CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 06 giugno 2022, n. 18127
Rapporto di lavoro – Elettricista – Contratto a tempo determinato – Nullità – Mancata indicazione delle ragioni tecniche organizzative e produttive – Carenza del requisito della temporaneità – Mancato rispetto del limite di contingentamento
Fatti di causa
1. M.R. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma la Fondazione T.O. di Roma e, premesso di essere stato per anni, dal 2000 al 2011, dipendente a tempo determinato come “elettricista”, chiedeva che fosse dichiarata la nullità del termine apposto a tali contratti per plurime ragioni formali e sostanziali, per essere stati i contratti sottoscritti dopo l’inizio della prestazione, per la mancata indicazione delle ragioni tecniche organizzative e produttive legittimanti l’assunzione a termine, per la carenza del requisito della temporaneità, per la mancata rispondenza della utilizzazione alle ragioni indicate nei contratti, per la mancanza del documento di valutazione dei rischi, per il mancato rispetto del limite di contingentamento.
2. Il Tribunale rigettava le domande riconoscendo, tra l’altro, l’inoperatività del meccanismo della conversione.
3. La pronuncia era riformata dalla Corte d’appello di Roma che dichiarava, per quanto qui rileva, l’illegittimità del contratto a termine stipulato dal R. in data 12 luglio 2000, dichiarava che tra le parti era costituito un rapporto a tempo indeterminato sin dalla data di tale contratto, che il lavoratore aveva diritto ad essere riammesso in servizio e condannava la Fondazione anche al pagamento dell’indennità ex art. 32 l. n. 183/2010, che quantificata in 9 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.
Richiamava la Corte territoriale la pronuncia di questa Corte n. 19189/2016 e ne condivideva tutte le affermazioni in diritto.
Quanto, in particolare, all’appellante R., riteneva che al primo dei contratti dal medesimo stipulati, e cioè a quello dell’11 agosto 2000, dovesse essere applicata la disciplina di cui alla l. n. 230/1962.
Evidenziava che la continuità assicurata al rapporto a termine, per una serie rilevante di rappresentazioni e spettacoli (per un arco temporale di 11 anni) inducesse a ritenere che la mera indicazione del programma specifico e temporaneo (quattro spettacoli nel primo contratto utilizzando la clausola dell’impegno a prendere parte ad ulteriori e diverse manifestazioni) non fosse sufficiente a giustificare e a dare legittimità ad una serie continuativa di assunzioni a termine per prestazioni generiche, comunque reperibili attingendo all’organico stabile dell’impresa.
4. Contro la sentenza la Fondazione ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un motivo.
5. M.R. ha resistito con controricorso.
6. Il PG ha presentato requisitoria scritta concludendo per il rigetto del ricorso.
7. La Fondazione ha depositato memoria.
Ragioni della decisione
1. Con l’unico motivo la Fondazione denuncia la violazione dell’art. 1, comma 1 lett. e) della l. n. 230/1962.
Censura la sentenza impugnata assumendo che il contratto relativo al periodo 12 luglio – 11 agosto 2000 rispondeva ai requisiti previsti dalla norma indicata: in particolare, essi specificavano le rappresentazioni operistiche richiedenti le prestazioni del lavoratore.
Evidenzia che ogni rappresentazione ha determinate caratteristiche per esigenze scenografiche, dei costumi, per le peculiarità delle partiture musicali che la rendono unica e singolare, il che esclude ogni omologazione con le rappresentazioni dei vari contratti a termine intercorsi tra le parti.
2. Il ricorso è inammissibile per difetto del necessario ius postulandi degli avvocati del libero foro ai quali la Fondazione T.O. di Roma ha conferito procura speciale.
2.1. L’art. 1 del d.l. 24 novembre 2000, n. 345, convertito con modificazioni dalla l. 26 gennaio 2001, n. 6, al comma 1 ha disposto la trasformazione in fondazioni di diritto privato degli enti lirici indicati dall’art. 6 della legge 14 agosto 1967, n. 800 e, al comma 3, ha previsto che «La fondazione è dotata di uno statuto che ne specifica le finalità … Essa può continuare ad avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato».
All’autorizzazione concessa dal legislatore, pur a fronte dell’affermata natura privatistica della fondazione, non si accompagna alcun’altra disposizione di carattere speciale inerente al regime del patrocinio, sicché la disciplina non può che essere quella dettata dal Testo Unico sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull’ordinamento dell’Avvocatura dello Stato approvato con r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, applicabile alla fattispecie anche in difetto di espresso richiamo.
