CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 04 agosto 2020, n. 16660
Iva – Rilevanza delle sovvenzioni connesse con il prezzo di cessione di beni e servizi – Gettito d’imposta inferiore – Sovvenzione equiparata al corrispettivo della cessione – Condizioni
Fatti di causa
Emerge dalla narrativa della sentenza impugnata che la s.r.l. T. P. è partecipata da A.L.I. s.p.a. (A. s.p.a.), subentrata alla s.p.a. M.M., dalla quale percepì un contributo di euro 750.000,00. Il contributo, si legge in sentenza, era volto a sostenere il piano di riduzione del personale dipendente della T. P., che questa aveva programmato di attuare in relazione a ottanta unità lavorative entro il 31 dicembre 2003 e che poi non aveva avuto luogo per motivi indipendenti dalla volontà della datrice di lavoro.
Ne scaturì, per i profili d’interesse, un avviso di accertamento col quale l’Agenzia delle entrate recuperò a tassazione il contributo ai fini irpeg e irap e ne contestò ai fini iva l’omessa fatturazione.
La T. P. impugnò l’avviso, ottenendone per i profili in questione l’annullamento.
La Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello dell’Agenzia. Ha osservato, quanto alle imposte dirette, che mancano il requisito della competenza, a causa della mancata attuazione della riduzione del personale, nonché, per le medesime ragioni, quello della certezza.
Con riguardo all’iva ha escluso la sussistenza di materia imponibile, perché non ha ravvisato alcuna reciprocità e sinallagmaticità di prestazioni, poiché la corresponsione del contributo non è stata fronteggiata da alcuna prestazione da parte della T. P..
Contro questa sentenza propone ricorso l’Agenzia delle entrate, che affida a tre motivi, cui la società risponde con controricorso.
Ragioni della decisione
1.- Infondata è l’eccezione d’inesistenza della notificazione del ricorso proposta dalla società, in quanto il giudizio di legittimità in materia tributaria, alla luce dell’art. 62 del d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, non ha connotazioni di specialità (per tutte, Cass., sez. un., 7 aprile 2014, n. 8053); sicché il ricorso relativo rientra nel novero degli atti civili che l’Avvocatura dello Stato può notificare in base alla I. 21 gennaio 1994, n. 53.
2.- Col primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 11 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, n. 77/388/CE, nonché degli artt. 3, comma, 1, 13 e 15 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633. Sostiene che l’erogazione del contributo in questione risponda all’interesse della A. s.p.a. all’andamento della T. P., sia perché entrambe sono partecipate dalla medesima casa madre, sia in considerazione degli accordi commerciali intercorrenti tra le due società e, in particolare, del contratto di fornitura, connesso alla contestuale cessione di un ramo d’azienda della casa madre, in virtù del quale la cedente si è impegnata ad assicurare alla cessionaria e alle sue partecipate il raggiungimento di un fatturato e di un utile determinato, indennizzandole per il mancato raggiungimento di questi obiettivi.
Il motivo è infondato.
2.1.- Effettivamente, come rileva la ricorrente, la base imponibile per la cessione di un bene o la prestazione di un servizio è costituita dal corrispettivo che il soggetto passivo ha realmente ricevuto da parte dell’acquirente, del destinatario o di un terzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo di tali operazioni. E la nozione di sovvenzione, che è un sostegno economico, corrisponde a quella del contributo.
2.2.- L’art. 11, parte A, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva (corrispondente all’art. 13 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633), tuttavia, nell’includere nella base imponibile dell’Iva le sovvenzioni versate ai soggetti passivi, mira ad assoggettare all’imposta l’intero valore dei beni o delle prestazioni di servizi e dunque a evitare che il versamento di una sovvenzione provochi un gettito d’imposta inferiore (Corte giust. 15 luglio 2004, causa C- 144/02, Commissione/Germania, punto 26).
2.3.- La sovvenzione acquista quindi rilievo anzitutto quando sia direttamente connessa col prezzo dell’operazione; il che accade se sia versata all’operatore sovvenzionato perché questi fornisca un bene o presti un servizio determinati.
