CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 04 dicembre 2020, n. 27769
Avvocato – Elezioni degli avvocati quali componenti del consiglio dell’ordine – Domanda del primo non eletto di annullamento della proclamazione dell’elezione di uno o più candidati ineleggibili – Sentenza di rigetto emessa dal CNF – Ricorso per cassazione – Mancata notifica del ricorso agli altri componenti eletti intervenuti in primo grado – Violazione del litisconsorzio necessario – Esclusione
Fatti di causa
Gli avvocati A.S. e S.S. hanno chiesto l’annullamento della proclamazione dell’elezione dei colleghi L.D.T. e R.D.R., dei quali hanno affermato l’incandidabilità o l’ineleggibilità a norma degli artt. 47, comma 6, della I. 31 dicembre 2012, n. 247 e 22, comma 6, del r.d. 27 novembre 1933, n. 1578. E ciò perché i suddetti avvocati, già componenti delle Commissioni di esame di avvocato rispettivamente nella sessione 2016/2017 e 2015/2016, si sono candidati alle elezioni per il rinnovo del COA di Pescara, tenutesi il 27 e il 28 febbraio 2019, sebbene si trattasse delle elezioni immediatamente successive alla cessazione dell’incarico di componenti la rispettiva Commissione. Per conseguenza i due istanti, primo e secondo dei candidati non eletti, hanno chiesto al Consiglio nazionale forense di dichiarare il loro diritto di subentrare nella carica di componenti del COA in luogo dei due colleghi eletti, ma incandidabili o comunque ineleggibili.
Instauratosi il contraddittorio, hanno presentato deduzioni difensive sia i due avvocati in questione, sia gli altri componenti eletti avvocati G.D.B., C.S., D.T., P.C., M.G., L.S., A.Z., E.C. e G.G..
Il Consiglio nazionale forense con la sentenza impugnata ha rigettato il reclamo. Ha osservato, a fondamento della decisione, che la norma applicabile, ossia l’art. 47, comma 6, della l. n. 247/12, va interpretata nel senso che l’ineleggibilità ivi prevista vale soltanto per il candidato alle elezioni che abbia svolto l’incarico di commissario d’esame nell’ultima sessione precedente la tornata elettorale alla quale si riferisce la candidatura e ne ha ravvisato la ratio nell’esigenza di evitare l’utilizzo improprio dell’incarico di commissario per ottenere consenso elettorale.
Questa ratio, ha sottolineato il CNF, va comunque coordinata col principio, di matrice costituzionale, secondo il quale l’ineleggibilità costituisce la regola, sicché le norme che la stabiliscono sono di stretta interpretazione.
Contro questa sentenza propone ricorso l’avv. A.S. per ottenerne la cassazione, articolato in un unico motivo, cui rispondono con distinti controricorsi gli avvocati L.D.T. e R.D.R., nonché gli avvocati G.D.B., C.S., D.T., P.C., M.G., L.S., A.Z., E.C. e G.G..
Il ricorrente notifica alle controparti atto di correzione dell’errore materiale commesso nell’indicare il numero della sentenza impugnata.
Tutte le parti hanno depositato memoria e, in prossimità dell’udienza, la Procura generale, in persona del sostituto procuratore G.G., ha presentato conclusioni scritte.
Ragioni della decisione
1.- Vanno preliminarmente respinte le eccezioni, rispettivamente formulate come di nullità della notificazione del ricorso per cassazione e di violazione del litisconsorzio, con conseguente richiesta d’integrazione del contraddittorio, degli avvocati costituiti in giudizio, i quali hanno evidenziato che le quattro consigliere elette indicate in atti, sebbene evocate in giudizio dinanzi al Consiglio nazionale forense, non hanno ricevuto la notificazione del ricorso per cassazione.
La posizione di queste consigliere non è difatti in alcun modo incisa dal ricorso, che non è idoneo, neanche in caso di accoglimento, a minare il loro diritto alla conservazione del risultato elettorale (in relazione al quale si veda in particolare Cass. 24 settembre 2014, n. 20137); e ciò perché l’ineleggibilità individuale comporta la sola nullità originaria della candidatura del soggetto ineleggibile e del voto che gli è stato dato, con la conseguente invalidità originaria della sua elezione, senza incidere sul risultato complessivo della tornata elettorale, che resta valido ed efficace, così come i voti validamente espressi agli iscritti eleggibili (Cass., sez. un., 24 novembre 2011, n. 24812; conf., Cass. 4 settembre 2019, n. 22090). Sicché la richiesta integrazione del contraddittorio si tradurrebbe in un’attività processuale ininfluente sull’esito del giudizio, in mancanza, in concreto, di esigenze di tutela del contraddittorio e della necessità di garantire la difesa.
2.- Con l’unico motivo di ricorso l’avv. A.S. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 51 e 97 Cost., dell’art. 47, comma 6, della l. n. 247/12 e dell’art. 22, comma 6, del r.d.l. n. 1578/33, là dove il Consiglio nazionale forense ha trascurato che il divieto ivi posto riguarda le elezioni, sicché gli ex commissari d’esame non si possono candidare ed essere eletti nella prima tornata elettorale dopo la cessazione dell’incarico.
2.1.- Il ricorso, diversamente da quanto eccepito dai controricorrenti, è formulato in maniera adeguata, perché dà conto degli elementi di fatto e identifica correttamente la questione di diritto.
Né si può ritenere formato un giudicato, come pure vorrebbero i controricorrenti, in quanto la statuizione che a loro dire non sarebbe stata impugnata, ossia l’individuazione della ratio posta a sostegno della causa d’ineleggibilità alla luce dei principi costituzionali come ricostruiti in sentenza, in realtà consiste in argomentazioni poste a sostegno della decisione. Decisione che, nel suo nucleo, è stata aggredita col ricorso.
