CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 04 luglio 2019, n. 17963
Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Ricorso notificato all’Amministrazione finanziaria privo di sottoscrizione – Originale depositato in Cancelleria regolarmente sottoscritto, con procura debitamente firmata dal legale rappresentante – Inammissibilità del ricorso – Esclusione
Fatti di causa
La società F.B. S.r.l. proponeva appello avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano con la quale il giudice di primo grado aveva dichiarato inammissibile, per tardività, il ricorso proposto avverso la cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato ex art. 36-bis del d.P.R. n. 600/1973, in relazione all’anno d’imposta 2006, riportante iscrizioni a ruolo di somme per omesso versamento del saldo IRES e IRAP.
La Commissione tributaria regionale, accogliendo la eccezione preliminare sollevata dall’Ufficio, rigettava l’appello perché inammissibile ai sensi dell’art. 53 del d.lgs. n. 546/1992, rilevando che lo stesso era privo delle sottoscrizioni del rappresentante della società e dei difensori e che la procura non risultava firmata dal legale rappresentante.
Avverso la suddetta decisione ricorre per cassazione, con quindici motivi, la società F.B. s.r.l.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, censura la decisione impugnata nella parte in cui i giudici di secondo grado hanno dichiarato l’inammissibilità dell’appello.
Dando atto dell’effettiva mancanza della sottoscrizione del ricorso d’appello notificato all’Agenzia delle Entrate in data 8 novembre 2011, evidenzia che le copie depositate presso la segreteria della Commissione tributaria regionale, in data 9 novembre 2011, risultano, invece, sottoscritte e siglate in ogni pagina e che la procura è stata debitamente firmata dal legale rappresentante della società; aggiunge che durante la pubblica udienza del 11 gennaio 2012 i difensori avevano fatto rilevare tale circostanza, richiamando giurisprudenza di questa Corte che escludeva, in tale ipotesi, la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
2. Con il secondo motivo, denunciando omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, costituito dalla verifica della sottoscrizione sul ricorso in originale depositato in Cancelleria ed acquisito al fascicolo processuale, ribadisce che aveva immediatamente fatto notare ai giudici regionali che la carenza di sottoscrizione era rilevabile solo sulla copia del ricorso in appello notificata all’Amministrazione finanziaria e non anche sull’originale depositato in Commissione tributarla.
3. Con il terzo motivo, denunciando violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e mancanza di corrispondenza tra richiesto e giudicato, rileva che l’intero giudizio è viziato, in quanto sia i giudici di primo grado che i giudici d’appello hanno dichiarato l’inammissibilità del ricorso in primo grado e dell’appello senza giudicare sulla eccepita violazione dell’art. 26 del d.P.R. n. 602/1973 – stante la irregolarità della notificazione della cartella di pagamento per omessa compilazione e sottoscrizione della relata di notifica, che determina giuridica inesistenza dell’atto impugnato – e sulla violazione del combinato disposto dell’art. 21 – septies I. n. 241 del 7 agosto 1990 e dell’art. 7 della I. n. 212/2000, da cui scaturisce la nullità dell’atto impugnato per insussistenza della ragione di credito.
4. Con il quarto motivo, si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 26 del d.P.R. n. 602/1973 ed illegittimità della notifica della cartella di pagamento.
Ad avviso della contribuente, il procedimento di notificazione della cartella di pagamento sarebbe viziato perché non è stata compilata la relata di notifica ad opera dell’agente a ciò abilitato, adempimento imposto dall’art. 149, secondo comma, cod. proc. civ., anche per le notificazioni eseguite tramite il servizio postale, la cui mancanza comporta giuridica inesistenza della stessa notificazione della cartella di pagamento, non sanabile per effetto dell’intervenuta impugnazione dell’atto dinanzi al giudice tributario.
5. Con il quinto motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 14 della legge n. 890 del 20 novembre 1982, sottolineando nuovamente che l’agente notificatore può scegliere di effettuare la notificazione sia a mani sia a mezzo posta e che, in ogni caso, in entrambe le ipotesi, deve comunque seguire le regole previste per la notificazione, fra cui quella relativa all’obbligo di redigere ed allegare all’atto notificato la relata di notifica debitamente compilata, con data, firma e indicazione di chi riceve l’atto.
