CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 04 settembre 2018, n. 21618
Pensione di vecchiaia – Determinazione – Calcolo – Regime di convenzione italo-venezuelana – Integrazione al minimo
Fatti di causa
1. La Corte d’Appello di Salerno, in riforma di sentenza del Tribunale di Vallo della Lucania, ha respinto, con sentenza n. 742/2011, la domanda con cui L.S.M. aveva chiesto la determinazione della propria pensione di vecchiaia in regime di convenzione italo-venezuelana con integrazione al minimo.
La Corte territoriale premetteva che la questione sottoposta non riguardava la spettanza dell’integrazione al minimo, una volta effettuati i calcoli di determinazione della quota (pro-rata) a carico dell’ente previdenziale italiano, ma la questione in ordine allo stabilire se, nel calcolo della pensione italiana teorica sulla cui base si determina poi il pro-rata, si doveva tenere conto dell’integrazione al minimo.
In proposito, richiamando il sistema del Regolamento CEE 1408 del 1971, la Corte sosteneva che la ricomprensione della integrazione al minimo nel calcolo della pensione teorica potesse aversi solo se sussistevano a favore del pensionato tutti i requisiti previsti dalla disciplina vigente, tra cui quelli inerenti il reddito ed i minimali di anzianità contributiva interna.
Poiché quest’ultimo requisito, pari a dieci anni, era nel caso di specie pacificamente carente, l’integrazione al minimo non poteva essere considerata nel calcolo in questione.
2. Avverso la sentenza la M. ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, resistiti da controricorso dell’I.N.P.S.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 8, comma 2, della legge 153/1969, come modificato dall’art. 7, comma 1, L. 407/1990 anche in combinato disposto con l’art. 3 del decreto interministeriale 30.12.1992 n. 577, per non essersi considerato come la disciplina (art. 7 comma 1 L. 407/1990) di progressiva introduzione di minimali contributivi per il riconoscimento dell’integrazione al minimo prevedesse il rinvio, per le modifiche della norma base (art. 8, comma 2, L. 153/1969) così attuate, ad un decreto interministeriale attuativo che aveva poi stabilito (art. 3 cit.) che qualora la Convezione Internazionale di disciplina del regime pensionistico avesse stabilito l’obbligo di un trattamento minimo, per i pensionati residenti in Italia esso sarebbe stato concesso anche in mancanza dei minimali contributivi stessi.
Con il secondo motivo si sostiene, sempre ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione della Convenzione italo-venezuelana e dell’art. 6 d.l. 463/1983, convertito in L. 638/1983, in quanto l’introduzione di limiti contributivi per l’integrazione al minimo delle pensioni in regime internazionale varrebbe solo per i pensionati residenti all’estero, mentre la Convenzione, per quanto non prevedesse espressamente l’integrazione al minimo, nel richiamare i criteri di calcolo della pensione interna, necessariamente andava estesa anche al beneficio del trattamento minimo previsto in ambito nazionale.
2. Ciò posto, si osserva che l’integrazione al minimo può essere coinvolta, in sede di determinazione della pensione, come elemento di calcolo della predetta misura “teorica”, poi da riproporzionare per stabilire il pro rata, ma anche come elemento di integrazione del risultato finale che derivi da qualunque calcolo eseguito, al fine di assicurare che comunque il trattamento erogato non sia inferiore ai minimi stessi.
La Corte d’Appello ha però espressamente escluso, come si è detto in parte narrativa, che quest’ultimo fosse l’oggetto del contendere della presente causa.
La sentenza impugnata afferma infatti che “la questione sottoposta alla Corte consiste nello stabilire se nel calcolo della pensione virtuale sia o meno computabile l’integrazione al minimo, restando estranea l’ulteriore questione relativa alla spettanza, una volta effettuati i calcoli di cui più oltre si dirà, dell’integrazione al minimo sul pro rata a carico dell’ente previdenziale”. La ricorrente, nell’ambito dei propri motivi, sembra tuttavia riproporre anche tale questione, ma ciò non risulta accompagnato, come avrebbe dovuto essere, da una qualche censura che permetta di apprezzare se e come la Corte distrettuale possa avere errato nell’escludere quell’aspetto dall’oggetto del contendere tra le parti.
