CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 03 maggio 2019, n. 11709
Prestazioni assistenziali – Assegno ordinario di invalidità – Diritto – Requisiti – Riduzione a meno di un terzo della capacità di lavoro
Fatti di causa
1. La Corte d’appello di Bari, con sentenza del 6-7novembre 2012, in accoglimento del gravame svolto dall’INPS, ha riconosciuto il diritto di L. R. all’assegno ordinario di invalidità a decorrere dal 1° novembre 2008.
2. Avverso tale sentenza propone ricorso l’INPS e affida l’impugnazione a due motivi di censura.
3. L’intimato ha resistito con controricorso ed ha eccepito l’inammissibilità del ricorso perché proposto oltre il termine lungo semestrale.
Ragioni della decisione
4. Preliminarmente va disattesa l’eccezione di inammissibilità dal momento che il ricorso per cassazione è stato consegnato all’agente notificante, per la notificazione, in data utile alla stregua del termine lungo annuale previsto dall’art. 327 cod.proc.civ., nel testo applicabile ratione temporis.
5. L’art. 327 cod.proc.civ., nel testo novellato dall’art. 46 legge n. 69 del 2009 mediante riduzione del termine da un anno a sei mesi, si applica, ai sensi dell’art. 58 della medesima legge, ai giudizi instaurati, e non alle impugnazioni proposte, a decorrere dal 4 luglio 2009, essendo quindi ancora valido il termine annuale qualora l’atto introduttivo del giudizio di primo grado sia anteriore a quella data (v., ex multis, Cass. n. 6784 del 2012 e numerose successive conformi).
6. Tanto premesso, l’INPS deduce violazione degli artt. 414, 416, 345, 437 cod.proc.civ. e violazione e falsa applicazione dell’art. 1, legge n. 222 del 1984 e dell’art. 2697 cod.civ., per avere la Corte di merito, in adesione alla consulenza tecnica d’ufficio, ritenuto sussistenti le condizioni invalidanti sulla base di documentazione sanitaria formata in data anteriore al conferimento dell’incarico all’ausiliare e depositata dall’appellato solo in occasione della visita peritale (primo motivo), e per aver emesso un giudizio avulso dall’accertamento della riduzione della capacità lavorativa dell’assicurato in occupazioni confacenti alle attitudini, svolto esclusivamente in riferimento all’attività di operaio tessile espletata, senza alcun riferimento alla possibilità di svolgere altre attività lavorative proficue (secondo motivo).
7. Il primo mezzo, incentrato su documentazione sanitaria introdotta dall’assistito solo nel corso dell’esame peritale disposto in sede di gravame e valorizzata dall’ausiliare ai fini della sussistenza e decorrenza del beneficio preteso, investe la consulenza tecnica e va, al riguardo, richiamata la costante giurisprudenza di legittimità, in tema di nullità della consulenza tecnica d’ufficio – ivi compresa quella dovuta all’eventuale allargamento dell’indagine tecnica oltre i limiti delineati dal giudice o consentiti dai poteri che la legge conferisce al consulente – e in ordine al carattere relativo della nullità che deve essere fatta valere nella prima istanza o difesa successiva al deposito della relazione, restando altrimenti sanata, con la conseguenza che non può essere denunciata come motivo d’impugnazione della sentenza (cfr., fra le tante, Cass.17 settembre 2013, n. 21149).
8. Nella specie, parte ricorrente non ha né dedotto, né precisato se e quando sarebbe stata eccepita la nullità della consulenza tecnica di talché la censura difetta anche del requisito di specificità necessario per apprezzarne l’incidenza sul processo.
9. Il secondo mezzo d’impugnazione è fondato.
10. Questa Corte ha avuto modo di affermare il principio secondo cui, ai fini del riconoscimento dell’assegno ordinario di invalidità, la sussistenza del requisito posto dall’art. 1 della legge 12 giugno 1984, n. 222, concernente la riduzione a meno di un terzo della capacità di lavoro dell’assicurato in occupazioni confacenti alle sue attitudini, deve essere verificata in riferimento non solo alle attività lavorative sostanzialmente identiche a quelle precedentemente svolte dall’assicurato (e nel corso delle quali si è manifestato il quadro patologico invalidante), ma anche a tutte quelle occupazioni che, pur diverse, non presentano una rilevante divaricazione rispetto al lavoro precedente, in quanto costituiscono una naturale estrinsecazione delle attitudini dell’assicurato medesimo, tenuto conto di età, sesso, formazione professionale e di ogni altra circostanza emergente nella concreta fattispecie, che faccia ragionevolmente presumere l’adattabilità professionale al nuovo lavoro, senza esporre l’assicurato ad ulteriore danno per la salute (v., fra le tante, Cass. n. 10424 del 2015; Cass. n. 5964 del 2011).
11. Pur essendo l’invalidità ancorata non più alla capacità di guadagno ma a quella di lavoro, il riferimento alla capacità attitudinale comporta una valutazione di qualità e condizioni personali e soggettive dell’assicurato, cui rimane conferita una tutela rispettosa dei precetti costituzionali di cui agli artt. 38, 32, 2, 3 e 10 Cost.(cfr., fra le tante, Cass. n. 17159 del 2011; Cass. n. 5964 del 2011; Cass. n. 15265 del 2007).
12. La nuova nozione di invalidità pensionabile è ancorata non alla generica riduzione della pura e semplice capacità di lavoro quale dato meramente biologico, sibbene alla riduzione di tale specifica capacità in occupazioni confacenti alle attitudini dell’assicurato, sempre che non si tratti di lavori usuranti che affrettino ed accentuino il logoramento dell’organismo per essere sproporzionati alla residua efficienza psicofisica (vedi, ex plurimis, Cass. 15 gennaio 2018, n.740 e i precedenti ivi richiamati).
13. Nel caso in esame, la valutazione dell’invalidità pensionabile operata dalla Corte d’appello, sulla base delle sintetiche conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, prescinde del tutto dalla necessaria parametrazione delle patologie alla capacità lavorativa specifica dell’assicurata e, pertanto, la sentenza incorre nella denunciata violazione dì legge avendo omesso di precisare le ragioni per le quali il complesso morboso limita, nelle percentuali previste dalla legge, non solo l’attività svolta di operaio tessile ma anche altre occupazioni che l’assistito, per condizioni fisiche, preparazione culturale ed esperienze professionali, sarebbe stato in grado di svolgere in alternativa al lavoro rispetto al quale era risultato inidoneo.
14. In conclusione, la sentenza impugnata, che si è discostata dall’applicazione dei richiamati principi, va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio, per nuovo esame, alla Corte d’appello di Bari, in diversa composizione, che si atterrà a quanto sin qui detto.
15. Alla Corte del rinvio è demandata anche la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione.
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