6. Con il sesto motivo, deduce violazione dell’art. 7 della legge n. 890 del 20 novembre 1982 ed illegittimità della notifica della cartella esattoriale e sostiene che, nel caso di specie, la consegna della raccomandata contenente la cartella esattoriale impugnata è stata fatta nelle mani del custode dello stabile dove aveva sede lo studio legale che rappresentava la società e non, come previsto dal citato art. 7, comma 2, della I. n. 890 del 1982, ad un incaricato dello stesso studio legale, per cui la mancata compilazione della relata di notifica non consentiva di conoscere i motivi che avevano impedito al messo di eseguire la notifica a mani del destinatario.
7. Con il settimo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 36 del d.lgs. n. 546/1992 e motivazione contraddittoria e insufficiente.
La ricorrente fa rilevare che la sentenza impugnata non ha riscontrato alcuna delle richieste poste a fondamento dell’appello, ed in particolare quelle riguardanti la motivazione della sentenza di primo grado che aveva dichiarato l’inammissibilità del ricorso <<d’ufficio>>.
8. Con l’ottavo motivo, si deduce violazione dell’art. 36 del d.lgs. n. 546/1992 ed omissione dell’indicazione di elementi essenziali della sentenza, risultando la sentenza di primo grado carente di quanto richiesto ai punti 2) e 3) del citato art. 36, ossia della concisa esposizione dello svolgimento del processo e delle richieste delle parti.
9. Con il nono motivo, si denuncia violazione dell’art. 18 del d.lgs. n. 546/1992, perché, essendo stata dichiarata d’ufficio l’inammissibilità del ricorso di primo grado per mancanza di prova, da parte del contribuente, della tempestività dell’impugnazione, la Commissione provinciale avrebbe violato la disposizione normativa indicata in rubrica che non richiede, tra i requisiti necessari del ricorso, anche la <<prova della data di notifica dell’atto impugnato>>.
10. Con il decimo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 27 e 36 del d.lgs. n. 546/1992, si censura la sentenza di primo grado per il fatto che la dichiarazione di inammissibilità del ricorso introduttivo avrebbe dovuto essere dichiarata con decreto, anziché con sentenza.
11. Con l’undicesimo motivo, si denuncia violazione dell’art. 101 cod. proc. civ. e mancanza del necessario contraddittorio.
La contribuente lamenta che i giudici di primo grado, prima di addivenire alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso, avrebbero dovuto concedere un termine per il deposito o la produzione di documenti, al fine di consentire alla parte ricorrente di controdedurre sulla eccezione.
12. Con il dodicesimo motivo, la ricorrente denuncia violazione dell’art. 21 del d.lgs. n. 546/1992 e addebita ai giudici di primo grado di avere erroneamente invertito l’onere della prova, pur essendo pacifico che grava sulla parte processuale che invoca la tardività dell’impugnazione dimostrare tale circostanza.
13. Con il tredicesimo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 10, comma 4, della I. n. 146/1998 e l’inapplicabilità degli studi di settore.
La ricorrente spiega che la società nell’anno in contestazione (2006) rientrava nella previsione dell’art. 10, comma 4, sub. b) della legge n. 146/1998, che escludeva dall’assoggettamento agli studi di settore i contribuenti che si trovavano nel primo esercizio di attività, con la conseguenza che la cartella era nulla perché priva del titolo che originava la pretesa.
Pur essendo stata costituita nell’anno 2005, aveva effettivamente iniziato la propria attività nel corso del 2006, come emergeva anche dalla sola lettura del bilancio chiuso al 31 dicembre 2006; la cartella di pagamento si basava sul maggior ricavo desunto dallo studio di settore, non applicabile alla contribuente per l’anno d’imposta oggetto di rettifica.
14. Con il quattordicesimo motivo, la contribuente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 39 del d.P.R. n. 600/1973, ribadendo che la pretesa fiscale si fonda unicamente sull’applicazione dello studio di settore.
