CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 04 marzo 2019, n. 6262

Lavoro – Call center – Conversione dei contratti di lavoro a termine in rapporto a tempo indeterminato – Limitazioni alle assunzioni di personale per le Amministrazioni pubbliche

Fatti di causa

1. Gli odierni controricorrenti adivano il Giudice del Lavoro del Tribunale di Bari per far accertare il loro diritto alla conversione dei contratti di lavoro a termine, stipulati per lo svolgimento di mansioni di addetti a call center, in rapporto di lavoro a tempo indeterminato alle dipendenze della A. s.r.l., società a totale partecipazione del Comune di Bari.

2. Il giudice adito accoglieva la domanda e tale pronuncia veniva confermata dalla Corte di appello di Bari con sentenza n. 1198 del 2014.

3. I giudici di appello affermavano che l’art. 18, comma 2-bis, d.l. n. 112/08, conv. in legge n. 133 del 2008 – recante l’estensione, alle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo che siano titolari di affidamenti diretti di servizi pubblici locali senza gara, dei divieti o limitazioni alle assunzioni di personale vigenti per le Amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 – non poteva regolare ratione temporis la fattispecie in esame, poiché i contratti di lavoro a tempo determinato erano stati stipulati prima dell’entrata in vigore di tale norma, e che dunque correttamente il giudice di primo grado aveva ritenuto applicabile il principio della conversione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

4. Per la cassazione di tale sentenza proponeva ricorso la A. s.r.l. sulla base di un motivo, con cui veniva dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 d.l. n. 702 del 1978, conv. in I. n. 3 del 1979, come modificato dalla legge n. 299 del 1980. Resistevano I lavoratori con controricorso. Nelle more del giudizio di cassazione interveniva tra le parti un accordo transattivo.

5. Alla luce di tale accordo, la ricorrente A. s.r.l. ha depositato atto di rinuncia, sottoscritto “per conferma e ratifica” anche dal difensore dei resistenti, munito di procura speciale.

Ragioni della decisione

1. Va osservato che la rinuncia al ricorso per cassazione non ha carattere cosiddetto accettizio; non richiede, cioè, l’accettazione della controparte per essere produttivo di effetti processuali (cfr. Cass. n. 28675 del 2005; Cass. n. 21894 del 2009; Cass. n. 9857 del 2011; Cass. n. 3971 del 2015); l’accettazione rileva unicamente quanto alla regolamentazione delle spese, stabilendo l’art. 391, comma 4, cod. proc. civ. che la condanna alle spese non è pronunciata in caso di accettazione delle altre parti.

2. La locuzione “per conferma e ratifica” sottoscritta dal difensore dei resistenti, munito di procura speciale a transigere, va considerata un’accettazione della rinuncia.

Pertanto, deve essere dichiarata l’estinzione del processo per rinuncia ex artt. 390 e 391 cod. proc. civ.. Nulla va disposto quanto alle spese del giudizio di legittimità.

3. Non opera il raddoppio del contributo unificato, in quanto l’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012 – che pone a carico del ricorrente rimasto soccombente l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato – non trova applicazione in caso di rinuncia al ricorso per cassazione. Tale misura si applica ai soli casi – tipici – del rigetto dell’impugnazione o della sua declaratoria d’inammissibilità o improcedibilità e, trattandosi di misura eccezionale, lato sensu sanzionatoria, è di stretta interpretazione e non suscettibile, pertanto, di interpretazione estensiva o analogica (Cass. n. 23175 del 2015).

P.Q.M.

Dichiara estinto il processo; nulla per le spese.