CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 04 febbraio 2020, n. 2523
Esposizione all’amianto – Rendita ai superstiti – Vita professionale quale causa esclusiva o quantomeno prevalente dell’esposizione – Mancata prova – Non rileva – Malattia professionale tabellata – Inclusione nella tabella della lavorazione svolta e della malattia contratta, purché insorta entro il periodo massimo d’ indennizzabilità eventualmente previsto – Presunzione di eziologia professionale della patologia sofferta dall’assicurato
Fatti di causa
1. La Corte d’Appello di Napoli, in riforma della sentenza del Tribunale della stessa città, rigettava la domanda proposta da C.D.L., M.C. e G.C. che, nella qualità di eredi di S.C., deceduto il 24.7.2003 per carcinoma polmonare, avevano chiesto l’erogazione della rendita ai superstiti in ragione della derivazione causale della malattia mortale dall’esposizione del de cuius all’amianto durante la propria vita professionale, di addetto ai lavori portuali.
2. La Corte territoriale riteneva che non risultasse provato nel caso il ruolo di causa esclusiva o quantomeno prevalente dell’esposizione all’amianto, documentata in atti, nella malattia che aveva condotto S.C. al decesso, recependo le conclusioni del c.t.u. secondo le quali non era stata possibile la verifica in ordine all’esclusione di altre possibili cause concorrenti nel processo eziologico, quali il fumo di tabacco.
3. Per la cassazione della sentenza C.D.L. ha proposto ricorso, affidato ad un unico motivo, cui ha resistito l’INAIL con controricorso.
4. C.D.L. ha depositato anche memoria ex art. 378 c.p.c.
Ragioni della decisione
5. La ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del T.U. n. 1124 del 1965 ed assume che, trattandosi di patologia tabellata, la prova del nesso eziologico non fosse necessaria, non avendo l’INAIL neppure controdedotto in ordine all’insufficienza del rischio e della concreta esposizione all’agente patogeno connesso alla lavorazione tabellata in misura sufficiente a cagionare la malattia.
6. Il ricorso è fondato.
Come chiarito da questa Corte sin dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 1919 del 09/03/1990, nel sistema dell’assicurazione contro le malattie professionali – quale risulta per effetto dell’ampliamento della protezione alle malattie professionali non tabellate operato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 179 del 1988 – la distinzione tra le malattie comprese nelle tabelle e quelle ivi non comprese rileva sul piano della prova del nesso di causalità. Costituisce infatti principio consolidato quello secondo il quale l’inclusione nella tabella sia della lavorazione svolta che della malattia contratta (purché insorta entro il periodo massimo d’ indennizzabilità eventualmente previsto) comporta l’applicazione della presunzione di eziologia professionale della patologia sofferta dall’assicurato. In tal caso, dunque, al lavoratore è sufficiente dimostrare lo svolgimento professionale della lavorazione indicata in tabella e di essere affetto dalla malattia ivi prevista, per essere esonerato dalla prova dell’esistenza del nesso di causalità tra l’uno e l’altra, avendo già l’ordinamento compiuto la correlazione causale tra i due termini (v. Cass. n. 3207 del 2019, Cass. n. 16248 del 2018, Cass. n. 13024 del 2017, Cass. n. 23653 del 2016).
7. Questa Corte ha poi precisato che in caso di malattie pure previste in tabella, ma ad eziologia plurima o multifattoriale, il lavoratore deve comunque fornire la prova, in termini di rilevante o ragionevole probabilità scientifica, dell’idoneità dell’esposizione al rischio a causare l’evento morboso (principio ribadito ancora da ultimo da Cass. n. 8773 del 10/04/2018, Cass. n. 13814 del 31/05/2017, Cass. n. 23653 del 21/11/2016 Cass. n. 17438 del 12/10/2012).
8. La soluzione non costituisce deroga ai principi propri del sistema tabellare, ma conseguenza del fatto che il sistema tabellare esonera il lavoratore dalla prova del nesso di causalità tra la lavorazione tabellata e la malattia, ma non dalla prova dell’adibizione professionale alla prima. Le tabelle richiamate all’art. 3 del D.P.R. n. 1124 del 1965 vengono rinnovate tenendo conto delle acquisizioni della scienza medica nelle forme e nei modi previsti dal D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 10, attraverso i lavori dell’apposita Commissione scientifica, ed hanno ad oggetto lavorazioni astrattamente individuate come tipiche. Per far scattare la presunzione di nesso causale in concreto ed in relazione al caso specifico, la prova del lavoratore dovrà dunque avere ad oggetto (oltre alla contrazione della malattia tabellata) lo svolgimento di una lavorazione che rientri nel perimetro legale della correlazione causale presunta e dunque che sia ritenuta idonea, secondo un criterio di ragionevole probabilità scientifica, a provocare la malattia. Solo in tal caso la fattispecie concreta potrà ritenersi aderente a quella astratta prevista dalla tabella e potrà scattare la presunzione di eziologia professionale con specifico riferimento a quel lavoratore.