15. Con il quindicesimo motivo, censura la decisione per violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del d.P.R. n. 322 del 22 luglio 1998 ed eccepisce l’illegittimità della cartella perché non prende in considerazione la dichiarazione integrativa inviata dalla contribuente, facoltà consentita dai commi 8 e 8-bis dell’art. 2 del d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322 al fine di correggere eventuali errori commessi nella compilazione della dichiarazione dei redditi.
16. Il primo ed il secondo motivo di ricorso che, essendo strettamente connessi, possono essere trattati congiuntamente, sono fondati, con assorbimento dei restanti motivi.
16.1. Risulta pacifico in fatto che il ricorso in appello notificato all’Agenzia delle Entrate era privo della sottoscrizione del legale rappresentante della società e dei difensori e che la procura non risultava firmata dal rappresentante legale, avendo la stessa parte ricorrente, a pag. 7 del ricorso, ammesso detta circostanza.
La contribuente ha, tuttavia dedotto che l’originale del ricorso in appello depositato presso la Cancelleria della Commissione tributaria regionale risulta regolarmente sottoscritto.
16.2. In controricorso, l’Agenzia delle Entrate, richiamando l’art. 18, commi 3 e 4, del d.lgs. n. 546/1992, ratione temporis vigente, oltre a ribadire che l’atto di impugnazione ad essa notificato non può ritenersi validamente proposto perché manca la sottoscrizione dei difensori, non contiene l’indicazione dell’incarico, a norma dell’art. 12, comma 3, del d.lgs. n. 546/1992, e neppure reca la firma del legale rappresentante della società, ha sottolineato, richiamando il principio affermato da questa Corte con la sentenza n. 14389 del 15/6/2010, che la sottoscrizione delle copie del ricorso depositate presso la Commissione tributaria regionale è di per sé irrilevante ed inidonea a sanare l’inammissibilità del ricorso.
16.3. Occorre premettere che le previsioni di inammissibilità, proprio per il rigore sanzionatorio, devono essere interpretate in senso restrittivo, limitandone cioè l’operatività ai soli casi nei quali il rigore estremo (extrema ratio) è davvero giustificato, dovendosi tenere presente l’insegnamento fornito dalla Corte Costituzionale, con particolare riguardo al processo tributario, secondo il quale le disposizioni processuali tributarie devono essere lette in armonia con i valori della <<tutela delle parti in posizione di parità, evitando irragionevoli sanzioni di inammissibilità>> (sentenze Corte Costituzionale n. 189 del 2000 e n. 520 del 2002).
16.4. Sul punto, questa Corte ha precisato che << la chiave di volta dell’intero regime delle inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio tributario va individuato nel quinto comma dell’art. 22 del d.lgs. n. 546/1992 (secondo cui <<ove sorgano contestazioni il giudice tributario ordina l’esibizione degli originali degli atti e dei documenti di cui ai precedenti commi»), il quale stabilisce una sorta di possibile causa di esclusione della sanzione dell’inammissibilità quando vi sia modo di accertare la sostanziale regolarità dell’atto e l’osservanza delle regole processuali fondamentali.
In particolare, con riferimento alla previsione di cui all’art. 22, comma 1, del d.lgs. n. 546/1992, riguardante la menzionata attività di consegna del ricorso in originale all’Ufficio finanziario e di deposito della copia, attestata come conforme dalla parte, presso la segreteria della Commissione, non si può far discendere l’inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio dalla eventuale irregolarità che abbia avuto ad oggetto tale procedura, e, in ipotesi, sia consistita nel rovesciamento dell’ordine procedimentale fissato dalla legge, con la consegna della copia (anziché dell’originale) all’Ufficio ed il deposito dell’originale (anziché della copia conforme) presso l’organo giurisdizionale (Cass. n. 10282 del 2 maggio 2013).