È in questo caso che la sovvenzione può essere considerata come un corrispettivo della cessione di un bene o della prestazione di un servizio ed è pertanto imponibile. E ciò perché dev’essere rispecchiato per intero il valore reale della cessione o della prestazione (Corte giust. 9 ottobre 2019, cause C-573/18 e C- 574/18, C GmbH & co. KG).
3.- Inoltre, la rilevanza della sovvenzione va inquadrata nel sistema dell’iva, che si regge sulla concatenazione tra operazioni a monte e operazioni a valle: deve sussistere un nesso diretto e immediato tra beni e prestazioni di servizi utilizzati e un’operazione imponibile realizzata a valle o, eccezionalmente, un’operazione imponibile realizzata a monte, alla luce del contenuto oggettivo di esse (tra varie, Corte giust. 21 febbraio 2013, causa C-140/12, Becker, punto 24).
3.1.- Vero è che l’immediatezza va intesa in senso funzionale, in quanto si può anche riferire al complesso dell’attività economica, al fine di propiziarne lo sviluppo (Corte giust. 22 ottobre 2015, causa C-126/14, Sveda, che ha ammesso la detrazione dell’iva assolta sull’acquisto o la fabbricazione di beni d’investimento nell’ambito dei lavori di realizzazione di un percorso ricreativo destinato all’uso gratuito del pubblico, ma da parte di una società avente come oggetto sociale l’accoglienza, la ristorazione, l’organizzazione di convegni, fiere e tempo libero); sicché si ravvisa il nesso diretto e immediato anche qualora i costi dei servizi facciano parte delle spese generali del soggetto passivo che li sopporta.
4. Ma quando i costi siano rappresentati dalla sovvenzione, è pur sempre necessario che l’erogazione relativa trovi la propria diretta e immediata causa esclusiva nell’attività economica imponibile del soggetto passivo sovvenzionatore, o ne costituisca il prolungamento diretto, permanente e necessario (arg. da Corte giust. 8 novembre 2018, causa C-502/17, C&D Foods Acquisition ApS, punto 38).
5.- E comunque occorre che gli acquirenti del bene o i destinatari del servizio traggano profitto dalla sovvenzione, nel senso che il prezzo che l’acquirente o il destinatario della prestazione di servizi devono pagare sia fissato in modo tale da diminuire proporzionalmente alla sovvenzione concessa al venditore del bene o al prestatore del servizio: è in questo senso che essa va a costituire un elemento di determinazione del prezzo richiesto da tale venditore o prestatore (per tutte, Cass. 16 marzo 2016, n. 5195 e, in precedenza, 30 luglio 2007, nn. 16825 e 16827).
5.1. – Si deve dunque verificare se, oggettivamente, il fatto che una sovvenzione sia versata al venditore o al prestatore consenta a quest’ultimo di vendere il bene o di fornire il servizio a un prezzo inferiore a quello che egli dovrebbe richiedere in mancanza di sovvenzione.
5.2. – La nozione di «sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo», a norma dell’art. 11, parte A, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva, non include, allora, le sovvenzioni di funzionamento, ossia quella destinate a coprire in quota parte i costi di esercizio (Corte giust. 22 novembre 2001, causa C-184/00, Office des produits wallons, punto 11
6.- L’applicazione di questi principi nella fattispecie in esame conduce a escludere che il contributo del quale si discute possa essere rilevante ai fini dell’applicazione dell’Iva nei confronti della contribuente, che l’ha ricevuto.
6.1.- Anzitutto, secondo quanto riferito dalla stessa ricorrente, l’erogazione del contributo s’inseriva nell’ambito di complessi accordi commerciali, che prevedevano che la sovvenzionante riconoscesse un indennizzo alla sovvenzionata, qualora questa non avesse raggiunto un certo fatturato, col conseguente utile.
L’erogazione non è quindi stata fronteggiata da alcun “servizio individualizzabile”, in base all’orientamento di questa Corte (espresso da Cass. 9 giugno 2017, n. 14406, seguita, tra varie, da Cass. 5 marzo 2018, n. 5515), che esclude la sussistenza di una prestazione imponibile ai fini Iva qualora la pattuizione del compenso remuneri l’eventuale raggiungimento di un fatturato complessivo.