9. La presunzione legale in questione non è assoluta, rimanendo la possibilità per l’INAIL di fornire la prova contraria, ad esempio dimostrando che la malattia, per la sua rapida evolutività, non è ricollegabile all’esposizione a rischio, in quanto quest’ultima sia cessata da lungo tempo, oppure che il lavoratore è stato concretamente esposto all’agente patogeno connesso alla lavorazione tabellata in misura non sufficiente nel caso concreto a cagionare la malattia, o che sussista un fattore extralavorativo che sia stato di per sé idoneo a determinarla (Cass. n. 19312 del 25/09/2004, Cass. n. 14023 del 26/07/2004).
10. A questo proposito, poiché nella materia degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali trova diretta applicazione il principio di equivalenza causale di cui all’art. 41 c.p., è sufficiente per far sorgere la tutela in favore del lavoratore che l’esposizione a rischio sia stata concausa concorrente della malattia, non richiedendosi che essa abbia assunto efficacia causale esclusiva o prevalente (così da ultimo v. Cass. n. 27952 del 31/10/2018, Cass. n. 23653 del 2016, n. 6105 del 26/03/2015). Ne discende che, per vincere la presunzione di eziologia professionale, la prova contraria dell’INAIL dovrà avere ad oggetto l’efficacia causale esclusiva dell’eventuale fattore morbigeno extralavorativo.
11. Qualora l’INAIL non fornisca tale prova contraria, deve ritenersi sussistente il nesso causale in virtù della suddetta presunzione legale.
12. Quanto detto vale, come anticipato, quando siano previste in tabella sia la lavorazione che la specifica malattia ad essa correlata.
13. Diverso è il caso in cui la malattia sia nosologicamente definita solo con riferimento alla sua causa: talvolta infatti la tabellazione ricorre a tale più generica previsione, comprendendo lavorazioni (non nominate) «causate da …» agenti morbigeni individuati (v. ad es. la voce n. 25 della tabella allegato A) al d.p.r. n. 1124 del 1965, che alla lettera b) contempla le «altre malattie causate dall’esposizione professionale a composti organici del fosforo»).
14. In tale caso, non vi è una previa individuazione normativa della derivazione causale, restando indefinito uno dei due fattori del nesso, e dunque non scatta la presunzione di eziologia professionale, sicché l’assicurato è integralmente onerato del relativo onere della prova.
15. Il carcinoma polmonare, che rileva nella causa in esame, è esplicitamente previsto tra le malattie «contratte nelle lavorazioni che espongono all’inalazione delle fibre di asbesto» alla voce n. 57 della Nuova Tabella delle malattie professionali dell’industria, all. 4, da ultimo modificata dal D.M. 9 aprile 2008.
16. Si tratta quindi di malattia nosologicamente definita nella tabella, in relazione alla quale in caso di esposizione al relativo rischio la presunzione legale di origine professionale opera in modo immediato.
17. Nel caso, la Corte territoriale ha riferito che l’esposizione all’amianto del signor C. nello svolgimento dell’attività lavorativa era documentata. Ha parimenti premesso che era stata accertata la malattia denunciata, che aveva condotto a morte il de cuius.
18. Ciò malgrado, ha posto a carico dell’assicurato (e per esso dei suoi eredi) l’onere di dimostrare l’esclusione di altre cause dirette della malattia, desumibili dall’anamnesi personale e familiare e dalle abitudini di vita del de cuius.
19. In tal modo ha però violato i principi che governano la distribuzione dell’onere della prova del nesso causale nelle malattie tabellate, quali risultano dall’esposizione che precede, in quanto, essendo risultate in causa l’esposizione a rischio e l’affezione dalla malattia tabellata, incombeva sull’INAIL l’onere di fornire la prova idonea a vincere la presunzione legale di nesso causale, avente ad oggetto l’eventuale esistenza di un diverso ed esclusivo fattore causale extralavorativo.
20. In conclusione, il ricorso dev’essere accolto, la sentenza impugnata dev’essere cassata in relazione ad esso e rinviata alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione, che dovrà procedere a nuovo esame sulla base dei principi sopra esposti e provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
21. L’esito del giudizio determina l’insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione.
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