CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 04 maggio 2018, n. 10682
Tributi – INVIM – Conferimento di immobili ad una società – Incremento di valore – Applicazione dell’imposta – Legittimità – Contrasto con la direttiva comunitaria 17 luglio 1969, n. 69/335 – Esclusione
Fatti della causa e motivi della decisione
1. In controversia relativa al silenzio rifiuto opposto dalla Agenzia delle Entrate avverso la richiesta della spa G.C. di rimborso dell’Invim pagata su atto di conferimento di beni aziendali e motivata sul contrasto tra la disciplina impositiva interna posta dall’art. 2 d.P.R. 643/1973, in forza del quale il pagamento era stato effettuato, e la direttiva comunitaria 17 luglio 1969, n. 69/335, la commissione tributaria centrale, con sentenza 18 aprile 2011, come già le commissioni di primo e secondo grado, dava ragione alla società G. ritenendo sussistente il contrasto e ritenendo prevalente la direttiva rispetto alla disciplina interna.
2. L’Agenzia ricorre per la cassazione della sentenza della commissione tributaria centrale sulla base di un motivo con il quale lamenta che la commissione, ritenendo quanto ha ritenuto, ha violato l’art. 2 del d.P.R. 643/72 (al tempo applicabile) nonché falsamente applicato gli artt. 4 e 7 della direttiva comunitaria 17 luglio 1969, n. 69/335.
3. La società contribuente resiste con controricorso, illustrato con memoria.
4. Il ricorso è fondato:
4.1. Questa Corte ha già affrontato la questione veicolata dal motivo ed ha affermato che “nella ipotesi di conferimento di immobili ad una società di capitali, l’eventuale incremento di valore constatato all’atto del conferimento deve essere assoggettato ad INVIM, senza che la normativa che disciplina l’applicazione di detta imposta possa ritenersi in contrasto con la direttiva 17 luglio 1969, 69/335 CEE, nella versione risultante dalle direttive 9 aprile 1973, 73/79 CEE, e 74/80 CEE, 7 novembre 1974, 74/553 CEE e 10 giugno 1985, 85/303 CEE, concernente l’imposizione sulla raccolta dei capitali e dei conferimenti, sulla cui interpretazione è intervenuta la sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee 11 dicembre 1997, in causa pregiudiziale C – 42/96, nella quale è stato ritenuto che la citata direttiva “non si applica ad un’imposta nazionale che colpisca l’eventuale incremento di valore di un immobile constatato all’atto del conferimento del medesimo ad una società di capitali” (Cass. n. 15316/2000; Cass. 4222/2004; Cass. n. 1145/2006).
5. Il ricorso va accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata.
6. Non vi sono fatti da accertare e quindi la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384, comma 3, c.p.c. con il rigetto dell’iniziale ricorso della contribuente.
7. Le spese del merito sono compensate in ragione del fatto che la giurisprudenza in punto di rapporti tra normativa interna e comunitaria si è formata nel corso del processo.
8. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’iniziale ricorso della società contribuente; compensa le spese del merito;
condanna la società a rifondere alla Agenzia delle Entrate le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 10.000,00, oltre spese prenotate a debito.
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