16.5. Si è, quindi, escluso, in applicazione di tali principi, che il ricorso introduttivo possa considerarsi inammissibile per il solo fatto che all’Ufficio sia stata consegnata una copia conforme del ricorso, e non l’originale, in quanto l’inammissibilità discende solo dalla difformità – eventualmente riscontrata da parte del giudice all’esito dell’esibizione degli originali disposta ai sensi del quinto comma dell’articolo 22 del d.lgs. n. 546/1992 – tra l’atto consegnato o spedito per posta all’Ufficio e quello depositato nella segreteria della Commissione tributaria (Cass. n. 21170 del 31/10/2005; Cass. n. 6391 del 22/3/2006; n. 29394 del 16/12/2008; Cass. 15444 del 30/6/2010; n. 6130 del 16/3/2011).
16.6. Pertanto, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, <<in tema di contenzioso, la mancata sottoscrizione della copia del ricorso consegnata o spedita per posta all’Amministrazione finanziaria ne comporta la mera irregolarità se l’originale, depositato nella segreteria della commissione tributaria, risulta sottoscritto, e non l’inammissibilità di cui agli artt. 18, comma 4, e 22, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, che non si applicano qualora un esemplare dell’atto rechi la firma autografa dell’autore, poiché il resistente è comunque in grado di verificare la sussistenza della sottoscrizione sull’originale prima della propria costituzione, il cui termine scade successivamente a quello stabilito per la costituzione del ricorrente>> (Cass. n. 10282 del 2/5/2013; Cass. n, 24462 del 17/11/2014; Cass. n. 12621 del 19/5/2017; Cass., ord. n. 8213 del 30/3/2017; Cass., ord. n. 3089 del 1/2/2019).
16.7. Le <<copie del ricorso>>, di cui l’art. 18 citato impone la sottoscrizione a pena di inammissibilità, come chiarito da questa Corte (Cass. n. 14389 del 15 giugno 2010), sono soltanto quelle <<destinate alle altre parti>> – quindi le copie impiegate per la <<notificazione>> (nel senso del terzo comma dell’art. 16 del d.lvo. n. 546 del 1992, per il quale <<le notificazioni possono essere fatte anche direttamente a mezzo del servizio postale mediante spedizione dell’atto in plico senza busta raccomandata con avviso di ricevimento>>, <<ovvero>>, se dirette ad un <<ufficio>> tributario o all'<<ente locale>>, <<mediante consegna dell’atto all’impiegato addetto che ne rilascia ricevuta sulla copia>>) del medesimo ricorso a dette <<altre parti>>; inoltre, nella previsione delle <<altre parti>> del processo, giusta la identificazione delle stesse operata dall’art. 10 del d.lvo n. 546 del 1992, non è compreso il giudice perché soggetto (come le parti) del processo, ma non parte dello stesso processo.
Conseguentemente, il tenore letterale della norma lascia ritenere che essa regola unicamente e, quindi, si applica soltanto all’ipotesi di ricorso proposto contro più parti (come nel caso di ricorso proposto contro l’ente impositore ed il concessionario della riscossione o di appello proposto non da tutti i litisconsorti necessari e da notificare agli stessi per l’integrità del contraddittorio), e non alla <<costituzione in giudizio del ricorrente>> (e/o dell’appellante, tenuto conto del disposto del secondo comma dell’art. 53, secondo cui <<il ricorso in appello….deve essere depositato a norma dell’art. 22, commi 1, 2 e 3>>), perché l’attività di <<costituzione in giudizio del ricorrente>> è specificamente, nonché diversamente, regolata dall’art. 22 del medesimo d.lgs. n. 546/1992, il cui primo comma prevede che <<il ricorrente>> deve depositare (<<entro trenta giorni dalla proposizione del ricorso, a pena di inammissibilità>>), nella segreteria della commissione tributaria adita (oppure trasmettere <<a mezzo posta, in plico raccomandato senza busta con avviso di ricevimento>>), <<l’originale del ricorso>> se <<notificato a norma degli artt. 137 e seguenti cod. proc. civ.>> ovvero <<copia del ricorso consegnato o spedito per posta>>, con la precisazione che <<in caso di consegna o spedizione a mezzo di servizio postale la conformità dell’atto depositato a quello consegnato o spedito è attestata conforme dallo stesso ricorrente>> (Cass. n. 14389 del 15 giugno 2010).
