CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 04 settembre 2018, n. 21634
Previdenza – Inail – Soggetti colpiti dall’alluvione – Restituzione dei contributi indebitamente versati
Fatti di causa
1. Con ricorso al Tribunale di Cuneo la C. F. & C. s.n.c. ha convenuto in giudizio l’I.N.A.I.L. per la restituzione dei contributi che la medesima ricorrente assume di avere indebitamente versato nel periodo 1994/1997 per complessivi Euro 13.663,00, deducendo di avere ottemperato all’obbligo previdenziale pur avendo subito ingenti danni a causa dell’alluvione che aveva colpito il 6.11.1994 la Regione Piemonte ed avendo pertanto diritto – ai sensi della L. 350/2003 che aveva esteso ai soggetti colpiti dall’alluvione i benefici già introdotti dalla L. 289/2002 a favore delle vittime del terremoto nelle province di Catania, Ragusa e Siracusa del 1990 – alla definizione della posizione contributiva sulla base soltanto del 10% dei contributi dovuti in via ordinaria.
2. Il Tribunale di Cuneo ha respinto la domanda, con pronuncia poi confermata dalla Corte d’appello di Torino, con la sentenza n. 962/2012, qui impugnata.
La Corte territoriale ha ritenuto che l’intervento normativo riguardasse non solo chi non aveva versato i contributi, ma anche chi li avesse pagati, nel qual caso sussisteva il diritto al recupero del 90 % di quanto versato. Tuttavia, sosteneva la Corte, non si erano così delineate due fattispecie distinte, ma un’unica fattispecie definibile in due diversi modi, ovverosia versando il 10 % o recuperando il 90 % già corrisposto, sulla base di un’unica disciplina, che prevedeva, anche per ragioni di delimitazioni temporali di spesa, la necessità di domanda di regolarizzazione da presentarsi dapprima entro il 31.7.2004, poi prorogato al 30.7.2007, dall’art. 3-quater d.l. 300/2006.
Poiché tale termine decadenziale non era stato osservato dalla C., la Corte torinese confermava la reiezione della domanda già pronunciata, su analoghi presupposti giuridici, con la sentenza di prime cure.
3. Avverso la sentenza la C. s.n.c. ha proposto ricorso in cassazione formulando un unico articolato motivo, poi illustrato da memorie. L’I.N.A.I.L. resisteva con controricorso e la causa, inizialmente fissata per la decisione in camera di consiglio, è stata rimessa alla pubblica udienza con ordinanza del 15/2/2018 a seguito dell’entrata in vigore dell’art 1, commi 771-774 della L n 205/2017.
Ragioni della decisione
1. Con un l’unico motivo di ricorso la società denuncia violazione e falsa applicazione dell’art 3-quater, comma 1, L. 17/2007, in combinato disposto con l’art. 4, comma 90, L. n. 350/2003 e con l’art. 9, comma 17, L. 289/2002, nonché dell’art. 2033 c.c., per aver la Corte di merito ritenuto la decadenza della ricorrente, pur se la normativa non prevedeva alcun termine né alcuna domanda, per chi avesse già versato gli importi dovuti e soltanto ne rivendicasse la ripetizione, sicché la decisione finiva per determinare l’inammissibile applicazione della norma preclusiva ad un’ipotesi non prevista e per trattare in modo diverso situazioni uguali, con riferimento ai più ampi termini riservati, dall’evolversi della normativa, per chi era stato colpito dal terremoto siciliano del dicembre 1990, pur scaturendo i benefici di cui all’alluvione Piemonte, proprio dall’estensione ad essa della normativa propria del sisma siciliano.
