CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 04 marzo 2019, n. 6267
Licenziamento – Riassunzione in servizio – Indennità risarcitoria onnicomprensiva – Garanzie occupazionali
Fatti di causa
1. Il Tribunale di Milano, con la pronuncia n. 1922 del 2014, ha respinto le domande presentate da A.S. diretta ad accertare e dichiarare l’applicazione, nei suoi confronti, delle garanzie occupazionali di cui all’art. 19 dell’Accordo Quadro del 30.6.2007 e agli artt. 2 e 9 dell’Accordo del 30.11.2007 con condanna del banco Popolare Soc. Coop ad assumerla in una delle società del Gruppo da individuarsi secondo i criteri di cui all’accordo e a corrispondere le retribuzioni maturate e maturande dal 3.12.2012 (data in cui i suoi colleghi erano stati riassorbiti dal Banco) sino all’effettiva riassunzione, nonché, in subordine, volta ad accertare che il rapporto di lavoro dovesse essere imputato al Banco Popolare soc. coop sin dal 1995 con condanna dello stesso alla reintegrazione nel posto di lavoro e alla corresponsione delle retribuzioni maturate e maturande dal 30.11.2012 (data di cessazione del rapporto di lavoro) alla effettiva riassunzione.
2. La Corte di appello di Milano, in riforma della sentenza di prime cure, ha dichiarato che le garanzie occupazionali sopra indicate si dovessero, invece, applicare alla S. e ha condannato il Banco BPM spa (società ottenuta dalla fusione tra Banco Popolare soc. coop e Banca Popolare di Milano soc. coop) ad assumere S. A. in una delle società del Gruppo da individuare secondo i criteri di cui agli accordi sopra indicati e a corrisponderle le retribuzioni globali di fatto maturate dal 3.12.2012 alla riassunzione in servizio, dedotta la somma a titolo di indennità risarcitoria onnicomprensiva di cui al verbale di conciliazione dell’8.8.2013 intercorso tra S. A. e Banca N. I. spa (da ora BNI) in liquidazione coatta amministrativa e l’indennità sostitutiva del preavviso corrisposta dalla suddetta Banca, oltre accessori.
3. A fondamento del decisum i giudici di secondo grado hanno specificato che la S., in virtù di una precedente altra sentenza del Tribunale di Milano n. 168 del 2012 e della reintegrazione, in esecuzione di detta pronuncia, da parte di BNI, era da ritenersi dipendente di tale società a far data dal 1992 e, quindi, destinataria delle garanzie occupazionali di cui agli accordi del 2007 sottoscritti dalla citata società, non rilevando la non inclusione materiale nell’elenco del personale del BNI.
4. Avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione Banco BPM affidato a sei motivi.
5. S.A. ha resistito con controricorso formulando ricorso incidentale sulla base di due motivi cui ha resistito a sua volta Banco BPM spa.
Ragioni della decisione
1. I motivi possono essere così sintetizzati.
2. Con il primo motivo Banco BPM spa denunzia, ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 3 cpc, la violazione e falsa applicazione degli artt. 111, 6° comma Cost. e 132 cpc, per avere la Corte territoriale omesso la motivazione sulla decisiva questione di diritto dell’efficacia o meno, nei confronti di essa ricorrente, della sentenza del Tribunale di Milano resa tra le altre parti e passata in giudicato.
3. Con il secondo motivo la ricorrente censura la violazione dell’art. 2909 cc, ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 3 cpc, per avere la Corte territoriale posto a fondamento della propria decisione di condanna della Società esponente una sentenza passata in giudicato resa dal Tribunale di Milano tra altre parti.
4. Con il terzo motivo si duole, ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 3 cpc, della violazione e falsa applicazione degli artt. 111 6° comma Cost. e 132 cpc, per avere la Corte territoriale omesso la motivazione sulla questione di diritto dell’applicazione dei canoni ermeneutici di legge ai fini della definizione dell’ambito soggettivo di applicazione dell’Accordo Quadro per la gestione delle ricadute sul Personale connesse al processo di costituzione del Gruppo Banco Popolare del 30.6.2007.
