CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 04 agosto 2020, n. 16661
Tributi – Imposta di registro – Operazioni negoziali – Imposta in misura fissa – Verificabilità – Prova
Esposizione del fatto
1. La società J. C. s.r.l. impugnava l’avviso di liquidazione emesso dall’Agenzia delle Entrate, avente ad oggetto l’applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale sulle somme portate da decreto ingiuntivo, emesso dal tribunale di Napoli in favore della società, relativo a crediti dalla stessa acquistati pro soluto, contestandone la legittimità sul rilievo che, svolgendo essa attività di finanziamento e non di recupero crediti, l’atto giudiziario doveva essere sottoposto all’imposta in misura fissa, sulla base del disposto di cui all’art. 40 del d.P.R. n. 131/86 e della nota II dell’art. 8 della tariffa allegata; ciò, in quanto, proprio per la natura finanziaria delle operazioni in questione, esse rientravano nel campo di applicazione dell’IVA, sebbene tra le operazioni esenti, ex art. 10 comma primo d.P.R. n. 633/72.
La C.T.P. di Napoli accoglieva il ricorso della società contribuente, riconoscendo la natura finanziaria alle operazioni negoziali poste in essere dalla società J. C., con conseguente applicazione dell’imposta in misura fissa.
L’Agenzia delle Entrate impugnava la sentenza dei primi giudici dinanzi alla C.T.R. della Campania, la quale, nel respingere il gravame, affermava “la natura finanziaria della cessione dei crediti pro soluto, confermata dalla circostanza che la società J. C. è una società veicolo per la cartolarizzazione dei crediti … con la conseguenza che l’attività esclusiva svolta è quella di finanziamento che rappresenta il suo unico scopo; ed infatti la società cessionaria non ottiene un compenso per ogni credito riscosso, ma la remunerazione deriva dalla differenza tra l’importo versato per l’acquisto dei crediti e l’importo riscosso in ordine ai medesimi crediti”.
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 994/34/14, depositata il 3.02.2014, svolgendo tre motivi, cui resiste con controricorso la società J. C., chiedendo il rigetto del ricorso.
Il P.G. ha concluso per la declaratoria della cessazione della materia del contendere.
Esposizione delle ragioni di diritto
2. Con la prima censura, che reca violazione e falsa applicazione degli artt. 132 e 342 c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., l’Ufficio lamenta “carenza motivazionale”, per avere il decidente affermato l’inammissibilità del primo motivo di appello in quanto “avulso” dalle argomentazioni dei primi giudici, quando, al contrario, la censura di appello prospettava l’omessa motivazione in merito all’accoglimento della tesi della natura finanziaria della cessione dei crediti.
3. Con il secondo motivo, che prospetta violazione e falsa applicazione degli artt. 40 d.p.r. n. 131/1986 e 8 nota II della Tariffa, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., l’ente finanziario censura la sentenza impugnata, sul presupposto che il decreto ingiuntivo che condanna la parte debitrice al pagamento di somme di danaro è soggetto al versamento dell’imposta di registro in misura proporzionale, a nulla rilevando il rapporto sottostante l’attivazione della procedura monitoria.
In particolare, deduce l’Ufficio che solo le operazioni di cui agli originari contratti di appalto hanno scontato l’iva, mentre le obbligazioni di pagamento, poste a fondamento dei procedimenti monitori, a carico dei debitori ceduti, sarebbero estranee all’originario rapporto contrattuale.
5.La terza censura reca denuncia, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., della violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.con riferimento all’art. 15 d.p.r. n. 633/1972, sul rilievo che la CTR ha omesso di esaminare l’ulteriore e distinta questione della tassazione della somma sugli interessi e rivalutazione, in contrasto con quanto dispone l’art. 15 cit., il quale esclude dal computo della base imponibile le somme dovute a titolo di interessi moratori o di penalità, le quali, pertanto, rientrerebbero nel campo di applicazione dell’imposta di registro.
5. Con nota del 12.02.2018, l’Ufficio ha prodotto la comunicazione della regolarità della definizione della lite, avendo il contribuente presentato istanza di definizione della lite, ai sensi dell’art. 6 del d.l. n. 119 del 2018, convertito con modificazioni dalla legge n. 136 del 2018 ed avendo il medesimo pagato tutte le somme previste dalla citata normativa.
Si è verificata dunque, dopo la proposizione del ricorso, una causa di estinzione ex lege del processo che deve essere qui dichiarata preliminarmente e che esclude la necessità di valutare le altre questioni sollevate dalle parti e di provvedere in ordine al regolamento delle spese del presente giudizio.
Va, pertanto, dichiarato estinto il presente giudizio per cessata materia del contendere, ai sensi della normativa sopra citata, con compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Dichiara estinto il giudizio per cessata materia del contendere, ai sensi dell’art. 6 del d.l. n. 119 del 2018; compensa le spese del presente giudizio.
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