CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 05 dicembre 2019, n. 31810
Tributi – Accertamento analitico-induttivo – Irregolarità contabili – Anomala contabilizzazione delle rimanenze finali – Mancato riporto come rimanenze iniziali dell’anno successivo
Fatti di causa
1. L’Agenzia delle Entrate ricorre con tre motivi contro la E.C. s.r.l. per la cassazione della sentenza n. 34/22/12 della Commissione Tributaria Regionale del Veneto (di seguito C.T.R.), emessa in data 24/2/2012, depositata il 30 marzo 2012 e non notificata, che ha rigettato l’appello dell’Agenzia delle Entrate, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione dell’avviso di accertamento per maggiori Ires, Iva ed Irap per l’anno di imposta 2004.
2. Con la sentenza impugnata, la C.T.R. ha ritenuto che l’Amministrazione, nell’accertamento induttivo del reddito, non avesse considerato la possibilità che l’attività della contribuente fosse stata influenzata da situazione particolari e che l’accertamento standardizzato, effettuato dall’Ufficio, dovesse fondarsi sul contraddittorio con il contribuente, assente nel caso di specie, in cui l’Agenzia delle entrate si era limitata ad inviare un questionario alla società contribuente.
Il giudice di appello, quindi, concludeva nel senso della riforma della sentenza impugnata, dichiarando nullo l’avviso di accertamento per la violazione dell’obbligo del contraddittorio.
3. A seguito del ricorso, la società contribuente resiste con controricorso.
4. Il ricorso è stato fissato alla pubblica udienza del 10/10/2019.
5. La società contribuente ha depositato memoria.
Ragioni della decisione
1.1. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia l’insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata circa un fatto controverso e decisivo, ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., consistente nei motivi per cui il calcolo sul reddito della società effettuato dall’Amministrazione dovesse ritenersi errato.
In particolare, la C.T.P. di Treviso aveva accolto il ricorso della contribuente, rilevando che l’Ufficio aveva applicato, nell’accertamento induttivo dei ricavi, una percentuale di ricarico eccessiva ed ingiustificata, che non teneva conto di una serie di costi sostenuti.
L’Agenzia aveva impugnato specificamente la decisione del giudice di prime cure, sostenendo la correttezza del proprio operato, ma la C.T.R. sul punto aveva fornito una motivazione del tutto insufficiente, limitandosi a rilevare la mancata considerazione di possibili cause di variabilità della redditività della società, senza alcuna ulteriore precisazione.
Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia l’insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata circa un fatto controverso e decisivo, ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., consistente nel metodo accertativo adottato dall’Amministrazione.
Il giudice di prime cure, infatti, aveva accertato che l’Ufficio, abbandonando la procedura dell’accertamento standardizzato, ha ritenuto di operare la rettifica analitico induttiva dei ricavi, in forza dell’art. 39, comma 1, d.P.R. n. 600/73 e art. 54 d.P.R. n. 633/72, applicando una percentuale media di ricarico del 65,42% alle rimanenze finali dell’anno 2003″; il giudice di appello, invece, pur riconoscendo che l’Ufficio aveva recuperato a tassazione maggiori ricavi non contabilizzati, corrispondenti alle rimanenze finali dell’anno 2003, non riportate a costo economico nell’anno 2004 per l’anomala contabilizzazione di magazzino, afferma contraddittoriamente in motivazione la correttezza della contabilità della società contribuente ed il ricorso, da parte dell’amministrazione, al metodo del l’accerta mento standardizzato, in assenza del previo contraddittorio con la parte.
Con il terzo motivo, l’Agenzia ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 10, comma 3 bis, l. n. 146/98, in relazione all’art. 360, comma 1, n.3, c.p.c.
Secondo la ricorrente, la C.T.R. avrebbe falsamente applicato al caso in esame la disciplina prevista per gli accertamenti basati sugli studi di settore, ritenendo essenziale il contraddittorio con il contribuente e trascurando che l’Ufficio aveva induttivamente accertato i maggiori ricavi con una diversa metodologia accertativa (analitico – induttiva).
1.2. Il terzo motivo è fondato, con conseguente assorbimento dei precedenti.
1.3. In particolare, dal testo dell’avviso di accertamento, riprodotto in ricorso, emerge chiaramente che l’accertamento, sebbene nato sul rilievo di uno scostamento tra il reddito dichiarato dalla società per l’anno di imposta 2004 e quello risultante dall’applicazione dello studio di settore, sia fondato, a seguito della produzione da parte della società dei bilanci relativi agli esercizi del 2003, 2004 e 2005, su di una rilevata anomala contabilizzazione delle rimanenze finali, che non venivano riportate come rimanenze iniziali dell’anno successivo, ma progressivamente scaricate con l’emissione delle fatture relative ai lavori effettuati dall’impresa.
Si tratta all’evidenza, come riconosciuto dal giudice di prime cure, che pure aveva concluso nel merito per l’infondatezza dell’accertamento, di una metodologia analitico- induttiva, fondata su irregolarità contabili e volta alla ricostruzione induttiva dei ricavi, mediante l’applicazione di una percentuale di ricarico sulle rimanenze non contabilizzate.
Il giudice di appello, invece, pur riconoscendo che l’Ufficio aveva recuperato a tassazione maggiori ricavi non contabilizzati, corrispondenti alle rimanenze finali dell’anno 2003, non riportate a costo economico nell’anno 2004 per l’anomala contabilizzazione di magazzino, ha ritenuto che l’accertamento fosse illegittimo, ritenendo sussistente la violazione dell’obbligo del contraddittorio preventivo, previsto per gli accertamenti standardizzati.
La C.T.R., quindi, è incorsa nell’errore di ritenere applicabile alla fattispecie in esame la normativa che prevede l’obbligo del contraddittorio ai fini della legittimità degli accertamenti standardizzati, annullando l’avviso di accertamento per la violazione dell’obbligo suddetto.
All’accoglimento del terzo motivo, consegue l’assorbimento dei primi due, dovendosi rilevare che la ratio posta a fondamento della decisione del giudice di appello è quella dell’illegittimità dell’accertamento per la mancanza del previo contraddittorio, senza alcuna pronuncia sugli altri motivi relativi all’entità dell’importo dovuto ed alla fondatezza della pretesa tributaria in ordine alle irregolarità contabili riscontrate.
Avendo riconosciuto che l’accertamento oggetto della controversia non rientra nell’ambito di applicazione degli studi di settore, tutte le ulteriori eccezioni richiamate dalla società nel controricorso e nella memoria depositata ex art. 378 c.p.c., relative ai profili d’illegittimità dell’accertamento basato sugli studi di settore, appaiono irrilevanti ai fini della decisione.
La sentenza impugnata, quindi, va cassata, con rinvio alla C.T.R. del Veneto, in diversa composizione, che provvederà anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il terzo motivo di ricorso, assorbiti il primo ed il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla C.T.R. del Veneto, in diversa composizione, che provvederà anche alle spese del giudizio di legittimità.
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