2. Il motivo è infondato.
3. Questa Corte di legittimità ha già avuto modo di chiarire che l’art. 4, comma 90, L. 350/2003, nell’estendere l’applicazione delle disposizioni dell’art. 9, comma 17, L. 289/2002, ai soggetti colpiti dagli eventi alluvionali del novembre 1994, si riferisce espressamente ai provvedimenti agevolativi concernenti i versamenti di quanto dovuto «a titolo di tributi, contributi e premi», restando privo di rilievo il mancato rinvio, nel testo della norma, anche alla disposizione di cui all’art. 7, d.l. 646/1994, in quanto il richiamo dell’art. 6, commi 2, 3 e 7-bis, d.l. ult. cit., da parte dell’art. 4, comma 90, L. 350/2003, è funzionale esclusivamente all’individuazione della categoria dei destinatari del beneficio e non già all’individuazione della tipologia dei tributi a cui riferire l’agevolazione, e – precisando che tale interpretazione trova espressa e letterale conferma nell’art. 3-quater, d.l. 300/2006 (conv. con L. 17/2007), che ha esplicitamente stabilito l’operatività dell’agevolazione «per i contributi previdenziali, i premi assicurativi e i tributi riguardanti le imprese relativi all’alluvione del Piemonte del 1994» – ha fugato ogni dubbio sulla legittimità costituzionale della norma ult. cit., sulla scorta dell’insegnamento di Corte cost. n. 274 del 2006, in considerazione della piena legittimità in materia civile di leggi retroattive, non solo interpretative, ma anche innovative con efficacia retroattiva, quando la disposizione trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza (come nel caso in cui l’interpretazione della disciplina richiamata rappresenti una delle possibili letture del dato normativo) e non contrasti con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti (Cass. nn. 11133 e 11247 del 2010).
4. Ha inoltre chiarito questa Corte che la definizione automatica della posizione previdenziale può avvenire, per chi non ha ancora pagato, mediante il pagamento del solo 10% del dovuto e, per chi ha già pagato, attraverso il rimborso del 90% di quanto versato, dovendo ritenersi, nel silenzio del legislatore circa la posizione di coloro che, all’entrata in vigore della normativa recante il beneficio, avessero già ottemperato al pagamento dell’obbligazione contributiva, che un’interpretazione che escludesse costoro dalla possibilità di richiedere la restituzione di quanto versato in eccesso si porrebbe in contrasto con la costante giurisprudenza della Corte costituzionale circa l’irragionevolezza di disposizioni legislative che sopprimano o riducano la prestazione dovuta per obbligazioni pubbliche già perfezionatesi, prevedendo al contempo l’irripetibilità delle somme già versate in esecuzione del rapporto obbligatorio siccome conformato in precedenza (Cass. n. 11247 del 2010, cit.).
5. Così ricostruita la portata oggettiva e soggettiva del beneficio in questione, una volta accertato che la domanda di rimborso era stata presentata nel dicembre 2008, la Corte territoriale ha ritenuto, correttamente, che parte ricorrente fosse decaduta: il termine del 31.7.2007, risultante per la presentazione delle domande di regolarizzazione ex art. 4, comma 90, L. 350/2003, a seguito della proroga dell’originario termine del 31.7.2004 da parte dell’art. 3-quater, comma 1, d.l. 300/2006 (conv. con L. 17/2007), si applica, infatti, anche alle imprese che abbiano già versato i contributi previdenziali, dovendosi ritenere irragionevole una distinzione tra coloro che non abbiano corrisposto i contributi e coloro che, invece, abbiano già effettuato il pagamento, in quanto la locuzione «regolarizzare la posizione», di cui all’art. 4, comma 90, cit., include tanto l’ipotesi in cui la definizione della posizione previdenziale intervenga mediante il pagamento del 10% del dovuto, quanto quella in cui avvenga mediante il rimborso del 90% del versato (Cass. n. 12603 del 2016).
6. Escluso pertanto che l’applicazione del termine a quest’ultimo caso sia frutto di un’interpretazione analogica dell’art. 4, comma 90, I. n. 350/2003, si deve, altresì, aggiungere che il termine in questione, benché non espressamente qualificato dal legislatore come perentorio, costituisce un termine di decadenza: non trattandosi di termine di natura processuale, per i quali vige la regola di cui all’art. 152 c.p.c., spetta, infatti, all’interprete di individuarne la portata ordinatoria o perentoria in relazione allo scopo che esso persegue, cioè agli interessi che intende tutelare, e non vi è dubbio che la natura pubblica dell’interesse alla certezza delle determinazioni concernenti l’erogazione di spese gravanti sui bilanci degli enti previdenziali, che a sua volta è correlato ai vincoli di carattere sovranazionale cui il bilancio pubblico è assoggettato in forza dei Trattati europei e dei criteri politico-economici e tecnici adottati dagli organi dell’Unione europea per controllarne l’osservanza (come sottolineato da Corte cost. n. 425 del 2004), depone univocamente in tal senso, non vertendosi in ipotesi di ristoro per un pregiudizio ascrivibile ad un fatto obiettivo e incolpevole da cui la collettività abbia tratto vantaggio e dovendo pertanto il principio solidaristico di cui agli artt. 2 e 3 Cost. trovare adeguato bilanciamento rispetto ad altri interessi e beni di pari rilievo costituzionale (cfr. in tal senso Corte cost. n. 118 del 1996).
