CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 05 aprile 2019, n. 9588
Tributi – Accertamento – Utilizzo di fatture relative ad operazioni soggettivamente inesistenti – Prova della consapevolezza del contribuente di partecipare ad un meccanismo fraudolento – Onere a carico dell’Ufficio – Valutazione del giudice
Fatti di causa
1. Con avviso di rettifica n. 891157/97, notificato il successivo 2 ottobre 1997, l’AGENZIA DELLE ENTRATE contestò alla E. (quale società incorporante la N.S. S.P.A.) l’indebita detrazione I.V.A., relativamente a fatture emesse dalla F.M. e relative ad operazioni soggettivamente inesistenti, per un importo pari a Lit. 5.445.285.000.
2. Tale atto fu impugnato innanzi alla C.T.P. di Milano che, con sentenza n. 16/1999, in accoglimento del ricorso, dichiarò l’intervenuta decadenza dell’Ufficio dal potere di accertamento, per intervenuta presentazione della dichiarazione di condono, ai sensi dell’art. 50, L. n. 413 del 1991.
3. Avverso tale decisione l’Agenzia propose appello innanzi alla C.T.R. di Milano che, con sentenza n. 94/39/01, dell’11.4.2001, confermò la pronunzia di prime cure.
4. Tale decisione fu quindi impugnata dall’Ufficio innanzi alla Corte di cassazione la quale, in accoglimento dello stesso, con sentenza n. 10716/2009 cassò la gravata decisione, con rinvio alla C.T.R. della Lombardia, chiarendo come preliminare al vaglio sull’intervenuta decadenza dal potere di accertamento conseguente alla presentazione dell’istanza di condono fosse la valutazione della legittimità della detrazione operata dal contribuente, “essendo [il condono] inefficace se il contribuente non elimini gli effetti delle detrazioni risultate indebite”.
5. Riassunto, quindi, il giudizio innanzi alla C.T.R. della Lombardia, quest’ultima, con sentenza 89/38/11, depositata il 20.6.2011, ha infine accolto l’appello proposto dall’Agenzia, con rigetto dell’originario ricorso proposto dalla contribuente e condanna della stessa al pagamento delle spese di lite.
6. Avverso tale sentenza la S. ha quindi proposto ricorso per cassazione, affidato a nove motivi. Si è costituita ed ha resistito, con controricorso, l’Agenzia delle Entrate.
7. Parte ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo la ricorrente si duole (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.) dell’error in procedendo commesso dalla C.T.R. la quale non avrebbe considerato che, in relazione alla regolarità ed effettività delle prestazioni sottese all’avviso di accertamento impugnato, si sarebbe formato il giudicato interno, con conseguente preclusione di una nuova valutazione in merito. Sostiene, in particolare, che già la C.T.P. si sarebbe pronunziata sulla insufficienza delle prove addotte dall’ufficio a sostegno della ritenuta fittizietà soggettiva delle operazioni in commento e che tale capo della pronunzia di prime cure non sarebbe stato impugnato dall’AGENZIA.
1.2. Il motivo è inammissibile.
1.2.1. Al di là della considerazione per cui, già da una superficiale e cursoria lettura del passaggio della motivazione della pronunzia di prime cure riprodotto in ricorso (cfr. p. 25), non risulta che la C.T.P. abbia delibato alcunché circa la sussistenza o meno della contestata fittizietà soggettiva delle operazioni per cui è causa, va comunque osservato che il precedente pronunziamento di questa Corte (Cass. n. 10716/2009) cui ha fatto seguito la riassunzione della causa innanzi alla C.T.R. della Lombardia, preclude in via definitiva l’esame della questione. Ed infatti, il principio della rilevabilità del giudicato (sia interno che esterno) in ogni stato e grado del giudizio deve essere coordinato con i principi che disciplinano il giudizio di rinvio e, segnatamente, con la prospettata efficacia preclusiva della sentenza di cassazione con rinvio, che riguarda non solo le questioni dedotte dalle parti o rilevate d’ufficio nel giudizio di legittimità, ma anche quelle che costituiscono il necessario presupposto della sentenza, ancorché non dedotte o rilevate in quel giudizio, sicché il giudice di rinvio non può neppure prendere in esame – e tale condotta non può perciò rappresentare motivo di ricorso per cassazione – la questione concernente l’esistenza di un giudicato esterno o (come nella specie) interno, qualora l’esistenza di quest’ultimo, pur potendo essere allegata o rilevata, risulti tuttavia esclusa, quantomeno implicitamente, dalla sentenza di cassazione con rinvio (Cass., Sez. 1, 30/07/2015, n. 16171, Rv. 636345-01)
2. Appare quindi preliminare, rispetto agli altri, l’esame del quarto e del sesto motivo di ricorso, con cui la S. si duole, rispettivamente: a) in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., dell’insufficienza ed illogicità della motivazione, nella parte in cui la C.T.R. ha ritenuto le operazioni sottese all’avviso di accertamento impugnato soggettivamente inesistenti; b) in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., della violazione dell’art. 2697 cod. civ., per avere la C.T.R. posto a carico della contribuente l’onere di dimostrare di non avere partecipato al meccanismo fraudolento oggetto della contestazione dell’ufficio.
2.1. I motivi – che per identità di questioni agli stessi sottese ben possono essere delibati congiuntamente – sono fondati e vanno accolti, con assorbimento delle ulteriori censure.
2.1.1. Questa Corte, con la richiamata sentenza n. 10716/2009, aveva rinviato alla C.T.R. della Lombardia affinché decidesse “della ostatività della dichiarazione integrativa posta in essere dalla contribuente dopo aver verificato il merito della rettifica effettuata”. Gravava dunque sul giudice del rinvio l’accertamento, in via preliminare, della effettiva inesistenza soggettiva delle operazioni sottese all’avviso di accertamento impugnato.
2.2. Invero, rappresenta principio ormai consolidato quello per cui, ove vengano contestate al contribuente operazioni soggettivamente inesistenti, l’Amministrazione finanziaria ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente mentre, ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi (cfr., da ultimo, Cass., Sez. 5, 20.4.2018, n. 9851, Rv. 647837-01).
2.3. Tali principi risultano essere stati effettivamente disattesi dalla C.T.R. giacché: a) invertendo l’onere della prova gravante sulle parti, la sentenza di secondo grado afferma che, a fronte della semplice contestazione dell’indebita detrazione I.V.A. relativamente ad operazioni soggettivamente inesistenti, spetta al contribuente provare la legittimità e la correttezza della detrazione (cfr. motivazione, p. 3, penultimo cpv.); b) la motivazione della gravata sentenza in ogni caso non chiarisce quali sarebbero gli “attendibili riscontri indiziari” (solo genericamente richiamati all’ultimo rigo dell’ultimo cpv. della p. 3 della motivazione) che, nella specie, indurrebbero a confermare la consapevolezza della ricorrente di partecipare ad un meccanismo fraudolento.
3. L’accoglimento dei motivi che precedono determina l’assorbimento di tutti gli altri.
4. La sentenza impugnata va, pertanto, cassata, con nuovo rinvio alla C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione, che, nel valutare il merito della rettifica effettuata, secondo quanto già disposto con la precedente sentenza n. 10716/2009 di questa stessa Corte, deciderà attenendosi ai principi esposti, provvedendo altresì alla liquidazione delle spese anche della presente fase di giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione. Per l’effetto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione, che deciderà attenendosi ai principi esposti, liquidando altresì le spese anche della presente fase di giudizio.
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