CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 03 luglio 2019, n. 17781
Rapporto di lavoro – Sanzione disciplinare della sospensione dal servizio e dalla retribuzione – Licenziamento – Ritardo nella presentazione in servizio – Lesione del vincolo fiduciario
Fatti di causa
1. Il Tribunale di Napoli, con la pronuncia n. 23562 del 2011, rigettava la domanda proposta da S. S., nei confronti della S. spa, finalizzata a: accertare e dichiarare l’inefficacia, la nullità e/o annullabilità ovvero ancora l’illegittimità della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio e dalla retribuzione comunicata con nota del 23.10.2008 e, per l’effetto, condannare la società convenuta alla corresponsione, in favore del ricorrente, dei ratei di retribuzione illegittimamente trattenuti in applicazione della medesima sanzione; previo accertamento della inefficacia, della nullità e/o annullabilità ovvero ancora dell’illegittimità del licenziamento intimato il 21.8.2009 (….) condannare la società alla reintegra del dipendente nel posto di lavoro ovvero in un posto professionalmente equivalente nonché al risarcimento del danno subito.
2. Il licenziamento impugnato era stato intimato perché il giorno 10.7.2009 S. S. aveva preso in servizio solo alle ore 11:30 e la giustificazione addotta dal dipendente (secondo il quale il ritardo sarebbe stato dovuto al protrarsi della prestazione lavorativa nella sera precedente fino alle 23:30 a causa del ritardo di tre navi della T. e di un incidente verificatosi durante l’imbarco delle autovetture e susseguente sbarco di un ufficiale) era risultata non veritiera, si da ledere il rapporto fiduciario; al lavoratore era stata contestata la recidiva con riferimento ad una sanzione irrogata il 23.10.2008 che veniva anche essa impugnata.
3. La Corte di appello di Napoli, con sentenza del 7.9.2012, confermava la suddetta decisione.
4. A seguito di ricorso per cassazione, la Suprema Corte, con la pronuncia n. 7419 del 2016, in accoglimento del secondo motivo di impugnazione, cassava la sentenza di 2° grado rilevando che, da parte dei giudici di seconde cure, era mancata una compiuta analisi in ordine alla gravità del fatto contestato, alla sua idoneità a ledere il vincolo fiduciario (anche in relazione alla successiva condotta sostanziatasi nella menzogna); sottolineava che era risultato omesso l’apprezzamento del grado di colpa o dell’elemento intenzionale, così come anche la valutazione della rilevanza dell’omissione in relazione al ruolo assegnato al lavoratore e alle mansioni assegnategli.
5. Riassunto il giudizio, la Corte di appello di Napoli, quale giudice di rinvio, con la sentenza n. 7843 del 2017 rigettava nuovamente l’appello dello S. il quale impugnava ancora detta decisione per cassazione sulla base di quattro motivi, cui resisteva con controricorso la S. spa.
6. E’ stato depositato, nell’interesse del ricorrente, atto di rinuncia con contestuale accettazione della controparte, sottoscritto anche dai rispettivi Difensori.
Ragioni della decisione
1. La decisione dei giudici di rinvio è fondata sulle seguenti argomentazioni: a) la condotta addebitata non poteva ricondursi alle previsioni di cui all’art. 27 del CCNL, che contemplava la fattispecie del mero ritardo nella presentazione in servizio, perché nella contestazione del 7.8.2009 era stata richiamata anche un incomprensibile attestato giustificativo offerto dal lavoratore nonché gli esiti dei riscontri effettuati; b) la vicenda, nella sua complessa articolazione (presentazione in ritardo – omessa comunicazione per rendere nota la ritardata presentazione in servizio- la menzogna del dipendente e l’uso di un incomprensibile attestato di giustificazioni) doveva ritenersi incontrovertibilmente accertata, a anche in relazione all’ammissione di fatti da parte dello stesso dipendente in sede di procedimento disciplinare e dalle verifiche effettuate dalla società; c) la massima sanzione erogata era proporzionata in relazione al comportamento del lavoratore che ha tentato di occultare la propria inottemperanza ai doveri contrattuali, connotato per estrema gravità e lesivo del vincolo fiduciario, avendo riguardo all’utilizzo di un documento giustificativo che era risultato falso; d) tale falsità era riferibile allo S. che aveva avuto piena consapevolezza della finalità del falso e, cioè, dell’utilità dell’atto allo scopo di raggirare il datore di lavoro; e) restavano sullo sfondo la contestata recidiva e le condizioni psicologiche del lavoratore delle quali egli non aveva dato alcuna notizia alla società; f) alla gravità del comportamento del lavoratore si aggiungeva il danno per la società potenzialmente riconducibile e cioè derivante dalla fatturazione alla T. di servizi mai effettuati; g) sugli ulteriori motivi di doglianza, non si riteneva di pronunciarsi su questioni dichiarate assorbite dalla cassazione, senza espressa indicazione di insufficienza o omessa motivazione della decisione di appello.