7. Per contro, l’acclarata struttura unitaria del beneficio della regolarizzazione ex art. 4, comma 90, I. n. 350/2003, esclude che possano trovare in specie applicazione le disposizioni concernenti la prescrizione dell’azione di ripetizione dell’indebito oggettivo di cui all’art. 2033 c.c., giacché in mancanza di (tempestiva) domanda di rimborso non può logicamente configurarsi alcun pagamento indebito, essendo la domanda amministrativa condizione necessaria per lo stesso sorgere del diritto al beneficio (cfr. in tal senso Cass. n. 732 del 2007 e, più recentemente, Cass. n. 5318 del 2016).
8. A diverse conclusioni non può pervenirsi nemmeno considerando l’art. 1, comma 665, L. 190/2014.
Va premesso che la disposizione citata ha previsto che «i soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, individuati ai sensi dell’articolo 3 dell’ordinanza del Ministro per il coordinamento della protezione civile 21 dicembre 1990, […] che hanno versato imposte per il triennio 1990-1992 per un importo superiore al 10 per cento previsto dall’articolo 9, comma 17, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, hanno diritto, con esclusione di quelli che svolgono attività d’impresa, per i quali l’applicazione dell’agevolazione è sospesa nelle more della verifica della compatibilità del beneficio con l’ordinamento dell’Unione europea, al rimborso di quanto indebitamente versato, a condizione che abbiano presentato l’istanza di rimborso ai sensi dell’articolo 21, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, e successive modificazioni», e ha aggiunto, per quanto qui interessa, che «il termine di due anni per la presentazione della suddetta istanza è calcolato a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge 28 febbraio 2008, n. 31, di conversione del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248».
Ora, benché in alcuni obiter dieta di questa Corte si sia affermato, argomentando dall’assimilazione introdotta in forma generale dall’art. 4, comma 90, I. n. 350/2003, che la disposizione in esame rileverebbe anche per le domande di rimborso presentate dai soggetti colpiti dall’alluvione piemontese del 1994 (cfr. in tal senso specialmente Cass. nn. 6685 e 6686 del 2015), ritiene il Collegio che tanto non possa sostenersi in considerazione del fatto che l’art. 3-quater, d.l. n. 300/2006, ha distinto inequivocabilmente i termini di presentazione delle domande di regolarizzazione per i soggetti colpiti dall’alluvione piemontese e per i soggetti colpiti dal sisma siciliano, prevedendo per i primi, al comma 1, che «il termine di presentazione delle domande di cui alla L. 24 dicembre 2003, n. 350, art. 4, comma 90, è differito al 31 luglio 2007», e disponendo per i secondi, al comma 2, che «7 termini di cui all’articolo 9, comma 17, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, sono differiti al 31 dicembre 2007». E poiché è precisamente (e soltanto) la disposizione di cui al secondo comma ad essere stata interessata dalla modifica apportata dall’art. 36-bis, d.l. n. 248/2007 (il quale, sotto la rubrica «Proroga di termini per la definizione di somme dovute da soggetti residenti nelle province di Catania, Ragusa e Siracusa», ha disposto, per quanto qui interessa, che «all’articolo 3- quater, comma 2, del decreto legge 28 dicembre 2006, n. 300, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2007, n. 17, le parole: 31 dicembre 2007″ fossero sostituite “dalle seguenti: 31 marzo 2008″»), ritiene il Collegio che la previsione di cui all’art. 1, comma 665, I. n 190/2014, nel riaprire i termini per la presentazione delle domande di rimborso da parte dei soggetti colpiti dal sisma della Sicilia calcolandoli «a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge 28 febbraio 2008, n. 31, di conversione del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248», abbia presupposto e, quel che più conta, mantenuto inalterata la distinzione tra le due categorie dei destinatari del beneficio della regolarizzazione automatica per ciò che concerne il termine di presentazione delle domande, con consequenziale inapplicabilità ai beneficiari della regolarizzazione ex art. 4, comma 90, I. 350/2003, della proroga introdotta per i beneficiari della regolarizzazione ex art. 9, comma 17, I. n. 289/2002.