Ne consegue che, in parte qua, il ricorso è inammissibile, dovendosi esaminare le censure proposte solo nella parte in cui esse riguardano la necessità che, per il calcolo della pensione virtuale su cui poi determinare il pro rata, si abbia, prima della determinazione della quota, l’integrazione fino al minimo
3. Così delineato l’oggetto del decidere, va detto che i due motivi, esaminabili congiuntamente, sono infondati.
3.1 E’ indubbio che il richiamo, da parte della Corte d’Appello, al Regolamento CEE 1408/1971, sebbene il sistema da esso dettato sia analogo a quello della Convenzione italo-venezuelana che viene in evidenza, non sia corretto, in quanto la vicenda coinvolge la regolazione convenzionale con un paese extra UE.
Per la determinazione della pensione interna, nel caso, come quello di specie, di riconoscimento del diritto a pensione sulla base di totalizzazione dei periodi contributivi maturati nei due paesi, è quindi la predetta Convenzione ad essere interessata.
Essa prevede al proprio art. 8, comma 2, il previo calcolo della pensione interna “teorica”, nella misura che risulterebbe se tutti i periodi si fossero compiuti in Italia, cui segue poi la fissazione della quota di pensione concretamente dovuta in Italia (c.d. pro rata), sulla base del rapporto tra periodi di contribuzione italiane e periodi di contribuzione venezuelana.
3.2 E’ tuttavia altrettanto indubbio che il regime convenzionale, prevedendo un calcolo della pensione “teorica” sulla base della normativa interna, necessariamente comporti che, in tale computo, si tenga presente anche l’integrazione stessa, ma ciò solo, ovviamente, ove di essa ricorrano gli specifici requisiti richiesti dalla normativa nazionale.
Ciò è quanto in sostanza già ritenuto da questa Corte, stabilendosi che la Convenzione, “allorquando statuisce che l’istituzione competente, dello Stato per il quale non sussistono periodi di assicurazione sufficienti alla nascita del diritto a pensione, totalizza i periodi propri con quelli esistenti nell’altro Stato e determina l’importo teorico della pensione cui l’interessato avrebbe diritto se tutti i periodi fossero stati compiuti unicamente sotto la legislazione che essa applica – intende chiaramente disporre che si deve tener conto di tutte le regole della legislazione propria dello Stato che provvede alla totalizzazione (nella fattispecie, l’Italia), ivi compresa quella, sussistendone i requisiti, della integrazione al minimo di quelle pensioni che non raggiungono, in ragione del solo calcolo dei periodi di assicurazione e dei contributi versati, un determinato importo” (Cass. 23 agosto 2005, n. 17147).
Necessaria considerazione, quindi, ma “sussistendone i requisiti”, che sono evidentemente quelli della normativa interna e che, nel caso di specie, sono carenti, proprio sotto il profilo contributivo.
3.3 E’ poi vero che l’introduzione (art. 7, co. 1, L. 407/1990; art. 3, co. 1, d.l. 384/1992 conv. con mod. in L. 438/1992; art. 17, co. 3, L. 724/1994) di requisiti contributivi necessari per l’integrazione al minimo delle pensioni in regime internazionale fu accompagnata da normativa di attuazione che ha previsto una disciplina di favore per i pensionati residenti in Italia, in quanto per essi, qualora la normativa internazionale sulla cui base si attua la totalizzazione avesse stabilito l’integrazione al minimo, si sarebbe dovuto prescindere dai requisiti contributivi. Secondo l’art. 3 decreto interministeriale 30.12.1992, n. 577, su cui fanno leva le difese della ricorrente, infatti il beneficio va concesso “anche in assenza del requisito di cui all’art. 7, comma 1, della legge 29 dicembre 1990, n. 407” e quindi del requisito contributivo, qualora il cumulo di periodi sia previsto da “Regolamenti della Comunità economica europea o da accordi internazionali in materia di sicurezza sociale che stabiliscano l’obbligo, per l’istituzione del Paese di residenza, di garantire sul proprio territorio l’importo del trattamento minimo, fissato dalla legge nazionale”, con previsione che Cass. 19 marzo 2004, n. 5573 spiega con la necessità che lo Stato non disconosca, attraverso i nuovi requisiti contributivi, obblighi di integrazione al minimo già assunti in sede internazionale.
