CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 05 febbraio 2020, n. 2619
Tributi – Contenzioso tributario – Ricorso per revocazione – Errore di fatto – Falsa percezione della realtà o svista materiale che abbia portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso oppure inesistenza di un fatto positivamente accertato dagli atti o documenti di causa
Fatti di causa
Con distinti avvisi di accertamento per gli anni 2006, 2007 e 2008 l’Ufficio rettificava le corrispondenti dichiarazioni della società ricorrente richiedendo le maggiori imposte IRES ed IRAP, i connessi interessi e le conseguenti sanzioni di legge.
Le pretese dell’Ufficio si fondavano sulle risultanze di una verifica fiscale della GdF scaturita a seguito di indagini penali nei confronti di G. G.; a seguito dei rapporti con costui riteneva l’Amministrazione Finanziaria che la società avesse annotato nella propria contabilità e conseguentemente esposto in conto economico e nella dichiarazione reddituale fatture per operazioni inesistenti emesse dalla società FIBERT GMBH.
Gli avvisi di accertamento, impugnati dalla società contribuente, erano annullati dalla CTP di Milano.
L’Erario appellava di fronte alla competente CTR, che accoglieva il gravame e confermava la legittimità degli atti impugnati.
Avverso tal sentenza la società contribuente proponeva ricorso per revocazione ex art. 395 c.p.c., denunciando l’errore in cui era incorsa la CTR, costituito dalla mancata valutazione della documentazione prodotta, il cui esame avrebbe portato a diversa decisione favorevole alla stessa.
La CTR rigettava il ricorso; ricorre a questa Corte la I.C. s.p.a. con atto affidato a un solo motivo che illustra con memoria ex art. 378 c.p.c.; resiste l’Amministrazione Finanziaria con controricorso.
Ragioni della decisione
Con il solo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 395 n. 4 c.p.c. per avere la CTR ritenuto che il giudice dell’appello fosse incorso non in un errore nella percezione di un fatto, ma in un errore di valutazione delle prove, non suscettibile di revocazione.
Il motivo è infondato.
Invero, non risulta dalla sentenza impugnata che il difetto di prova a favore della contribuente derivi dalla mancata produzione degli svariati documenti ai quali si fa riferimento; esso invero deriva dal mancato esame di documentazione che – invece – era agli atti.
Il vizio di omesso esame di un documento decisivo non è deducibile in cassazione se il giudice di merito ha accertato che quel documento non è stato prodotto in giudizio, non essendo configurabile un difetto di attività del giudice circa l’efficacia determinante, ai fini della decisione della causa, di un documento non portato alla cognizione del giudice stesso. Se la parte assume, invece, che il giudice abbia errato nel ritenere non prodotto in giudizio il documento decisivo, può far valere tale preteso errore soltanto in sede di revocazione, ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c., sempre che ne ricorrano le condizioni.
L’utilizzo dell’espressione “non vi è nessuna prova” in ordine alla effettiva esistenza di FIBET, sul punto, consente di ritenere che la CTR non abbia errato nel ritenere non prodotti i documenti dei quali si censura il mancato esame, ma abbia avuto la percezione della loro esistenza in atti senza tuttavia prenderne in esame il contenuto.
L’errore di fatto, deducibile con impugnazione per revocazione ai sensi dell’art 395 n 4 cod proc civ, consiste in una falsa percezione della realtà, in una svista obiettivamente ed immediatamente rilevabile, che abbia portato il giudice ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo, incontestabilmente escluso dagli atti e dai documenti di causa, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo, che dagli stessi atti e documenti risulti positivamente accertato, sempre che il fatto medesimo non costituisca punto controverso sul quale il giudice abbia pronunciato.
In tali termini risulta del tutto consolidato l’orientamento di questa Corte (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 26890 del 22/10/2019) secondo il quale l’errore di fatto previsto dall’art. 395, n. 4, c.p.c., idoneo a costituire motivo di revocazione, consiste in una falsa percezione della realtà o in una svista materiale che abbia portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso oppure l’inesistenza di un fatto positivamente accertato dagli atti o documenti di causa, purché non cada su un punto controverso e non attenga a un’errata valutazione delle risultanze processuali.
Conseguentemente, il vizio della sentenza qui denunciato non assume natura revocatoria, potendo lo stesso esser fatto valere quale motivo di ricorso per cassazione (e risultando lo stesso in quel senso concretamente denunciato nel giudizio n. r.g. 21165/2014 pendente di fronte a questa Corte).
Conseguentemente, il ricorso è rigettato.
Sussistono giuste ragioni per compensare le spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso: compensa le spese di tutti i gradi di giudizio. Da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte delle ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.
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