E’ poi appena il caso di soggiungere che codesta differenziazione non appare prima facie sospettabile di introdurre disparità di trattamento rilevanti ex art. 3, comma 1, Cost., sol che si pensi alla diversità della platea dei destinatari dei due benefici, alle diverse conseguenze che ne discendono in termini di oneri per il bilancio pubblico e all’impossibilità di prendere in considerazione, agli effetti di un ipotetico contrasto con il canone dell’eguaglianza, «qualsiasi incoerenza, disarmonia o contraddittorietà che una determinata previsione normativa possa, sotto alcuni profili o per talune conseguenze, lasciar trasparire» (così Corte cost. n. 5 del 2000).
9. Neppure possono ritenersi fondati i rilievi mossi dalla ricorrente in memoria ex art. 378 c.p.c., con riferimento alla contrarietà rispetto all’art. 6 della C.E.D.U. in relazione al diritto all’accesso a un giudice, che deriverebbe dalla previsione decadenziale quale desunta dai precedenti di questa stessa Corte e qui condivisa.
Premesso che un dubbio di tal fatta imporrebbe di sollevare questione di costituzionalità per contrasto della disciplina con l’art. 117 Cost., relativamente alla disciplina C.E.D.U. quale normativa interposta (Corte Cost. 24 ottobre 2007, nn. 348 e 349), ne deriva che un’iniziativa in tal senso ha per presupposto una valutazione di non manifesta infondatezza (art. 23, co. 2, L. 11 marzo 1953, n. 87).
In proposito, deve osservarsi come il fondamento ultimo delle sentenze Mottola contro Italia e Staibano e altri contro Italia del 4 febbraio 2014 della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, su cui fa leva la ricorrente, non sta nel possibile verificarsi di situazioni decadenziali per le azioni a tutela dei diritti, quanto nella necessità di evitare il verificarsi di un effetto sorpresa che può derivare alle parti da mutamenti giurisprudenziali che portino, con esiti irreversibili e non assecondati da una normativa di salvaguardia, ad intendere un (già previsto) termine come tale da intercettare una decadenza sostanziale dapprima non riconosciuta come sussistente (v., per tale interpretazione delle predette sentenze, Corte Cost. 18 gennaio 2018, n. 6).
Evenienza che qui non ricorre, non potendosi dire che vi fosse ante causam un orientamento consolidato nel senso propugnato dalla C., atteso che in favore della linea interpretativa della ricorrente militano essenzialmente i già citati obiter dieta di Cass. 6685 e 6686 del 2015. Si tratta quindi di spunti giurisprudenziali che, per essere di gran lunga posteriori all’introduzione della presente causa (ed anzi successivi anche al ricorso per cassazione) e per il non derivare da diretta decisione della questione, non potevano certamente aver fondato un affidamento che consenti di ravvisare un corrispondente effetto sorpresa nel sopravvenire dell’interpretazione poi data da Cass. 12603/2016 e qui condivisa.
D’altra parte, venendo all’altro punto su cui insiste parte ricorrente, non può dirsi che l’interpretazione qui accolta comporti l’introduzione di una decadenza «in assenza di dato normativo», né che con essa ponga un problema non soltanto di interpretazione di una norma, ma di «irragionevole costruzione di un requisito procedurale».
Cass. 12603/2016 cit., cui come detto si aderisce, muove infatti proprio dal dato della norma, per offrirne un’interpretazione al contempo razionale, perché, come detto, tale da evitare un’irragionevole distinzione tra coloro che non abbiano corrisposto i contributi e coloro che, invece, abbiano già effettuato il pagamento e che, per altro verso, si radica proprio sul dato letterale della norma, ovverosia sulla locuzione «regolarizzare la posizione», di cui si è detto.
Non ricorrono dunque i presupposti per la proposizione della questione di legittimità costituzionale che conseguirebbe alle difese svolte sul punto dalla ricorrente.
10. Nelle memorie difensive la C. richiama in proprio favore lo ius superveniens di cui al recente intervento legislativo (all’art 1, commi 771-774, L. 205/2017).
Si deve tuttavia ritenere che tale nuova normativa non muti le conclusioni per quanto oggetto di questa causa.
