CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 03 settembre 2018, n. 21567

Licenziamento – Socia-lavoratrice della Cooperativa – Reintegrazione in difetto di impugnativa della delibera di esclusione dalla compagine sociale

Fatti di causa

1. Il Tribunale di Torino, con sentenza nr. 236 del 10.2.2016, accoglieva parzialmente l’opposizione proposta ex art. 1, comma 57 e ss., della legge nr. 92 del 2012 da M. E. G., socia-lavoratrice della Cooperativa Sociale Q. D. O. S.C., ed accertata l’illegittimità del licenziamento intimatole, condannava la cooperativa al pagamento di quattro mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, ai sensi dell’art. 8 della legge nr. 604 del 1966.

2. Con sentenza nr. 381 del 2016, la Corte di Appello di Torino respingeva sia il reclamo principale della cooperativa che quello incidentale della lavoratrice.

3. Per quanto di rilievo in questa sede, la Corte territoriale osservava che correttamente il giudice di primo grado aveva escluso la possibilità della reintegrazione della G., in difetto di impugnativa della delibera di esclusione dalla compagine sociale (ancorché recante uno actu il suo licenziamento disciplinare), e riconosciuto la tutela obbligatoria,

Osservava, più in generale, che il socio lavoratore poteva impugnare il licenziamento senza fare opposizione alla delibera che lo intimava, unitamente alla sua esclusione dalla società, ma non facendo opposizione ai sensi dell’art. 2533 cod.civ. non poteva ottenere la tutela ex art. 18 della legge nr. 300 del 1970 stante la previsione dell’art. 2 della legge nr. 142 del 2001; per l’operatività della tutela reale, infatti, era necessario che il rapporto associativo non fosse cessato o, quanto meno, che l’atto che ne avesse provocato la cessazione fosse stato impugnato nel termine di legge ex art. 2533 cod.civ.

4. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la Cooperativa Sociale Q. D. O. S.C., affidato a due motivi; ha resistito, con controricorso, M. E. G., proponendo, a sua volta, ricorso incidentale con due motivi.

Entrambe le parti hanno presentato memoria ai sensi dell’art. 378 cod.proc.civ.

Ragioni della decisione

Motivi del ricorso principale.

1. Con il primo motivo, denuncia – ai sensi dell’art. 360 nr. 5 cod.proc.civ. – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

La censura investe la sentenza della Corte di appello per non aver affrontato la questione della qualificazione dell’atto comunicato il 7.11.2014, oggetto di uno specifico motivo di impugnazione; secondo la parte ricorrente, trattandosi unicamente di un provvedimento di esclusione, senza alcuna comminazione di licenziamento, la mancata impugnazione giudiziale del provvedimento nel termine di 60 giorni avrebbe precluso ogni tutela di tipo lavoristico, anche solo risarcitoria.

2. Con il secondo motivo, deduce la violazione e/o falsa applicazione di legge, con riferimento agli artt. 5, comma 2, della legge nr. 142 del 2001 e 2533 cod.civ.

Censura, sotto diverso profilo, la decisione nella parte in cui, da un lato, ha riconosciuto la definitività del provvedimento di cessazione del rapporto associativo e, dall’altro, ha comunque esaminato la domanda di impugnativa del licenziamento che, invece, sarebbe stata impedita dall’effetto estintivo legale del rapporto di lavoro connesso al provvedimento di natura societaria, divenuto irretrattabile.

3. I motivi, da esaminarsi congiuntamente, vanno, nel complesso, respinti.

In disparte ogni profilo di inammissibilità del primo motivo ai sensi dell’art. 348 ter cod.proc.civ., a tenore del quale, quando la sentenza d’appello conferma la decisione di primo grado il ricorso per Cassazione può essere proposto esclusivamente per i motivi di cui ai numeri 1-2-3 e 4 del primo comma dell’articolo 360 cod. proc. civ., osserva la Corte che la sentenza impugnata ha affrontato, sia pure implicitamente nonché con richiamo di propri precedenti, il profilo che si censura come omesso.

La Corte territoriale, condividendo anche per tale aspetto l’iter motivazionale del giudice di primo grado, ha attribuito al provvedimento comunicato il 7.11. 2014, con accertamento di merito sottratto al sindacato di legittimità, la duplice natura di atto di espulsione societaria e di licenziamento disciplinare; ha, quindi, ritenuto che, pur in difetto di opposizione ai sensi dell’art. 2533, comma 2, cod. civ., non fosse impedita l’azione di impugnativa del recesso; ad essere preclusa era unicamente la tutela reintegratoria, per la definitiva cessazione del rapporto associativo, in ragione della previsione di cui all’art. 2, comma 1, della legge nr. 142 del 2001 ( id est «Ai soci lavoratori di cooperativa con rapporto di lavoro subordinato si applica la legge 20 maggio 1970, n. 300, con esclusione dell’articolo 18 ogni volta che venga a cessare, col rapporto di lavoro, anche quello associativo»).