5. Con il quarto motivo Banco BPM spa lamenta, ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 3 cpc, la violazione o falsa applicazione degli artt. 1362 comma 2 e 1364 cc, per avere la Corte territoriale interpretato l’Accordo Quadro per la gestione delle ricadute sul personale connesse al processo di costituzione del Gruppo Banco Popolare del 30.6.2007, omettendo di considerare la comune volontà delle parti stipulanti, come evidenziata dal complesso del testo negoziale e dal comportamento delle parti anche successivo alla conclusione del contratto, così da estendere l’ambito di efficacia soggettiva oltre i confini chiaramente delimitati dalle parti stipulanti.
6. Con il quinto motivo si sostiene, ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 3 cpc, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1364 cc (in via subordinata per non creduta ipotesi di ritenuta efficacia del menzionato Accordo Quadro anche nei confronti delle parti in causa), per avere omesso la Corte territoriale di interpretare correttamente il testo dell’art. 16 dell’Accordo Quadro laddove esclude la sua operatività nei confronti dei lavoratori in possesso dei requisiti pensionistici, giungendo così a pronunciare un ordine di assunzione di una lavoratrice pensionata, come era la S., alla data della sentenza impugnata, in evidente contrasto con il tenore letterale dell’Accordo stesso.
7. Con il sesto motivo si eccepisce, ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 5 cpc, l’omessa motivazione su alcune previsioni dell’Accordo Quadro del 30.6.2007 e dell’Accordo nazionale del 29.11.2012, decisive ai fini della causa e che avevano costituito oggetto di discussione, costituiti dalle clausole dell’art. 18 comma 2 (Accordo Quadro del 30.6.2007 che limitava la sua applicabilità al personale delle aziende stipulanti l’intero citato accordo aziendale del 29.11.2012 che identificava nominativamente i destinatari delle garanzie occupazionali di cui all’art. 16 del menzionato Accordo Quadro del 30.6.2007, non includendovi la S.), il comma 5 dell’articolo 16 dell’Accordo Quadro che riguardava come destinatari il personale privo di qualsiasi titolo dei requisiti pensionistici e il comma 4 dello stesso articolo in tema di ricollocazione delle risorse beneficiarie delle garanzie occupazionali.
8. Con il primo motivo del ricorso incidentale A. S. denuncia, ex art. 360 c. 1 n. 3 cpc, la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cpc, per avere la Corte di appello accolto la sua domanda principale omettendo di statuire, sia nel dispositivo che nella motivazione della sentenza, su di un punto fondamentale della stessa e, in particolare, circa la natura della riassunzione e circa la condanna al pagamento della parte contributiva delle retribuzioni globali di fatto.
9. Con il secondo motivo si censura, ex art. 360 c. 1 n. 3 cpc, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1223 cc, in ordine alla non detraibilità dell’aliunde perceptum costituito dalla indennità risarcitoria di cui alla conciliazione giudiziale intervenuta a seguito dell’impugnazione del licenziamento collettivo operato da BNI il 30.11.2012.
10. I primi due motivi del ricorso principale, da trattarsi congiuntamente per la loro connessione, non sono meritevoli di pregio.
11. Invero la Corte territoriale, con argomentazioni chiare che rendono intellegibili il percorso logico-giuridico seguito, non ha esteso al Banco BPM spa il dictum di altra sentenza resa dal Tribunale di Milano tra parti diverse, ma si è limitata a dare atto che vi era stata la reintegrazione, da parte di BNI, della S., con anzianità dall’1.2.1992 come risultava, altresì, dalle buste paga che indicavano come data di assunzione appunto l’1.2.1992.
12. In virtù di tale dato di fatto, che non è frutto dell’opponibilità del giudicato reso tra altre parti, la Corte di merito ha ritenuto che l’accordo del 30.6.2012 (recte 30.6.2007) doveva riguardare anche la predetta S., a nulla rilevando che la stessa non fosse inserita materialmente negli elenchi perché, sotto un profilo sostanziale, era da considerarsi anche ella dipendente di BNI fin dal 1992.
13. Le censure relative ad un omessa motivazione, alla pretesa inopponibilità del giudicato alla S. e ad una asserita violazione del disposto ex art. 2909 cc non sono, quindi, conferenti alla ratio decidendi dei giudici di seconde cure.