3.- Oltre che ammissibile, il ricorso è anche fondato.
Stabilisce l’art. 47, comma 6, della l. n. 247/12 che «6. Gli avvocati componenti della commissione non possono essere eletti quali componenti del consiglio dell’ordine, di un consiglio distrettuale di disciplina, del consiglio di amministrazione o del comitato dei delegati della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza forense e del CNF nelle elezioni immediatamente successive alla data di cessazione dell’incarico ricoperto…».
Il tenore della disposizione poco si discosta da quello della disposizione che l’ha preceduta, ossia dell’art. 22, comma 6, del r.d.l. n. 1578/33, secondo cui «6. (…) Gli avvocati componenti della commissione e delle sottocommissioni non possono candidarsi ai rispettivi consigli dell’ordine e alla carica di rappresentanti della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense alle elezioni immediatamente successive all’incarico ricoperto (…)».
2.2.- In particolare, scarso rilievo ha il riferimento, nella disposizione del 2012, all’ineleggibilità e non più all’incandidabilità, come avveniva con la norma del 1933.
Seppur dogmaticamente giustificabile, difatti, la differenza tra incandidabilità, intesa come impossibilità ad essere candidato, e ineleggibilità, come impossibilità ad essere eletto, diviene, nei fatti, difficilmente percepibile e finisce con l’essere semplicemente il frutto dell’originaria nascita delle norme che hanno previsto l’incandidabilità, quando l’ineleggibilità era l’unico istituto a valere prima della candidatura.
La stessa Corte costituzionale, d’altronde, ha qualificato l’incandidabilità (con riferimento a quella prevista dall’art. 15, comma 1, lett. c), della I. 19 marzo 1990, n. 55) come «particolarissima causa di ineleggibilità» (Corte cost. 23 aprile 1996, n. 141).
2.3.- Né significativo, se non in termini di maggiore chiarezza, è il riferimento del 2012 alla «data di cessazione dell’incarico ricoperto, anziché semplicemente «all’incarico ricoperto» evocato dalla disposizione del 1933. Anzi: il richiamo alla data di cessazione, e non già semplicemente all’incarico, si presta a un ampliamento del periodo d’ineleggibilità, che avanza, nel suo dies a quo, sino alla data di cessazione dell’incarico; laddove la disposizione precedente faceva riferimento all’incarico in corso di svolgimento.
3.- E allora, la fondatezza del ricorso emerge dalla giurisprudenza costituzionale maturata in relazione al tenore della disciplina precedente, che risolve anche il dubbio di legittimità costituzionale avanzato nel giudizio odierno.
Interpellata giustappunto sulla legittimità costituzionale dell’art. 22, comma 6, del r.d.l. n. 1578/33, la Corte costituzionale ha evidenziato che quel che conta, ai fini della previsione d’incandidabilità, è la tornata elettorale, non già l’immediatezza delle elezioni: sicché è nella tornata elettorale immediatamente successiva allo svolgimento dell’incarico di componente delle commissioni e sottocommissioni per gli esami di avvocato (e, oggi, nella tornata elettorale immediatamente successiva alla data di cessazione del suddetto incarico) che rileva la causa d’incandidabilità, e, oggi d’ineleggibilità (Corte cost. 15 aprile 2011, n. 138).
3.1.- A scongiurare i dubbi di legittimità costituzionale, riproposti dal CNF con la sentenza impugnata e dai controricorrenti nell’odierno giudizio, quella Corte ha sottolineato che la preclusione posta dal legislatore non riguarda un periodo né temporalmente indeterminato né, in sé, eccessivo o irragionevole.
Si tratta comunque di una scelta discrezionale, ma non irrazionale, del legislatore, di separazione funzionale, intesa a impedire possibili commistioni di attribuzioni reputate non opportune, secondo una prospettiva di trasparenza amministrativa e di efficienza gestionale in linea coi i valori espressi dalla Costituzione.
3.2.- E queste ragioni sono attuali, con riguardo al testo novellato.
Irrilevante è, in particolare, il riferimento all’allungamento della durata del mandato consiliare da due a quattro anni, giacché il periodo resta temporalmente determinato, né eccessivo, né irragionevole. L’interpretazione offerta dai controricorrenti, secondo cui con l’avverbio “immediatamente” il legislatore avrebbe inteso riferirsi alle elezioni da espletare nel corso degli esami, nonché alla tornata elettorale che eventualmente si svolga l’anno successivo alla data di conclusione di essi, oltre a non rinvenire alcun appiglio letterale, è addirittura smentita dal testo della nuova disposizione, che si riferisce, si è visto, alla data di cessazione dell’incarico.
4.- I due avvocati eletti indicati in ricorso, allora, non erano eleggibili e la loro elezione è da considerare invalida sin dall’origine e, quindi, tamquam non esset. Per conseguenza, a integrare il numero degli eletti deve essere chiamato il professionista che abbia ricevuto il maggior numero di preferenze dopo l’ultimo degli eletti (Cass., sez. un., n. 24812/11, cit.; conf., Cass. n. 22090/19, cit.), che nel caso in esame è appunto il ricorrente, senza necessità di procedere a elezioni suppletive.
5.- Il ricorso va in conseguenza accolto, la decisione del Consiglio nazionale forense cassata e l’avv. A.S. va chiamato a integrare il numero degli eletti del COA di Pescara.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la decisione del Consiglio nazionale forense e dispone che l’avv. A.S. sia chiamato a integrare il numero degli eletti del COA di Pescara. Condanna i controricorrenti a pagare le spese, che liquida in euro 5000,00 per compensi, oltre euro 200,00 per esborsi, il 15% a titolo di rimborso forfettario e gli accessori di legge.
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