CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 04 novembre 2019, n. 28293
Licenziamento – Avvio di una procedura di mobilità – Perdita dell’appalto – Esclusione del recesso datoriale collegato alla domanda di congedo parentale
Fatti di causa
1. La Corte di appello di Napoli, pronunziando in sede di reclamo, ha confermato il rigetto della domanda di P.A. intesa all’accertamento della illegittimità del licenziamento intimatole in data 16.7.2014 dalla G.E. s.p.a.
1.1. Per quel che ancora rileva, il giudice del reclamo, premesso che in data 1.7.2015 la G.E. s.p.a., azienda esercente attività di ristorazione e distribuzione pasti presso le mense scolastiche, aveva comunicato alla dipendente l’avvio di una procedura di mobilità ai sensi della legge n. 223 del 1991, a causa della perdita del servizio di refezione scolastica del Comune di Napoli (Municipalità VIII ) – presso cui la lavoratrice prestava la propria opera -, rendendole noto la possibilità di lavoro a tempo indeterminato, con orario part-time, presso il Centro Cottura di Napoli, che, in risposta, la lavoratrice, con fax del 4.7.2014, aveva rappresentato di avere, in data 17.6.2015, presentato alla competente sede INPS istanza per la richiesta di congedo parentale a far data dal 1.10.2015 rifiutando allo stato la proposta lavorativa, che con raccomandata a.r. in data 15.7.2015 la società, preso atto del rifiuto della proposta lavorativa, aveva comunicato il recesso dal rapporto di lavoro in ragione della intrapresa procedura di mobilità, ha escluso la nullità del licenziamento in quanto la descritta sequenza cronologica escludeva che il recesso datoriale potesse ricollegarsi alla istanza di congedo parentale, ulteriormente evidenziando che tale recesso era stato intimato nell’ambito di una procedura di mobilità, originata dalla perdita dell’appalto delle mense scolastiche, procedura in ordine alla correttezza della quale la lavoratrice non aveva avanzato alcuna censura.
2. Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso P.A. sulla base di due motivi; la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo parte ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, violazione dell’art. 55, comma 6, d. lgs. n. 151 del 2001 e dell’art. 5, legge n. 604 del 1966 in relazione all’art. 3 Cost..
Premesso che la società era a conoscenza della presentazione della istanza di congedo, censura la sentenza impugnata per avere configurato come giustificato motivo di licenziamento il presunto rifiuto opposto alla nuova offerta di lavoro formulata dalla G.E. s.p.a.
2. Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., nullità della sentenza in relazione agli artt. 2727, 2247, 2697, 2729, cod. civ., agli artt. 111 e 24 Cost. e all’art. 421 cod. proc. civ. . Premesso di avere, in seconde cure, reiterato la istanza di prova orale su circostanze che assume destinate a dimostrare che il recesso datoriale era causalmente collegato alla presentazione della istanza di congedo parentale, censura la mancata ammissione della prova orale sul punto.
3. Il primo motivo di ricorso è inammissibile per difetto di pertinenza delle doglianze sviluppate con la ricostruzione in fatto e le ragioni in diritto che sorreggono la decisione.
3.1. La sentenza impugnata, sulla base della successione cronologica degli eventi – comunicazione alla dipendente, in data 1-7- 2015, dell’avvio di una procedura di mobilità e contestuale offerta alla medesima di un posto di lavoro part-time, risposta in data 4.7.2015 via fax della lavoratrice con la quale rendeva noto alla società di avere presentato il 17.6.2015 alla competente sede INPS richiesta di congedo parentale a far data dalla ripresa dell’attività lavorativa il 1.10.2015 e rifiutava allo stato la proposta di modifica del rapporto di lavoro, ulteriore comunicazione via fax in data 8.7.2015 con la quale la A. trasmetteva copia dell’istanza di congedo parentale presentata all’INPS, raccomandata del 14.7.2015 con la quale la società comunicava il recesso dal rapporto – ha escluso che il licenziamento della lavoratrice si ponesse in connessione causale con la presentazione della istanza di congedo parentale neppure nota alla società all’atto dell’invio della prima comunicazione.
3.2. Tale accertamento non risulta validamente incrinato dalle censure sviluppate con il primo motivo le quali non individuano, ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 5 cod. proc. civ., alcuno specifico fatto storico, di rilevanza decisiva, il cui omesso esame avrebbe inciso sulla esclusione del nesso di causalità tra licenziamento e presentazione della istanza di congedo. Parte ricorrente si limita, infatti, a prospettare una differente ricostruzione fattuale e giuridica della vicenda alla stregua della quale, poiché la offerta di un nuovo posto di lavoro da parte della società avrebbe avuto efficacia a decorrere dalla ripresa dell’attività scolastica, in coincidenza con il periodo di congedo straordinario richiesto dalla lavoratrice, il rifiuto dalla stessa opposto non poteva configurare giustificato motivo di licenziamento essendo il recesso datoriale nullo in quanto irrogato in costanza di concessione del congedo straordinario. Gli assunti della società ricorrente in fatto ed in diritto risultano privi di pregio alla luce della ricostruzione fattuale della vicenda operata dalla sentenza impugnata che smentiscono la tesi della protratta efficacia della proposta di lavoro part-time e del fatto che il licenziamento intimato si inscriveva nell’ambito di una procedura di mobilità in relazione alla quale la Corte di merito, con affermazione rimasta incontestata, ha evidenziato che la lavoratrice non aveva avanzato alcuna doglianza.
3.3. Una volta escluso il nesso di causalità tra licenziamento e istanza di congedo parentale, la sentenza in diritto è conforme al disposto dell’art. 54, comma 6, d. lgs. n. 151 del 2001 che, a differenza della ipotesi di violazione del divieto di licenziamento di cui ai commi 1 e 2, collegati al fatto oggettivo dello stato di gravidanza e dell’età del bambino, sanziona con la nullità il licenziamento solo ove lo stesso si ponga in relazione causale con la domanda o la fruizione in concreto del congedo in questione.
4. Il secondo motivo di ricorso è infondato.
4.1. La prova articolata e non ammessa dal giudice di merito appare priva di decisività al fine di una diversa ricostruzione fattuale della vicenda. In particolare il capo c) della prova articolata, vertente sulla circostanza che la società, agli inizi del mese di giugno 2015, aveva verbalmente comunicato alla dipendente la volontà di trattenerla al lavoro preferendola ad altri in lista di mobilità, a patto che questa non rinnovasse la domanda di congedo parentale, oltre ad essere generico si rivela ininfluente per l’assorbente considerazione che il recesso datoriale si colloca nell’ambito di una procedura di mobilità la cui correttezza, come accertato dalla Corte di merito con affermazione rimasta incontestata, non era stata in alcun modo posta in discussione dalla lavoratrice.
5. Le spese di lite sono regolate secondo soccombenza.
6. Sussistono i presupposti per l’applicabilità dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228.
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 3.500,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
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