L’art. 43 del decreto, al comma 1, conferisce all’Avvocatura dello Stato il potere di assumere la rappresentanza e la difesa «di amministrazioni pubbliche non statali ed enti sovvenzionati, sottoposti a tutela od anche a sola vigilanza dello Stato», a condizione che sia a ciò autorizzata «da disposizione di legge, di regolamento o di altro provvedimento approvato con regio decreto», ed ai successivi commi 3 e 4 aggiunge che, una volta intervenuta l’autorizzazione e fatto salvo il conflitto di interessi con amministrazioni statali, la rappresentanza e la difesa sono «assunte dalla Avvocatura dello Stato in via organica ed esclusiva….» con la conseguenza che ove, «in casi speciali», l’ente autorizzato al patrocinio non intenda avvalersi dello stesso, sarà necessaria l’adozione di «apposita motivata delibera da sottoporre agli organi di vigilanza».
La ratio della disciplina va ricercata, non solo nella necessità di evitare inutile dispendio di denaro pubblico, ma anche nell’obiettivo di tutelare, attraverso la difesa unitaria, l’interesse del singolo ente in modo armonico rispetto alle esigenze pubbliche perseguite dallo Stato e dalla P.A. nel suo complesso (Cass. n. 12642/2021), sicché caratteristica del patrocinio autorizzato è che difetta una piena discrezionalità dell’ente patrocinato nella scelta tra l’Avvocatura dello Stato ed il libero professionista, al quale l’incarico può essere conferito solo in via eccezionale e nel rispetto delle condizioni previste dal legislatore.
2.2. Valorizzando detta ratio nonché la natura derogatoria della previsione contenuta nel comma 4 dell’art. 43, le Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 24876 del 20 ottobre 2017 hanno osservato che l’atto deliberativo si configura come un requisito indispensabile per la validità del mandato difensivo conferito all’avvocato del libero foro e la sua mancanza determina, nel giudizio di cassazione, la nullità della procura speciale e del ricorso, o del controricorso, rilevabile d’ufficio ed insuscettibile di sanatoria per effetto del comportamento acquiescente della controparte (punto 24 della motivazione).
Il richiamato principio è stato ribadito, in motivazione, dalle stesse Sezioni Unite con la più recente sentenza n. 3008 del 19 novembre 2019 che, dopo aver evidenziato le peculiarità della disciplina speciale dettata in relazione alla difesa dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione, quanto a quella generale, che si trae dall’art. 43 del r.d. e che resta in quel caso applicabile nelle materie convenzionalmente riservate all’Avvocatura, ha osservato che per la sottrazione al patrocinio autorizzato “sarà – come di consueto – indispensabile la specifica e motivata delibera di affidamento all’avvocato del libero foro, secondo la ricostruzione compendiata da ultimo dalla già richiamata Cass. Sez. Un. n. 24876/2017: e, pertanto, solo in tal caso occorrerà allegare e provare – a maggior ragione nel giudizio di legittimità, ove non si applica l’art. 182 cod. proc. civ. – l’avvenuta rituale adozione di tale delibera“.
2.3. Si tratta di principi che le sezioni semplici hanno ribadito in successive pronunce (Cass. 5 ottobre 2018, n. 24545; Cass. 13 dicembre 2021, n. 39430) e che questa Corte ha già applicato alle fondazioni liriche affermando che: “Le fondazioni liriche, sebbene trasformate in fondazioni di diritto privato, possono continuare, ai sensi dell’art. 1, comma 3, del d.l. n. 345 del 2000, conv. dalla l. n. 6 del 2001, ad avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, configurandosi così un’ipotesi di “patrocinio autorizzato” per legge, ex art. 43 del r.d. n. 1611 del 1933, come modificato dall’art. 11 della l. n. 103 del 1979, con la conseguenza che ove le fondazioni stesse, sempre a norma del citato art. 43, intendano in casi speciali non avvalersi della predetta Avvocatura, debbono adottare apposita motivata delibera da sottoporre agli organi di vigilanza” (Cass. 21 novembre 2018, n. 30118).
Alla richiamata pronuncia va data continuità, perché la Fondazione non può fare leva sulla natura privatistica per sottrarsi all’applicabilità della disciplina dettata dall’art. 43 del r.d. n. 1611/1933. La volontà di estendere all’ente, seppure privatizzato, il regime del patrocinio autorizzato, con tutte le conseguenti implicazioni, è stata chiaramente espressa dal legislatore con il d.l. n. 345/2000, che integra la «disposizione di legge» di cui al comma 1 dell’art. 43, con la conseguenza che alla stessa non dovevano fare seguito ulteriori atti di natura regolamentare o amministrativa.
