consequenziale illegittimità dell’aggravio delle spese di riscossione a carico della società I.; del tutto infondati, di contro, sono i motivi del ricorso incidentale che muovono dalla non corretta interpretazione dell’art. 24 d.lgs. n. 46 del 1999, ritenendo che il potere di iscrizione a ruolo riconosciuto all’INPS sia soggetto al consolidamento dell’atto di accertamento dell’obbligo contributivo inadempiuto.
In definitiva, accolto il ricorso principale e rigettato quello incidentale, la sentenza impugnata va cassata quanto al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’appello di Lecce Sezione staccata di Taranto, affinché determini quanto dovuto per gli oneri di riscossione dipendenti dagli importi dei contributi previdenziali non versati e delle relative sanzioni, già accertati come dovuti e non oggetto del ricorso per cassazione, unitamente alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata quanto al ricorso accolto e rinvia alla Corte d’appello di Lecce Sezione staccata di Taranto, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
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