14. Anche il terzo e quarto motivo, connessi logicamente e giuridicamente, non sono fondati.
15. Giova premettere che per gli accordi di carattere aziendale, quale quello in controversia (per i contratti collettivi nazionali, a seguito della modifica dell’art. 360 n. 3 cpc come modificato dall’art. 2 del d.lgs n. 40/2006 la violazione e falsa applicazione delle loro disposizioni è parificata a quelle delle norme di diritto), non può escludersi il tradizionale sindacato di legittimità che può spiegarsi sull’interpretazione di ogni atto negoziale riguardo la violazione delle norme di ermeneutica dettate dagli artt. 1362 e ss cc ai sensi dell’art. 360 cpc: sindacato ampiamente e ammissibilmente sollecitato dai motivi di ricorso per cassazione.
16. Orbene, alla stregua della normativa che regola la materia, la volontà delle parti deve essere ricostruita attraverso il senso letterale delle parole da esse utilizzate e attraverso la loro comune intenzione (art. 1362 comma 1 cc), quale emerge dal comportamento anche successivo alla conclusione del contratto (comma 2) nonché attraverso la lettura complessiva del contratto, le cui clausole si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal contenuto dell’atto (art. 1362 cc). Tutte le altre norme di ermeneutica contrattuale sono applicabili solo se si determinano situazioni peculiari quando, applicati i criteri generali dettati dagli articoli precedentemente indicati, le previsioni contrattuali conservino ambiguità non risolte (per espressa previsione degli artt. 1367 – 1370 cc, le regole contenute negli stessi articoli si applicano solo se, una volta applicati i criteri generali, le clausole rimangono ambigue, oscure o di dubbio significato). In via ulteriormente subordinata e residuale, è consentito il ricorso ai criteri interpretativi fissati dall’art. 1371 cc.
17. Orbene, nella fattispecie in esame deve osservarsi che la Corte non ha violato alcun canone interpretativo ex art. 1362 e ss. cod. civ. né ha attribuito una ultra-efficacia soggettiva all’Accordo Quadro del 2007.
18. Sotto il profilo letterale è pacifico rilevare che tra i firmatari dell’Accordo Quadro del 30.6.2007 risultava BNI al cui personale (cfr. art. 16 e 18) andava, pertanto, applicato relativamente alle garanzie occupazionali.
19. Con riguardo alla volontà delle parti, desumibile da tutto il contesto, è chiaro che le stesse intendevano che fosse fornita una garanzia occupazionale generica e futura per i dipendenti che, al momento di particolari eventi (fallimento, cessazione di attività di società appartenenti al gruppo), sarebbero stati interessati dalle “tensioni occupazionali” e non certo solo per quelli che, alla data dell’accordo, erano presenti nell’elenco del personale.
20. Sotto il profilo sistematico, infatti, è logico ritenere che la clausola di salvaguardia dovesse operare al momento in cui si avverava la condizione per la sua applicazione e avesse come destinatari tutti quelli che, alle dipendenze presso una delle firmatarie, avevano diritto alla ricollocazione presso un’altra società del gruppo.
21. Correttamente, pertanto, dalla Corte di appello nell’esegesi delle disposizioni dell’Accordo citato è stata privilegiato l’aspetto sostanziale della dipendenza della lavoratrice presso BNI al momento della messa in liquidazione coatta amministrativa del 16.7.2012 e non quello formale della inclusione materiale negli elenchi alla data del giugno 2007.
22. Il quinto motivo presenta profili di inammissibilità e di infondatezza.
23. E’ inammissibile perché la ricorrente Banco BPM spa non ha specificato il “dove” ed il “quando” la questione dell’inapplicabilità dell’Accordo del 2007 a coloro che avevano già raggiunto i requisiti pensionistici sia stata rite et recte sottoposta ai giudici del merito.
24. Infatti, in tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non via cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegare l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito né rilevabili di ufficio (Cass. 9.8.201 n. 20694; Cass. n. 15430 del 2018).
25. E’ infondato, invece, perché la società non ha dedotto alcuna circostanza circa la situazione della S. che ha, invece, specificato di avere maturato solo nel 2016 i requisiti pensionistici e di non possedere alcun requisito di accesso a contributi pensionistici e/o prepensionistici di alcuna natura nel 2012.
