CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 06 dicembre 2018, n. 31654
Lavoro – Rapporto di associazione in partecipazione – Compenso – Subordinazione – Prova
Fatto
Con decreto del 31 gennaio 2017, il Tribunale di Arezzo rigettava l’opposizione proposta da L.A.N. & C. s.n.c. avverso lo stato passivo del Fallimento G.K. s.p.a., cui il credito insinuato in via privilegiata ai sensi dell’art. 2751bis n. 1 c.c. di € 15.277,17 a titolo di compenso per lavoro svolto in qualità di associata in partecipazione, era stato ammesso in via chirografaria per € 14.930,31, con riduzione della somma (da € 352,77 a € 5,91) per interessi, in quanto computati fino alla data non già di fallimento, ma di pubblicazione, nel registro delle imprese, del ricorso di ammissione a concordato preventivo cui il fallimento era poi conseguito.
A motivo della decisione, il Tribunale escludeva la natura subordinata della prestazione di attività resa dalla creditrice, in esito alla scrutinata natura del rapporto di associazione in partecipazione, nella verificata effettività di sua modulazione concreta tra le parti.
Con atto notificato il 6 – 8 marzo 2017, la società creditrice ricorreva per cassazione avverso il predetto decreto con due motivi, cui resisteva la curatela fallimentare con controricorso; entrambe le parti comunicavano memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 35 Cost., 116 c.p.c., 2549 e 2751bis c.c. e I. 92/2012, per erronea esclusione di qualificazione del rapporto tra le parti come di lavoro subordinato, ancorchè formalmente di associazione in partecipazione, in difetto di prova della sua genuinità, attesa la presunzione relativa di illegittimità in caso di prestazione lavorativa dell’associato.
2. Con il secondo, la ricorrente deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 35 e 111 Cost., 2549 e 2751bis c.c. e I. 92/2012, per mancata motivazione sull’esclusione della natura privilegiata degli interessi, non soggetti a sospensione in caso di riconoscimento di detta qualità.
3. Il primo motivo, relativo a violazione o falsa applicazione degli artt. 35 Cost., 116 c.p.c., 2549 e 2751bis c.c. e I. 92/2012 per erronea esclusione di qualificazione del rapporto tra le parti come di lavoro subordinato, è inammissibile.
3.1. Esso difetta di specificità, in violazione della prescrizione, a pena di inammissibilità, dell’art. 366, n. 4 e n. 6 c.p.c., sotto il profilo di inosservanza del principio di autosufficienza per l’omessa trascrizione del contratto di associazione in partecipazione (Cass. 17.7.07, n. 15952; Cass. 15.7.15, n. 14784; Cass. 27.7.2017, n. 18679).
3.2. Né si configurano le violazioni di legge denunciate, in assenza degli appropriati requisiti di erronea sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta regolata dalla disposizione di legge, mediante specificazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina (Cass. 26.6.13, n. 16038; Cass. 1.12.14, n. 25419; Cass. 12.1.16, n. 287).
3.3. In particolare, non ricorre violazione dell’art. 116 c.p.c., che è norma che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale, la quale integra il vizio di error in procedendo soltanto quando il giudice di merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista o, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore, ovvero soggetta ad un diverso regime (Cass. 20.12.07, n. 26965; Cass. 19.6.14, n. 13960; Cass. 10.6.16, n. 11892). Ma al di fuori dei suddetti limiti, non se ne configura la violazione per erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito (Cass. 27.12.2016, n. 27000).
3.4. E neppure sussiste violazione dell’art. 2697 c.c., in assenza di violazione del regime di ripartizione dell’onere probatorio, laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti, sindacabile in sede di legittimità, entro i ristretti limiti del novellato testo dell’art. 360, primo comma n. 5 c.p.c. (Cass. 17.6.13, n. 15107; Cass. 29.5.18, n. 13395).
3.5. Il mezzo si risolve piuttosto nella confutazione di una valutazione probatoria che è incensurabile in sede di legittimità, laddove come nel caso di specie (per le ragioni esposte a pgg. da 2 a 5 della sentenza) sia congruamente argomentata (Cass. 19.3.09, n. 6694; Cass. 16.12.11, n. 27197; Cass. 4.11.13, n. 24679): e ciò tanto più nel rigoroso ambito del novellato art. 360, co. 1, n. 5 c.p.c. (Cass. s.u. 7.4.14, n. 8053; Cass. 10.2.15, n. 2498; Cass. 26.6.15, n. 13189; Cass. 21.10.15, n. 21439).
4. Il secondo motivo, relativo a violazione o falsa applicazione degli artt. 35 e 111 Cost., 2549 e 2751bis c.c. e I. 92/2012 per mancata motivazione sull’esclusione della natura privilegiata degli interessi, è infondato.
4.1. E’ del tutto evidente che la natura chirografaria degli interessi derivi coerente da quella chirografaria del credito in linea capitale accertata, di cui essi seguono il regime di trattamento, per la loro funzione di accessorio: sicché soltanto il privilegio che sia riconosciuto a questo “si estende” a quelli, a norma dell’art. 2749 c.c., nei limiti in esso previsti.
5. Dalle superiori argomentazioni discende coerente il rigetto del ricorso, con regolazione delle spese secondo il regime di soccombenza e sussistenza dei presupposti per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente soccombente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente alla rifusione, in favore del Fallimento controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in € 200,00 per esborsi e € 4.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13.
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