La motivazione resa dalla Corte di appello è conforme all’orientamento di questa Corte quale espresso, in ultimo, nella pronuncia, a sezioni unite, del 20.11.2017 nr. 27436.

Le Sezioni Unite, affrontando le questioni dibattute in causa, hanno affermato il seguente principio di diritto: «in tema di tutela del socio lavoratore di cooperativa, in caso d’impugnazione, da parte del socio, del recesso della cooperativa, la tutela risarcitoria non è inibita dall’omessa impugnazione della contestuale delibera di esclusione fondata sulle medesime ragioni, afferenti al rapporto di lavoro, mentre resta esclusa la tutela restitutoria».

La Corte ha osservato come l’effetto estintivo del rapporto di lavoro derivante dall’esclusione dalla cooperativa a norma della legge nr. 142 del 2001, art. 5, comma 2, impedisce, in mancanza d’impugnazione della delibera che l’abbia prodotto, di conseguire il rimedio della restituzione della qualità di lavoratore; tuttavia, l’effetto estintivo, di per sé, non esclude l’illegittimità del licenziamento, né elide l’interesse a farne valere l’illegittimità ed al danno che ne consegue va posto rimedio con la tutela risarcitoria prevista dall’art. 8 della legge nr. 604 del 1966.

Questa ricostruzione «si specchia» nella previsione di cui all’art. 2 della legge nr. 142 del 2001 laddove la norma stabilisce l’«esclusione dell’articolo 18 ogni volta che venga a cessare, col rapporto di lavoro, anche quello associativo».

Al riguardo, le sezioni unite hanno osservato come «la disposizione ( id est l’art. 2 cit) conferma che è la – sola – tutela restitutoria ad essere preclusa qualora, insieme col rapporto di lavoro, venga a cessare anche quello associativo: il proprium dell’art. 18 dello statuto dei lavoratori del quale è esclusa l’applicazione, almeno all’epoca in cui la norma è stata confezionata, consisteva giustappunto nella tutela reale».

Impregiudicata resta, invece, la tutela contemplata dalla legge del 16 luglio 1966, nr. 604, art. 8; rispetto al risarcimento, l’offerta datoriale di riassunzione contemplata dall’art. 8 corrisponde ad una proposta contrattuale di ricostituzione di un nuovo rapporto (così Cass, sez. un., nr. 27436 cit. che richiama sul punto Cass. 24 febbraio 2011, n. 4521; 26 febbraio 2002, n. 2846).

A tali principi occorre assicurare continuità in questa sede ed agli stessi è improntata, sostanzialmente, la decisione impugnata che, dunque, è immune dalle censure sollevate.

Motivi del ricorso incidentale.

4. Con il primo motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod. proc. civ. – è dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 5, comma 2, della legge nr. 142 del 2001 e dell’art. 2533, commi 2 e 3, cod. civ nonché dell’art. 18 della legge nr.300 del 1970.

Secondo il ricorrente in via incidentale sarebbe errata la valutazione compiuta dalla Corte di appello in merito all’idoneità dell’unica comunicazione ricevuta dalla socia-lavoratrice a rendere edotta la stessa in ordine alle ragioni che avevano determinato la sua esclusione dalla compagine sociale perché compiuta, dai giudici di merito, sulla base di una valutazione ex post, alla luce della produzione in giudizio del verbale contenente la delibera societaria, e non ex ante.

5. Con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 5 cod. proc. civ. – è dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo del giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, per aver la Corte di appello omesso di considerare la conoscenza, solo in giudizio, della deliberazione di cui al verbale di assemblea del 4.11.2014 e, quindi, rispetto ad essa, la tempestività della impugnazione dell’atto di esclusione, posto che la lavoratrice aveva, sin dalle conclusioni del ricorso introduttivo della fase sommaria, proposto « domanda di annullamento e/o revoca della delibera societaria di esclusione da socio».

6. Osserva la Corte che i motivi si arrestano al rilievo di inammissibilità sia perché non è trascritto, nel controricorso, il documento sul quale si fondano entrambe le censure (a pag. 25 ( in nota) è riportata solo la parte conclusiva della lettera inviata alla lavoratrice) sia perché le critiche, anche del primo motivo, attengono non all’interpretazione delle norme riportate in rubrica ma all’operata qualificazione ed interpretazione dell’atto da parte del giudice di merito e schermano, in realtà, deduzioni di vizio di motivazione; come tali, ne è precluso l’esame per le considerazioni già espresse in relazione alla disamina del primo motivo del ricorso principale.

7. Le spese si compensano per la reciproca soccombenza.

In relazione al ricorrente in via incidentale, la circostanza che lo stesso risulti ammesso a beneficiare del gratuito patrocinio lo esonera, allo stato, dal versamento dell’ulteriore somma dovuta ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater a titolo di contributo unificato (cfr. Cass. 25 novembre 2014, n. 25005 e Cass. 2 settembre 2014, n. 18523); sussistono, invece, le condizioni per il pagamento del relativo importo per il ricorrente principale.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile quello incidentale.

Compensa le spese.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. nr. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis e della non sussistenza, allo stato, dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.