16.8. La mancanza di sottoscrizione sanzionabile con l’inammissibilità del ricorso va, dunque, intesa come mancanza materiale del requisito imposto dalla legge, e non già quando essa risulti presente per relationem attraverso il rinvio implicito della fotocopia all’atto originale e questa conformità non sia stata contestata o, se anche lo sia stata, essa è comunque infondata.
Come evidenziato da questa Corte già con sentenza n. 6391 del 2006 citata, la sanzione dell’inammissibilità del ricorso, rilevabile d’ufficio, non sanata e non sanabile neppure dalla costituzione in giudizio del resistente, <<appartiene al novero di quelle c.d. forti>>, cioè delle sanzioni <<caratterizzate dalla insanabilità del vizio>> e, pertanto, per il suo <<rigore sanzionatorio>>, la portata della stessa deve essere interpretata <<in senso restrittivo», ossia riservando ad essa <<un limitato campo di operatività, comprensivo cioè di quei soli casi nei quali il rigore estremo dell’inammissibilità (vera e propria extrema ratio) è davvero giustificato >>.
La previsione di inammissibilità, quindi, deve farsi conseguire solo là dove e nei limiti in cui la mancanza della sottoscrizione sia effettiva, non quando essa risulti presente per relationem, attraverso il rinvio implicito dalla fotocopia all’atto (originale) depositato presso la segreteria dell’Ufficio e questa conformità non sia contestata.
17. Quanto, poi, alla mancanza della sottoscrizione della procura, non può che ribadirsi il principio secondo cui è sufficiente che la sottoscrizione della parte sia contenuta nell’originale e sia seguita dall’autenticazione del difensore e che la copia notificata contenga soltanto elementi idonei a dimostrare la provenienza dell’atto da difensore munito di procura speciale, come la trascrizione o l’indicazione del mandato, per cui <<la sottoscrizione della procura (come pure dell’autenticazione del difensore) deve essere sempre rilevata con riferimento all’originale dell’atto e non alla copia notificata» (Cass. n. 13208 del 6 giugno 2007).
Estendendo, infatti, al giudizio tributario i principi sviluppati per quello civile ordinario, in forza dei quali <<non occorre che la procura sia integralmente trascritta nella copia notificata all’altra parte, ben potendosi pervenire, attraverso altri elementi, alla ragionevole certezza che il mandato sia stato conferito prima della notificazione dell’atto>> (Cass. n. 15173 del 29/11/2001; n. 15354 del 9/8/2004), si è precisato (Cass. n. 8601 del 12 aprile 2006) che <<la conformità del ricorso rispetto all’originale notificato dal contribuente all’Ufficio impositore deve riguardare il contenuto dell’atto>>, con la conseguenza che <<deve ritenersi sufficiente l’apposizione» (nella copia) di una <<nota che attesti la presenza …. sull’originale» del <<mandato rilasciato al difensore».
18. Nella sentenza oggetto di impugnazione i giudici regionali hanno accolto l’eccezione d’inammissibilità del ricorso in appello sollevata dall’Agenzia delle Entrate così motivando: <<Esaminati gli atti di causa, ed in particolare l’atto di appello proposto da parte privata, il Collegio rileva come questo sia privo delle sottoscrizioni del rappresentante della società e dei difensori, né la procura risulta firmata dal legale rappresentante, pertanto ritiene l’appello inammissibile per violazione dell’art. 53 del d.lgs. n. 546/1992».
Non conformandosi ai principi di diritto sopra richiamati, i giudici regionali hanno dichiarato l’inammissibilità dell’appello limitandosi a verificare la mancata sottoscrizione della copia spedita a mezzo posta all’Agenzia delle Entrate e, pertanto, la sentenza va cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, per la verifica in fatto dell’avvenuta apposizione della firma sull’originale del ricorso depositato nella segreteria della Commissione tributaria regionale e l’eventuale prosieguo dell’esame del merito, oltre che per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo ed il secondo motivo e dichiara assorbiti i restanti motivi, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del Giudizio di legittimità.
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