2. I motivi di ricorso per cassazione possono essere così sintetizzati.
3. Con il primo motivo si denunzia la violazione ed errata applicazione degli artt. 4 e 24 Cost., degli artt. 1175, 1375, 2104, 2106 e 2119 cc, dell’art. 5 della legge n. 604 del 1966, dell’art. 7 legge n. 300 del 1970, degli artt. 112, 115, 116 e 384 c.p.c., dell’art. 27 del Contratto Collettivo S., anche in relazione agli artt. 1362, 1371 cc, per inadeguata, illogica e contraddittoria valutazione delle prove e dei documenti allegati agli atti di causa: in particolare, in ordine all’accertamento della conseguenza del licenziamento irrogato allo S. con nota aziendale del 21.8.2009, in relazione agli addebiti ascritti ad esso S. con nota aziendale del 7.12 Agosto 2009, nonché in relazione all’art. 360 n. 3 e n. 4 c.p.c.: si sostiene che i giudici del rinvio, nella loro valutazione di sussistenza della giusta causa e di proporzionalità della misura, avevano effettuato un accertamento solo parziale ed erroneo dei fatti acclarati e degli elementi di causa, in quanto mai la società aveva contestato allo S. sia la falsità del documento sia di essere stato l’autore con una finalità ben precisa; il tutto in violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato e delle disposizioni in tema di procedimento ex art. 384 c.p.c.
4. Con il secondo motivo si censura la violazione ed errata applicazione degli artt. 4 e 24 Cost., degli artt. 2104, 2106, 2119 e 2909 cc, dell’art. 5 della legge n. 604 del 1966, dell’art. 7 legge n. 300 del 1970, degli artt. 112, 115, 116, 214 – 220, 221 – 227 e 324 c.p.c., per inadeguata, illogica e contraddittoria valutazione “contra legem” delle prove e dei documenti allegati agli atti di causa: in particolare, in ordine all’accertamento della congruenza del licenziamento irrogato allo S. con nota aziendale del 21 agosto 2009, in relazione agli addebiti ascritti ad esso S. con nota aziendale del 7.12 agosto 2009, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per avere i giudici del rinvio affermato la falsità di un documento pur non essendo stata mai accertata giudizialmente in corso di causa (cioè nei precedenti gradi di giudizio) né comunque in nessun altro giudizio o in nessuna altra sede ovvero per non essere stato chiesto tale accertamento da nessuna delle parti in causa.
5. Con il terzo motivo si deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c.; la violazione ed errata applicazione dell’art. 4 Cost. degli artt. 2104, 2106 e 2119 cod. civ, dell’art. 5 della legge n. 604 del 1966, dell’art. 7 della legge n. 300 del 1970, degli artt. 115 e 116 e 384, per inadeguata, illogica e contraddittoria valutazione “contra legem” delle prove e dei documenti allegati agli atti di causa: in ordine all’accertamento della congruenza del licenziamento irrogato allo S. con nota aziendale del 21 agosto 2009 in riferimento agli addebiti ascritti ad esso S. con nota aziendale del 7.12 agosto 2009: in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. si rappresenta che i giudici del rinvio non avevano valutato che: a) lo S. era stato costretto a dovere fornire le dichiarazioni ritenute “non veritiere” in merito alle ragioni del suo ritardo al lavoro in via immediata, all’atto stesso del suo ritardo, senza assistenza difensiva e con il forte condizionamento della pressione psicologica dei suoi superiori gerarchici, b) la condizione psico-fisica e sanitaria sensibilmente deficitaria, come risultante dalla documentazione in atti mai impugnata ex adverso; c) le dichiarazioni di cui sopra non erano state mai confermate nel prosieguo del procedimento disciplinare; d) la mancanza di danno o anche di solo mero pericolo di danno per la società; e) il fatto che il CCNL-codice disciplinare, per fattispecie analoghe, prevedeva sanzioni disciplinari solo di tipo conservativo; tutte le suddette circostanze si palesavano decisive perché, se prese in considerazione, avrebbero portato ad una pronuncia di segno opposto a quella adottata.
6. Con il quarto motivo il ricorrente si duole della violazione ed errata applicazione degli artt. 383 e 384 c.p.c. e dell’art. 112 c.p.c., in riferimento all’accertamento della illegittimità dell’impugnata sanzione disciplinare di cui alla nota aziendale del 23 ottobre 2008: in relazione all’art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c., per non essersi i giudici del rinvio pronunciati sul terzo motivo dell’originario appello (relativo alla legittimità della sanzione disciplinare conservativa adottata nell’ottobre del 2008 la cui questione, oggetto di ricorso per cassazione, era stata ritenuta assorbita), opinando che non vi era una espressa indicazione di insufficienza o omessa motivazione della decisone di appello.
7. E’ stato, nelle more, come sopra detto, depositato atto di rinunzia, da parte dello S., al ricorso di cui si controverte, in cui si dava atto che le parti avevano trovato un accordo bonario per la definizione della controversia. Tale atto risulta accettato dalla società.
8. Sussistono, pertanto, le condizioni previste dall’art. 390 c.p.c. perché venga dichiarata l’estinzione del giudizio, nulla disponendo in ordine alle spese processuali ex art. 391 comma quarto c.p.c.
9. Non sussistono, invece, i presupposti per la condanna al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, per il ricorrente, atteso che il DPR n. 115/2002, art. 13, comma 1 quater, fa riferimento ai soli esiti di rigetto o inammissibilità, non anche a quello di estinzione (Cass. n. 3688/2016; n. 23175/2015).
P.Q.M.
Dichiara estinto il processo. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del DPR n. 115/02 dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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