2.4. Una volta ritenuta la delibera requisito indispensabile per la validità del mandato difensivo, gravano sulla parte i conseguenti oneri di allegazione e di prova (Cass., Sez. Un., n. 30008/2019), dei quali la Corte è tenuta a verificare il rispetto anche in assenza di tempestiva eccezione della controparte, perché la mancanza delle condizioni richieste dall’art. 43 del r.d. rende il libero professionista privo del necessario ius postulandi. Non sono, quindi, condivisibili le conclusioni alle quali, in fattispecie analoga a quella oggetto di causa, è pervenuta Cass. n. 16 gennaio 2020 n. 823, atteso che il principio secondo cui nel giudizio di cassazione non possono essere prospettate questioni, seppure rilevabili d’ufficio, che richiedano accertamenti di fatto, non è estensibile alle questioni di carattere processuale inerenti alla corretta instaurazione del giudizio ed alla validità degli atti introduttivi dello stesso.
2.5. Alle questioni meramente processuali ed interne al giudizio di cassazione, quale è quella della validità della procura speciale conferita all’avvocato del libero foro, non si applicano né l’art. 384, comma 3, cod. proc. civ. né l’art. 101, comma 2, cod. proc. civ., sia perché le stesse sono normalmente inidonee a modificare il quadro fattuale ed a determinare nuovi sviluppi della lite non presi in considerazione dalle parti, sia in quanto queste ultime devono avere autonoma consapevolezza degli incombenti cui le norme di rito subordinano l’esercizio dei poteri processuali (Cass. 4 marzo 2019, n. 6218).
È stato anche osservato, ed al principio va data continuità, che “il divieto della decisione sulla base di argomenti non sottoposti al previo contraddittorio delle parti non si applica alle questioni di rito relative a requisiti di ammissibilità della domanda previsti da norme la cui violazione è rilevabile in ogni stato e grado del processo, senza che tale esito processuale integri una violazione dell’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, il quale – nell’interpretazione data dalla Corte Europea – ammette che il contraddittorio non venga previamente suscitato quando si tratti di questioni di rito che la parte, dotata di una minima diligenza processuale, avrebbe potuto e dovuto attendersi o prefigurarsi” ( Cass. 21 luglio 2016, n. 15019 e negli stessi termini Cass. 7 marzo 2022, n. 7356).
Alle considerazioni che precedono, già assorbenti, va aggiunto che all’udienza di discussione, sebbene le parti siano state sollecitate a prendere posizione sulla questione processuale, rilevata d’ufficio dal Collegio, la difesa della Fondazione non ha neppure accennato all’adozione dell’atto deliberativo richiesto dall’art. 43 r.d. n. 1611/1933, non richiamato nella procura speciale o nel ricorso né prodotto ex art. 369 cod. proc. civ..
2.6. Infine, non può essere invocato l’orientamento espresso dalle Sezioni Unite in tema di prospective overruling, finalizzato a porre la parte al riparo dagli effetti processuali pregiudizievoli (nullità, decadenze, preclusioni, inammissibilità) di mutamenti imprevedibili della giurisprudenza di legittimità su norme regolatrici del processo sterilizzandoli (Cass., Sez. Un., 12 febbraio 2019, n. 4135; Cass., Sez. Un., 11 luglio 2011, n. 15144), atteso che, da un lato, sino all’arresto del 2018 non si rinvengono pronunce che abbiano espressamente escluso la riconducibilità al patrocinio ex art. 43 del r.d. n. 1611/1933 dell’autorizzazione concessa dal d.l. n. 345/2000, dall’altro, quanto ai requisiti necessari per il valido conferimento del mandato difensivo ad avvocato del libero foro, le Sezioni Unite del 2017 si sono poste in linea di continuità con un orientamento risalente nel tempo ed hanno ribadito un principio già affermato da Cass., Sez. Un., n. 4512 del 5 luglio 1983.
3. Da tanto consegue l’inammissibilità del ricorso.
4. Alla soccombenza segue la condanna della fondazione ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo e con distrazione in favore del difensore dichiaratosi antistatario, non ravvisandosi i presupposti per la condanna per lite temeraria, ai sensi dell’art. 96, comma 1, cod. proc. civ., sollecitata nel controricorso, avuto riguardo non solo all’evoluzione giurisprudenziale sulla questione della procura, ma anche a quella attinente ai contratti a termine delle Fondazioni Liriche rispetto all’epoca di proposizione del ricorso.
5. Occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass., Sez. Un., 20 febbraio 2020, n. 4315, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
Dichiara l’inammissibilità del ricorso; condanna la Fondazione ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario in misura del 15%, spese da distrarsi in favore dell’avv. A.G., antistatario.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
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