In particolare il comma 771 recita «alle imprese colpite dagli eventi alluvionali del Piemonte del novembre 1994 che abbiano versato contributi previdenziali e premi assicurativi relativi al triennio 1995-1997 per un importo superiore a quello previsto dall’articolo 9, comma 17, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, secondo i requisiti previsti dalla decisione (UE) 2016/195 della Commissione, del 14 agosto 2015, è assegnato un contributo, secondo le modalità definite con il decreto di cui al comma 774, a seguito di presentazione di apposita istanza all’Agenzia delle entrate».
Il successivo comma 772 stabilisce che «il termine di prescrizione per la presentazione dell’istanza di cui al comma 771, per i tributi versati per il triennio 1995-1997per un importo superiore a quello previsto dall’articolo 9, comma 17, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, decorre dalla data di entrata in vigore della legge 26 febbraio 2007, n. 17, di conversione del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300».
Il comma 773 prevede lo stanziamento della somma di Euro 5 milioni per le finalità di cui al comma 771 ed , infine, il successivo comma 774 prevede che «con apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definiti i criteri e le modalità per l’accesso al contributo di cui al comma 771, nonché le modalità per il riparto delle risorse di cui al comma 773».
Va, in primo luogo, rilevato che le suddette disposizioni non introducono modifiche alla normativa che ha disciplinato gli aiuti alle imprese danneggiate dall’alluvione del Piemonte del 1994, né tantomeno hanno la finalità di interpretare autenticamente detta normativa. Ciò risulta evidente dall’esplicito richiamo, contenuto nel citato comma 771, al versamento dei contributi previdenziali e premi assicurativi relativi al triennio 1995-1997 per un importo superiore a quello previsto dall’articolo 9, comma 17, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, nonché ai requisiti previsti dalla decisione (UE) 2016/ 195 della Commissione, del 14 agosto 2015, necessari per poter ottenere la restituzione delle somme versate in misura superiore. La menzione sia della legge n. 289 che della decisione della Commissione UE, rende evidente che le imprese interessate al nuovo intervento legislativo sono quelle per le quali sussistono i requisiti definitivamente individuati all’esito della decisione comunitaria.
Le nuove disposizioni normative, invece, rivolgendosi alle imprese che evidentemente non hanno potuto ottenere la restituzione dei contributi previdenziali o premi da esse versati in misura superiore, riconoscono a queste un «contributo» da versarsi dall’Agenzia delle Entrate secondo le modalità da definirsi in uno specifico decreto da emanarsi entro novanta giorni.
Si tratta, dunque, del riconoscimento di un diverso ed alternativo diritto avente, proprio, la finalità di sopperire alla perdita del diritto alla restituzione dei contributi previdenziali o premi a seguito della mancata presentazione di una tempestiva domanda .
Il legislatore, dunque, non ritenendo più possibile riaprire i termini per la proposizione della domanda di restituzione degli oneri contributivi corrisposti in misura superiore, ha scelto la diversa strada del riconoscimento a dette imprese di un «contributo» da versarsi, però, da soggetto diverso dall’ente percettore dei premi previdenziali e da richiedersi dai soggetti interessati entro un nuovo termine prescrizionale decorrente dalla data della L. n. 17/2007, di conversione del DL n. 300/2006. La decorrenza del termine dalla data della legge di conversione conferma ulteriormente che trattasi di disposizioni di contenuto nuovo che non interferiscono con il termine del 31/7/2007 fissato dalla L. 17/2007 per presentare l’istanza di restituzione.
In definitiva può affermarsi che il legislatore, con la nuova normativa, non solo non ha inteso modificare la precedente legislazione disciplinante il trattamento da riservarsi alle imprese danneggiate dall’alluvione del Piemonte, ma anzi ne ha confermato la validità e correttezza dell’interpretazione, anche con riguardo alla decadenza, ed ha inteso introdurre una norma di favore per quelle imprese per le quali, pur in possesso dei requisiti, quali individuati anche alla luce della decisione della Commissione UE, per ottenere la restituzione dei contributi e premi corrisposti in misura superiore, non ne avevano potuto usufruire in mancanza di una tempestiva domanda.
11. In conclusione il ricorso va rigettato.
12. La novità e straordinaria complessità della disciplina consentono di ravvisare gravi ed eccezionali ragioni per disporre la compensazione delle spese dell’intero processo.
P.Q.M.
Respinge e compensa le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
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