CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 04 maggio 2018, n. 10769
Esposizione all’amianto – Benefici contributivi – Art. 13, co. 8, L. n. 257/1992 – Riconoscimento – Domanda giudiziale
Fatti di causa
1. La Corte d’appello di Bari, con sentenza n. 100/2013, pronunciando sull’impugnazione proposta dall’Inps avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva accolto la domanda di V.F. di accertamento del diritto ad ottenere i benefici contributivi derivanti dall’esposizione all’amianto ai sensi dell’art. 13, comma otto, della legge n. 257 del 1992, ha dichiarato d’ufficio l’improponibilità della domanda giudiziale per carenza di quella amministrativa.
2. La Corte territoriale ha deciso la causa all’udienza del giorno 8 gennaio 2013, cui la causa era stata rinviata dalla prima udienza del 26 maggio 2011, ed ha motivato la decisione ritenendo che quelle indicate ed allegate agli atti, rivolte ad Inps ed Inail, non potevano qualificarsi quale domande di riconoscimento dei benefici.
3. Avverso tale sentenza, V.F. propone ricorso per cassazione con unico motivo.
4. Resiste l’INPS con controricorso illustrato da memoRia.
Ragioni della decisione.
1. L’unico motivo di ricorso è incentrato sulla violazione degli artt. da 302 a 305, 307 e 298 cod. proc. civ. e sulla denuncia di insufficiente e contraddittoria motivazione in ragione del fatto che nel periodo di tempo intercorrente tra le due udienze del 26 maggio 2011 e dell’otto gennaio 2013, tenute nel corso del giudizio d’appello, l’unico difensore della parte privata – avv.to O.L. – era stato sottoposto a sospensione cautelare con provvedimento del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bari in data 4 aprile 2012 così realizzandosi una ragione di interruzione del processo ai sensi dell’art. 301 c.p.c., che avrebbe richiesto un’attività di riattivazione in prosecuzione che era tuttavia mancata da parte dell’INPS, nonostante la conoscenza della circostanza, per cui era derivata la nullità della sentenza e l’estinzione del processo.
2. Il motivo è inammissibile per più ragioni. Questa Corte di cassazione, da un punto di vista di generale inquadramento della fattispecie, ha più volte affermato che il principio secondo il quale la sospensione dall’esercizio della professione dell’unico difensore, a mezzo del quale la parte è costituita in giudizio, determina l’automatica interruzione del processo, anche se il giudice e le altre parti non ne abbiano avuto conoscenza, con conseguente nullità degli atti successivi, presuppone il concreto pregiudizio arrecato dall’evento al diritto di difesa. Pertanto, non si determina alcuna nullità degli atti processuali nell’ipotesi in cui il periodo di sospensione del difensore dalla professione cada integralmente tra una udienza e la successiva in quanto nessuna incisione negativa sulle attività difensive della parte può ritenersi verificata, con conseguente esclusione della nullità della sentenza di appello successivamente emessa, nonostante il verificarsi dell’evento interruttivo in parola (cfr., in termini, Cass. 10/07/2015, n. 14520; Cass. 08/04/2016, n. 6838; Cass. 5/03/2018, n. 5106).
3. Ciò premesso, il motivo è inammissibile in primo luogo per la violazione dell’art. 366 cod. proc. civ., n. 6 e dell’ art. 369 cod. proc. civ., n. 4, atteso che il ricorrente fonda il ricorso su di un documento, che attesterebbe l’avvenuta sospensione dalla professione dell’Avvocato/procuratore della parte in appello, al fine di far valere l’automatica interruzione del processo di merito e la conseguente nullità degli atti successivi, compresa la sentenza di appello impugnata, ma rinvia alla delibera adottata dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bari del 4 aprile 2012 di cui “si depositerà copia conforme….”. Ma tale documento non è riprodotto in ricorso, né è allegato allo stesso, non essendo neanche richiamato in calce al ricorso tra gli atti allegati, né si è rinvenuto in atti, con la conseguenza, che la Corte non è posta in grado di decidere sulla questione.
4. In secondo luogo, il motivo di ricorso è inammissibile per la mancata deduzione dello specifico e concreto pregiudizio concreto al diritto di difesa.