Come che sia e secondo quanto già rilevato, la Convenzione italovenezuelana non prevede però tale integrazione al minimo e dunque, anche da questo punto di vista, nulla quaestio.
4. Il ricorso per cassazione, pur se attraverso una parziale rivisitazione motivazionale rispetto a quanto argomentato nella sentenza impugnata, va quindi rigettato.
5. Nel ricorso per cassazione vi è dichiarazione “che, ai fini delle spese, l’interessata non possiede alcun reddito personale”.
Tuttavia, tale dichiarazione, oltre ad essere sottoscritta solo dal difensore (e non – come dovrebbe essere: Cass. 10 novembre 2016, n. 22952; Cass. 4 aprile 2012, n. 5363 – dalla parte, che ha qui firmato esclusivamente il mandato posto in calce al ricorso), manca del requisito, comunque indispensabile, dell’impegno “a comunicare, fino a che il processo non sia definito, le variazioni rilevanti dei limiti di reddito”.
Nulla quindi di idoneo per i fini di cui all’art. 152 disp. att. c.p.c. nel testo vigente e qui applicabile ratione temporis.
Né vi è affermazione che la dichiarazione in questione fosse stata mai fatta nei gradi di merito, il che avrebbe peraltro anche imposto, per orientamento costante ed in ragione del principio di autosufficienza, il richiamo espresso di essa, non sussistente, anche nell’ambito del ricorso per cassazione (Cass. 7 luglio 2015, n. 13945; Cass. 30 aprile 2014, n. 9469).
Pertanto le spese del grado vanno regolate secondo soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 1.800,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali, in misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Lo "slittamento" di dodici mesi per il conseguimento del diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia opera non solo per i soggetti che, a far tempo dal gennaio 2011, maturino tale diritto a sessant'anni se donne e a sessantacinque anni se uomini,…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 07 settembre 2022, n. 26325 - In tema di pensione di vecchiaia anticipata il regime delle "finestre" si applica anche agli invalidi in misura non inferiore all'ottanta per cento, come si desume dal chiaro tenore testuale…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 29247 depositata il 20 ottobre 2023 - La pensione supplementare costituisce un beneficio autonomo, sicché il regime dell'età pensionabile va determinato avendo riguardo non alla data in cui si verificano i requisiti…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza n. 10945 depositata il 26 aprile 2023 - La pensione di vecchiaia anticipata per invalidità soggiace alla generale previsione dell'aumento dell'età pensionabile in dipendenza dell'incremento della speranza di vita di cui…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 22 agosto 2019, n. 21618 - Nel rito speciale del lavoro, in caso di contrasto tra motivazione e dispositivo, deve attribuirsi prevalenza a quest'ultimo che, acquistando pubblicità con la lettura in udienza, cristallizza…
- Nuovi criteri di esenzione dal regime impositivo Italiano applicabili ai pensionati residenti in Bulgaria - Convenzione Italo-Bulgara contro le doppie imposizioni fiscali (Legge n. 389/1990) - Risposta dell’Agenzia delle Entrate n. 244 dell’8 marzo…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Le liberalità diverse dalle donazioni non sono sog
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 7442 depositata…
- Notifica nulla se il messo notificatore o l’
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5818 deposi…
- Le clausole vessatorie sono valide solo se vi è ap
La Corte di Cassazione, sezione II, con l’ordinanza n. 32731 depositata il…
- Il dipendente dimissionario non ha diritto all’ind
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 6782 depositata…
- L’indennità sostitutiva della mensa, non avendo na
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 7181 depositata…