CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 03 maggio 2019, n. 11634
Tributi – IRPEF – Somme percepite a titolo di transazione derivante da verbale di conciliazione – Rinuncia alla lite per licenziamento illegittimo – Tassazione separata ai sensi dell’art. 19 del TUIR
Rilevato che
In data 23/01/2007 il Concessionario della riscossione per la Provincia di Roma notificava a R.A.M. la cartella di pagamento n. 09720060230485985 con cui veniva richiesto il pagamento di € 12.177,26 a titolo di IRPEF sui redditi soggetti a tassazione separata percepiti nell’anno 2002, a seguito di controllo automatizzato eseguito ai sensi dell’art. 36 decreto Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 600.
Avverso la cartella indicata, il contribuente proponeva ricorso alla CTP di Roma lamentando l’erronea liquidazione operata dall’Ufficio sulla somma percepita dal proprio datore dei lavoro in sede di conciliazione giudiziale: M. infatti precisava di aver impugnato il licenziamento operato dal proprio datore di lavoro M. S.p.a. e che, a fronte della rinuncia a proseguire la lite, stipulava con la società un accordo transattivo ricevendo un compenso lordo di €126.531,00. Il contribuente contestava la riliquidazione dell’imposta operata dall’Ufficio, in quanto calcolata in base all’aliquota media di tassazione dei cinque anni precedenti a quello in cui è maturato il diritto alla percezione, quindi applicando l’art. 19 decreto Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), invece dell’aliquota corrispondente alla metà del reddito complessivo netto dello stesso contribuente nel biennio anteriore all’anno in cui è sorto il diritto alla percezione, ai sensi dell’art. 21 TUIR; avanti alla CTP si costituiva in giudizio M. S.p.a., mentre non si costituivano l’Agenzia delle Entrate né il Concessionario della riscossione.
Con sentenza depositata il 16/6/2009, la CTP adita accoglieva il ricorso del contribuente, considerando errata la liquidazione operata dall’Ufficio sulla somma corrisposta al contribuente e ritenendo che andasse calcolata con riferimento al biennio 2000-2001 ai sensi dell’art. 21 TUIR.
Avverso tale sentenza l’Agenzia delle Entrate proponeva appello lamentando la violazione degli artt. 17 e 19 TUIR ; si costituiva anche M., il quale, ribadiva quanto sostenuto nel giudizio di primo grado.
La CTR, con la sentenza indicata in epigrafe rigettava l’appello dell’Ufficio, condannandolo anche alle spese di giudizio, ritenendo errata la liquidazione dell’imposta come riportata nella cartella di pagamento in quanto «l’importo tassato non si riferisce a trattamento di fine rapporto, ma a somme dovute a titolo di transazione derivante da verbale di conciliazione e quindi assoggettate all’art. 21 del d.P.R. n. 917/1986».
Contro tale sentenza l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione adducendo un unico motivo.
Il contribuente resiste con controricorso.
Considerato che
L’Agenzia delle Entrate, con l’unico motivo di ricorso proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n.3 cod. proc. civ., lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 17 , comma 1 , lett. a), e 19, comma 1, secondo periodo, d.P.R. 917/1986 TUIR.
La CTR con la sentenza impugnata ha ritenuto che la somma percepita dal contribuente a seguito di accodo transattivo con il proprio datore di lavoro dovesse essere soggetta alla tassazione prevista dall’art. 21 TUIR, quindi determinata in base all’aliquota corrispondente alla metà del reddito complessivo netto del contribuente nel biennio anteriore all’anno in cui è sorto il diritto alla percezione. Ad avviso della ricorrente, invece, la somma percepita da M. deve essere assoggettata alla modalità di tassazione prevista dall’art. 19 TUIR , quindi applicando l’aliquota media degli ultimi cinque anni precedenti a quello di cessazione del rapporto di lavoro, in quanto rientrante nella categoria « altre indennità e somme» percepite in dipendenza della cessazione del rapporto di lavoro, come previsto dall’art. 17, comma 1, lett. a), ultimo periodo.
Va subito precisato che, nel caso di specie, non è contestata la tassazione separata delle somme percepite dal lavoratore per effetto della transazione relativa alla cessazione del rapporto di lavoro; parimenti, risulta non controverso che le somme sono state percepite dal M. per effetto di un accordo transattivo stipulato per porre fine ad una lite intentata dallo stesso a seguito di licenziamento; invece è controversa la modalità di tassazione , cioè l’aliquota applicabile al caso di specie. Trattandosi di somma percepita dal M. « a seguito di transazioni relative alla risoluzione del rapporto di lavoro», come espressamente recita l’art.17 comma 1 lett. a) TUIR , tale somma è soggetta alla modalità di tassazione prevista dall’art. 19 TUIR : anche se può apparire che l’importo tassato non si riferisca al trattamento di fine rapporto, le somme percepite a seguito di transazioni relative alla risoluzione del rapporto di lavoro sono tassate secondo le modalità previste per il TFR, come nel caso di specie (conf cass. 24988 del 2015, 25471 del 2018)
L’art. 21 TUIR , ritenuto dalla CTR applicabile al caso di specie, invece, disciplina le modalità dì tassazione dei redditi previsti dall’art. 17, comma 1, lettere da b) ad n-bis) TUIR (emolumenti arretrati, indennità per la cessazione dei rapporti co.co.co, e di altri redditi soggetti a tassazione separata), prevedendo la riliquidazione dell’imposta dovuta in base all’aliquota corrispondente alla metà del reddito complessivo netto del contribuente nel biennio anteriore all’anno in cui è sorto il diritto alla percezione.
Alla luce delle considerazioni che precedono appare evidente l’erronea riconduzione fatta dalla CTR con la sentenza impugnata alla fattispecie di cui all’art. 21 TUIR della somma percepita dal contribuente a seguito della transazione, fattispecie che è diversa da quella che regola specificatamente il caso di specie.
Risulta pertanto fondato il motivo proposto dalla ricorrente Agenzia delle Entrate e ne va accolto il ricorso, con conseguente cassazione della sentenza impugnata.
La Corte , decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo proposto dal contribuente, che va condannato alle spese del giudizio di legittimità, spese che sono liquidate in € 1.500 oltre alle spese prenotate a debito, mentre ritiene di dover compensare le spese dei diversi gradi di merito, attesa la complessità della materia.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente che condanna alle spese del giudizio di legittimità che liquida in € 1.500,00, oltre spese prenotate a debito.
Compensa le spese dei gradi di merito.
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