6.2.- Il contributo in questione non è andato, quindi a remunerare una determinata cessione di beni o una specifica prestazione di servizi, ma, soltanto, ad alleggerire i costi che la sovvenzionata aveva programmato di sostenere per il piano di riduzione del personale che aveva in animo di attuare e che poi, di fatto, non ha attuato.
6.3.- La complessità degli accordi commerciali dei quali riferisce l’Agenzia, che coinvolgono anche altri soggetti rispetto a sovvenzionata e sovvenzionante, in seno a un gruppo societario, del quale la sovvenzionante non era la controllante, non consente neanche di affermare che l’erogazione del contributo abbia causa diretta ed esclusiva nell’attività economica della società che l’ha erogato.
6.4.- Infine, non v’è allegazione e, a maggior ragione, non v’è prova che il contributo ricevuto abbia comportato la proporzionale riduzione del prezzo di cessioni di beni o di prestazioni di servizi compiute dalla società sovvenzionata.
6.5.- La censura va quindi respinta, con l’affermazione del seguente principio di diritto:
“in tema di Iva, la sovvenzione erogata da un terzo acquista rilevanza ai fini dell’Iva che deve assolvere chi l’ha ricevuta quando sia ravvisabile un nesso immediato e diretto tra operazioni a monte e operazioni a valle, che può essere inteso anche come correlazione diretta ed esclusiva all’attività economica del sovvenzionante, purché il prezzo che l’acquirente o il destinatario della prestazione devono pagare sia fissato in modo tale da diminuire proporzionalmente alla sovvenzione concessa al venditore del bene o al prestatore del servizio; sicché non rileva ai fini dell’Iva, di per sé, il contributo erogato da una società collegata al fine di alleggerire i costi che la sovvenzionata aveva programmato di sostenere e che in concreto non ha sostenuto“.
7.- Fondato è, invece, il secondo motivo di ricorso, col quale si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 66 e 75 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, là dove la Commissione tributaria regionale ha ritenuto rilevante, per la tassazione ai fini delle imposte dirette del contributo in questione, già incassato dalla contribuente, il mero rischio della sua perdita, pur in assenza di alcuna iniziativa concretamente avviata per il recupero di essa da parte del soggetto erogante.
7.1.- In tema di determinazione del reddito d’impresa, i contributi erogati per incrementare i mezzi patrimoniali del beneficiario, senza che la loro concessione si correli all’onere di uno specifico investimento in beni strumentali sono contributi in conto capitale, e, quindi, sopravvenienze attive (Cass. 6 luglio 2016, n. 13734; sulla destinazione dei contributi a integrare i ricavi si veda Cass. 21 marzo 2019, n. 7950); e, in quanto tali, vanno tassati come ricavi nell’esercizio di competenza, secondo la regola generale in base alla quale il dovere di conteggiare i componenti positivi nell’anno di riferimento si arresta soltanto di fronte a quei ricavi ed a quei costi che non siano ancora noti all’atto della determinazione del reddito, e cioè al momento della redazione e presentazione della dichiarazione (Cass. 6 giugno 2019, n. 15320).
7.2.- In particolare, ai sensi dell’art. 75 (ora 109), comma 1, del d.P.R. n. 917/86, i ricavi, i costi e gli altri oneri sono imputabili all’esercizio di competenza in cui si è formato il titolo giuridico che ne costituisce la fonte, purché l’esistenza o l’ammontare degli stessi sia determinabile in modo oggettivo (Cass. 9 novembre 2018, n. 28671).
7.3.- Corretto è stato dunque l’operato dell’Agenzia, che ha recuperato a tassazione il contributo nell’esercizio di competenza, ossia a quello risale il relativo titolo giuridico, ossia il riconoscimento della società erogante. Né il rischio di recupero, che in base agli atti risulta essere mera possibilità, è idoneo di per sé a incidere sul parametro della certezza.
Il motivo va per conseguenza accolto.
8.- Le considerazioni che precedono determinano l’assorbimento del terzo motivo di ricorso, che propone censure concernenti la motivazione della sentenza in relazione alle questioni in diritto già proposte col primo e col secondo motivo.
9.- La sentenza impugnata va per conseguenza cassata in relazione al profilo accolto, con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Lazio in diversa composizione, anche per le spese.
P.Q.M.
rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione al profilo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Lazio in diversa composizione.
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