CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 04 aprile 2018, n. 8287
Tributi – Indennità di occupazione di aree assoggettate a procedimento espropriativo – Terreni espropriati a fini edificatori – Applicazione ritenuta a titolo d’imposta da parte del soggetto erogante – Legittimità
Svolgimento del processo
D.V.C., D.V.A., D.V.M.M. e M.M.N. impugnavano il silenzio- rifiuto formatosi sulla loro istanza di rimborso – inviata in data 6.11.2008 – delle ritenute del 20%, operate dal Comune di Lizzano, relativa a somme ad essi erogate a titolo di indennità di occupazione di aree assoggettate a procedimento espropriativo per la realizzazione di una strada nell’ambito del piano di zona 167 (edilizia residenziale sovvenziona) come liquidate con sentenza n. 176/2006 della Corte di Appello di Lecce. Deducevano la illegittimità della ritenuta fiscale in quanto il terreno espropriato ricadeva in zona agricola e non rientrava nella previsione di cui all’art. 11, L. n. 413 del 1991.
L’Ufficio resisteva. La Commissione Tributaria Provinciale di Taranto, con sentenza n. 622/04/2009, accoglieva il ricorso.
L’Amministrazione appellava, ribadendo le proprie motivazioni.
I contribuenti resistevano. La Commissione Tributaria Regionale della Puglia, con sentenza n. 191/29/10 depositata il 27.10.2010 accoglieva l’appello e rigettava l’istanza di rimborso.
Contro la sentenza della CTR ricorrono per cassazioni i contribuenti con ricorso, notificato in data 12.12.2011 affidato a due motivi.
L’Amministrazione resiste con controricorso.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n.3 c.p.c. la violazione e falsa applicazione dell’art. 35, comma 6 DPR n. 327/2001, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1 comma 444 della legge 266/2005, violazione e falsa applicazione dell’art. 67 del DPR n. 917 del 1986 in relazione al principio di cassa in esso contenuto.
1.a. Il motivo non è fondato
Costituisce infatti ormai principio consolidato di questa Corte che, in tema di imposte sui redditi, ai sensi della L. n. 413 del 1991, art. 11, ogni pagamento che realizzi una plusvalenza in dipendenza di procedimenti espropriativi e sia conseguito dopo l’entrata in vigore della norma citata è assoggettato a tassazione, ancorché il decreto di esproprio o la cessione volontaria o l’occupazione acquisitiva siano intervenuti in epoca anteriore al 1 gennaio 1989. L’art. 11, difatti, qualifica plusvalenze, che costituiscono reddito imponibile e che, pertanto, concorrono alla formazione dei redditi diversi di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 81 (nel testo rilevante pro tempore), non solo le indennità di espropriazione, ma anche le “somme comunque dovute per effetto di acquisizione coattiva conseguente ad occupazioni di urgenza divenute illegittime relativamente a terreni destinati ad opere pubbliche” (art. 11, comma 5). E, dunque, prevede (al comma 7) che gli enti eroganti devono operare una ritenuta a titolo di imposta del 20% all’atto della corresponsione delle somme “per risarcimento danni da occupazione acquisitiva”. Come si apprende dalla stessa narrativa della sentenza gravata il credito dei contribuenti è stato riconosciuto e liquidato, a seguito di pronunce della Corte d’appello di Lecce già sotto la vigenza della L. n. 413 del 1991.
La legge n. 413 del 1991, art. 11, comma 5 attribuisce rilevanza unicamente all’essere la plusvalenza conseguente alla percezione di indennità o risarcimenti relativi “a terreni destinati ad opere pubbliche o ad infrastrutture urbane all’interno delle zone omogenee di tipo A, B, C, D di cui al D.M. 2 aprile 1968 (..) definite dagli strumenti urbanistici (..)”. Tanto prescinde – come già da questa Corte affermato (tra le tante Cass. n. 15845/2004) – dalla classificazione risultante dal locale piano regolatore con riguardo a zone non comprese nella classificazione formale del predetto D.M..
Le previsioni di uno strumento urbanistico locale, quand’anche legittimamente adottate, sono del tutto irrilevanti ai fini specifici, perché non considerate affatto dalla normativa nazionale. Mentre quel che conta è il criterio che, ai sensi dell’art. 11, comma 5, Legge cit., sottopone a tassazione le plusvalenze conseguenti alla percezione di indennità o di risarcimenti in relazione alla mera collocazione dei suoli nelle zone omogenee indicate (di tipo A, B, C, D), senza rilevanza di alcuna ulteriore distinzione (tra aree aventi vocazione edificatoria e terreni agricoli). Per cui, ai fini dell’assoggettamento ad imposizione, occorre solo verificare se l’area, in relazione alla quale si verifica il presupposto impositivo, sia inserita in una di queste zone, o per espressa previsione dello strumento urbanistico generale di primo livello, ovvero per il suo inserimento in linea di fatto in forza di piano attuativo di secondo o terzo livello (cfr. Cass. n. 9455/2006); fermo restando che, comunque, non rileva, allo scopo di escludere l’imponibilità ai fini Irpef, il fatto che l’area, secondo il locale piano regolatore, si trovasse all’interno di zona altrimenti destinata, poiché tale previsione non è sufficiente a escludere la relativa inerenza dell’area alle zone omogenee considerate avuto riguardo alla sua destinazione effettiva (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 652 del 2012).
La sentenza impugnata con accertamento in fatto non toccato da censura in ordine alla sua correttezza logico-giuridica, ha statuito che l’area ricadeva in zona PEEP (167) per la realizzazione di un’opera pubblica e che si trattava, dunque, di terreni espropriati ai fini edificatori, anche se per la costruzione di case popolari e di cooperative.
D’altro, all’inclusione dei terreni nel Piano per l’edilizia popolare, consegue la diretta applicabilità della L. n. 413 del 1991, art. 11, il quale, al comma 5, prevede espressamente l’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 81, comma 1, lett. b), ultima parte, (previgente numerazione) del T.U.I.R., approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, alle plusvalenze conseguenti alla percezione, da parte di soggetti che non esercitano imprese commerciali, di indennità di esproprio o di somme percepite a seguito di cessioni volontarie nel corso di procedimenti espropriativi nonché di somme comunque dovute per effetto di acquisizione coattiva conseguente ad occupazioni di urgenza divenute illegittime relativamente a terreni destinati…, ad interventi di edilizia residenziale pubblica ed economica e popolare di cui alla L.18 aprile 1962, n. 161 e successive modificazioni.
2. Con il secondo motivo di ricorso deducono i ricorrenti ai sensi dell’art. 360, comma 1 n.4 c.p.c. error in procedendo. Errata applicazione dell’art. 112 c.p.c., vizi conseguenti all’essersi la CTR pronunciata con motivazioni e valutazioni relative a fatti non contestati dalle parti nonchè diversi ed ulteriori rispetto a quelli presenti negli atti di causa.
2.a. Il motivo non è fondato.
L’Ufficio nel proprio atto di appello e nelle proprie difese ha sempre sostenuto che al momento dell’emanazione del decreto di occupazione di urgenza e per tutto il periodo di occupazione legittima, l’area ricadeva nel Piano di zona 167 e quindi in una “area urbana” sicchè nessuna prospettazione o eccezione nuova è stata formulata.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in €. 4.100,00 oltre accessori.
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