Il ricorrente vorrebbe far valere il principio secondo cui la morte, la radiazione o la sospensione dell’unico difensore a mezzo del quale la parte è costituita nel giudizio di merito determina l’automatica interruzione del processo, anche se il giudice e le altre parti non ne abbiano avuto conoscenza, con conseguente nullità degli atti successivi (Cass. n. 9374/2006; n. 6300/2003; n. 8720/1998; 3279/1997).
Ma, affinché il motivo si manifesti potenzialmente idoneo a dimostrare il concreto pregiudizio di cui si è detto è necessario che gli elementi fattuali esposti in ricorso siano sufficientemente specifici e contengano l’esatta indicazione temporale della durata del periodo di sospensione. Nel caso di specie il ricorrente si è limitato ad indicare la sola data di inizio del periodo di sospensione della professione (4 aprile 2012) senza riportare quando la misura cautelare abbia avuto fine, per cui non è possibile procedere all’accertamento sull’effettiva sussistenza del concreto pregiudizio arrecato al diritto di difesa. Infatti, la mera indicazione della data di inizio non dimostra necessariamente il pregiudizio stesso, posto che il periodo di sospensione potrebbe essersi integralmente svolto nel periodo di tempo tra l’udienza in cui si è stabilito il rinvio per la discussione e quest’ultima udienza e, quindi, potrebbe non aver riguardato le suddette udienze.
5. In riferimento alla concreta fattispecie in esame si deve, pertanto, riaffermare il principio più volte applicato dalla giurisprudenza di legittimità nel giudicare la prospettata violazione di norme processuali, secondo il quale “l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nel consentire la denuncia di vizi di attività del giudice che comportino la nullità della sentenza o del procedimento, non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce soltanto l’eliminazione del pregiudizio concretamente subito dal diritto di difesa della parte in dipendenza del denunciato error in procedendo.
Ne consegue che, ove il ricorrente non indichi lo specifico e concreto pregiudizio subito, l’addotto error in procedendo non acquista rilievo idoneo a determinare l’annullamento della sentenza impugnata” (Cass. n. 18635 del 2011; n. 9722 del 2013; n. 15676 del 2014; n. 30652 del 2011; n. 14520 del 2015).
6. In conclusione, il ricorso è inammissibile. Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, va dichiarata la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di “contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2000,00 per compensi, Euro 200,00 per esborsi, spese forfettarie nella misura del 15 per cento e spese accessorie di legge.
Ai sensi dell’ art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza n. 4735 depositata il 22 febbraio 2024 - In tema di decadenza dall'azione giudiziaria per il conseguimento di benefici previdenziali in favore dei lavoratori esposti all'amianto la proposizione, in epoca…
- PARLAMENTO EUROPEO - Comunicato del 3 ottobre 2023 - Esposizione all'amianto: misure più restrittive per proteggere i lavoratori - I lavoratori UE saranno esposti a livelli di amianto dieci volte inferiori rispetto al passato - Tecnologia più moderna e…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 28 febbraio 2022, n. 6506 - Il riconoscimento dei benefici contributivi previsti dall'art. 8, commi 2 e 4, della l. n. 223 del 1991, in favore delle imprese che assumono personale licenziato a seguito di procedura di…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 18 ottobre 2022, n. 30639 - La rivalutazione di cui all'art. 13, comma 8, della l. n. 257 del 1992 è applicabile anche per i lavoratori che siano stati esposti al rischio dell'amianto per un periodo ultradecennale sia…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 14 ottobre 2022, n. 30264 - Il disposto dell'art. 13, comma 8, della l. n. 257 del 1992 va interpretato nel senso che anche per i lavoratori che siano stati esposti al rischio dell'amianto per un periodo ultradecennale…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 05 marzo 2020, n. 6366 - In tema di benefici previdenziali in favore dei lavoratori esposti all'amianto, è necessaria la previa presentazione della domanda amministrativa all'Inps, unico ente legittimato all'erogazione…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Bancarotta fraudolente distrattiva è esclusa se vi
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 14421 depositata il 9…
- Per i crediti di imposta di Industria 4.0 e Ricerc
L’articolo 6 del d.l. n. 39 del 2024 ha disposto, per poter usufruire del…
- E’ onere del notificante la verifica della c
E’ onere del notificante la verifica della correttezza dell’indirizzo del destin…
- E’ escluso l’applicazione dell’a
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 9759 deposi…
- Alla parte autodifesasi in quanto avvocato vanno l
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 7356 depositata il 19…