26. Da ultimo, va osservato che il conseguimento della pensione di anzianità non integra una causa di impossibilità della reintegrazione nel posto di lavoro del lavoratore illegittimamente licenziato (cui può paragonarsi la presente fattispecie ai soli fini della disposta riassunzione) atteso che la disciplina legale dell’incompatibilità (totale o parziale) tra trattamento pensionistico e percezione di un reddito da lavoro dipendente si colloca sul diverso piano previdenziale, determinando la sospensione dell’erogazione pensionistica, ma non comporta l’invalidità del rapporto di lavoro (cfr. in termini Cass. n. 16136 del 2018; Cass. n. 6906 del 2009).
27. Il sesto motivo è inammissibile perché con lo stesso si reiterano, sotto il profilo dell’omesso fatto ex art. 360 c. 1 n. 5 cpc, questioni già evidenziate nei motivi di censura precedenti che o sono stati esaminati dalla Corte territoriale, così escludendo il vizio dell’articolo citato come riformulato dal d.l. 22 giugno 2012 n. 83, convertito con modificazioni dalla I. 7 agosto 2012 n. 134, oppure sono state dichiarate inammissibili perché prospettate per la prima volta in sede di legittimità.
28. Il primo ed il secondo motivo del ricorso incidentale sono, invece, fondati nei termini che seguono.
29. La doglianza circa la omessa pronuncia sulla specificazione della “decorrenza giuridica del rapporto” non è meritevole di accoglimento perché non risulta formulata una precisa domanda in tali termini dalla originaria ricorrente. Ne consegue che non può sussistere, da parte dei giudici di seconde cure, la violazione dell’art. 112 cpc per mancanza di petitum.
30. E’ fondata, invece, la censura di omessa pronuncia sulla richiesta di versamento, relativamente alla domanda (proposta nei gradi di merito) di corresponsione delle retribuzioni globali di fatto dalla data del 3.12.2012, di ogni onere contributivo e previdenziale maturato: questione su cui manca ogni statuizione da parte della Corte territoriale.
31. Quanto, invece, alla detraibilità dell’aliunde perceptum, ritiene il Collegio, nella particolare fattispecie in esame di violazione delle garanzie occupazionali con conseguente ordine di assunzione della lavoratrice, che il risarcimento del danno dovuto al lavoratore vada commisurato all’entità dei compensi retributivi che lo stesso avrebbe maturato dalla data del recesso fino alla assunzione, salva la prova di un danno maggiore o inferiore, da parte del lavoratore o del datore di lavoro, ed esclusa l’ammissibilità di una liquidazione equitativa del danno, una volta che il lavoratore abbia provato l’entità delle retribuzioni perse.
32. Occorre, però, qualora vi sia stato il conseguimento da parte del lavoratore di altri guadagni, che esso rilevi in riferimento solo ad attività non compatibile con la continuazione della prestazione lavorativa e resa possibile dalla recuperata disponibilità di tempo, secondo le regole di cui all’art. 1223 e ss cod. civ.
33. Nel caso concreto, la Corte di merito ha escluso dal risarcimento, come determinato, quanto percepito a titolo di indennità risarcitoria onnicomprensiva di cui al verbale di conciliazione dell’8.8.2013 senza, però, specificare a che titolo detto importo avrebbe dovuto essere detratto, se cioè in base al principio della “compensatio lucri cum damno” ovvero ex art. 1227 cc, a titolo di concorso colposo del lavoratore, non precisando altresì, in tale ultima ipotesi, la avvenuta dimostrazione dell’osservanza degli oneri di allegazione e di prova incombenti sulle parti.
34. Sussiste, pertanto, la denunziata violazione e falsa applicazione dell’art. 1223 cc, in tema di corretta individuazione della “perdita subita” e del “mancato guadagno” richiesti al fine della determinazione del preteso risarcimento del danno richiesto dalla S., non avendo la Corte di merito dato contezza del criterio adottato nella quantificazione del pregiudizio economico patito, attraverso la sottrazione delle somme sopra indicate.
35. Alla stregua di quanto esposto, il ricorso principale deve essere rigettato mentre quello incidentale deve essere accolto nei termini di cui sopra, con rinvio alla Corte di appello di Milano che procederà ad un nuovo esame della questione attenendosi ai principi e alle direttive sopra richiamati e provvederà anche alla determinazione delle spese del presente giudizio.
36. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo, limitatamente alla ricorrente principale.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale; accoglie il ricorso incidentale nei sensi di cui in motivazione; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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