CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 06 novembre 2019, n. 28565
Tributi – IRPEF – Somme percepite a titolo di risarcimento danni conseguente ad occupazione d’urgenza e a illegittimo esproprio di terreni – Plusvalenza tassabile – Condizioni – Esclusione – Rimborso ritenuta alla fonte operata dal Comune
Fatti di causa
1. M.P. impugnò il silenzio-rifiuto formatosi sulla istanza di rimborso, datata 19/07/2006, della ritenuta del 20% operata dal comune di Brindisi (in data 7/08/2002), a titolo di IRPEF, per l’annualità 2002, ai sensi dell’art. 11, comma 5, della legge n. 413/1991, sulla plusvalenza derivante dalla liquidazione di somme ottenute a titolo di risarcimento dei danni conseguente ad occupazione d’urgenza e a illegittimo esproprio di terreni di sua proprietà.
Sull’allegazione della contribuente che, nella specie, si era al di fuori dell’ambito dell’art. 11, comma 5, cit., la CTP Brindisi, con sentenza n. 126/2012, dichiarò il ricorso del 2010 inammissibile perché presentato oltre il termine di decadenza di due anni, previsto dall’art. 21, comma 2, del d.lgs. n. 546/1992.
2. Interposto appello dalla contribuente, la CTR della Puglia (sezione staccata di Lecce), per un verso, ha escluso che il ricorso originario fosse tardivo, e, per altro verso, ha respinto il gravame, reputando che l’ufficio avesse correttamente applicato la ritenuta d’imposta sul rimborso accordato, qualificabile come plusvalenza tassabile alla luce della giurisprudenza di legittimità.
3. M.P. ricorre per la cassazione, con un unico motivo, illustrato anche con memoria ex art. 378, cod. proc. civ., cui resiste l’Agenzia con controricorso, nel quale è svolto ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo.
4. E.R.P. impugnò il silenzio-rifiuto formatosi sulla istanza di rimborso, datata 19/07/2006, della ritenuta del 20% operata dal comune di Brindisi (in data 7/08/2002), a titolo di IRPEF, per l’annualità 2002, ai sensi dell’art. 11, comma 5, della legge n. 413/1991, sulla plusvalenza derivante dalla liquidazione di somme ottenute a titolo di risarcimento dei danni conseguente ad occupazione d’urgenza e a illegittimo esproprio di terreni di sua proprietà.
Sulla deduzione del contribuente che, nella specie, si era al di fuori dell’ambito dell’art. 11, comma 5, cit., la CTP Brindisi, con sentenza n. 126/2012, dichiarò il ricorso del 2010 inammissibile perché presentato oltre il termine di decadenza di due anni, previsto dall’art. 21, comma 2, del d.lgs. n. 546/1992.
5. Interposto appello dal contribuente, la CTR della Puglia (sezione staccata di Lecce), per un verso, ha escluso che il ricorso originario fosse tardivo, e, per altro verso, ha respinto il gravame, sul rilievo che l’ufficio avesse correttamente applicato la ritenuta d’imposta sul rimborso accordato, qualificabile come plusvalenza tassabile alla luce della giurisprudenza di legittimità.
6. E.R.P. ricorre per la cassazione, con un unico motivo, illustrato anche con memoria ex art. 378, cod. proc. civ., cui resiste l’Agenzia con controricorso, nel quale è svolto ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo.
Ragioni della decisione
a. Preliminarmente si dispone la riunione dei due ricorsi, ai sensi dell’art. 274, cod. proc. civ., con la precisazione che, essendo fondati sui medesimi motivi, essi verranno esaminati un’unica volta.
1. Con l’unico motivo del ricorso principale, denunciando violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 81, comma 1, lett. b, TUIR (attuale art. 97), 11, comma 5, della legge n. 413/1991, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., nonché omessa motivazione, in relazione al n. 5, del medesimo articolo, ciascun ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte che, pronunciando nel merito, omettendo qualsiasi motivazione, limitandosi a richiamare alcuni precedenti di questa Corte, senza confrontarli con il caso concreto oggetto di questo giudizio – nel quale si tratta della tassazione, come plusvalenza, dell’indennità d’esproprio di terreni ricadenti nella zona “F” – ed ignorandone completamente i relativi elementi identificativi (tipologia del suolo, classificazione del terreno e titolo di pagamento della plusvalenza), ha ravvisato la legittimità della ritenuta fiscale.
2. Con l’unico motivo del ricorso incidentale, denunciando violazione dell’art. 21, comma 2, del d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’Agenzia assume che la contribuente aveva presentato, in data 19/07/2006, domanda di rimborso IRPEF, relativa all’anno 2002 (trattenuta dal sostituto d’imposta in data 7/08/2002), dopodiché aveva impugnato il silenzio-rifiuto dell’Amministrazione finanziaria (solo) il 3/08/2010, senza osservare il termine perentorio di due anni previsto dall’art. 21, comma 2, cit.
Facendo leva su questi dati cronologici, imputa al giudice d’appello un errore di diritto per avere confuso il termine di decadenza di 48 mesi (dalla data del versamento) entro il quale va presentata l’istanza di rimborso – quale termine, nella specie, rispettato (visto che l’istanza di rimborso era datata 19/07/2006, mentre il versamento era avvenuto il 7/08/2002) – con quello, nella specie disatteso, di decadenza entro il quale è necessario impugnare il silenzio-rifiuto.
3. Il motivo del ricorso incidentale, il cui esame va anteposto a quello del ricorso principale poiché riguarda il profilo preliminare dell’ammissibilità o meno del ricorso introduttivo, è infondato.
Occorre premettere che, nella specie, si verte in un’ipotesi di rimborso di un versamento diretto, ai sensi dell’art. 38, del d.P.R. n. 602/1973, trattandosi dell’istanza di rimborso della ritenuta IRPEF del 20%, operata dal comune, quale sostituto d’imposta, sull’indennità d’esproprio spettante al contribuente che, ai sensi del medesimo articolo, deve essere presentata all’Amministrazione finanziaria entro 48 mesi dalla data del versamento (cfr.: Cass. 13/03/2019, n. 7110, sul diverso ambito d’applicazione degli artt. 37 e 38, del d.P.R. n. 602/1973, i quali disciplinano due diverse ipotesi di rimborso, a seconda che la riscossione sia avvenuta con il metodo della “ritenuta diretta” o del “versamento diretto”).
L’altra premessa sta in ciò, che, nel caso concreto, diversamente da quanto prospetta la difesa erariale, si è al di fuori del perimetro dell’art. 21, comma 2, del d.lgs. n. 546/1992.
Il discrimine tra la disciplina del rimborso d’imposta ex art. 38, cit., e il termine per la proposizione della domanda (giudiziale) di restituzione, ai sensi dell’art. 21, comma 2, cit., secondo il pacifico orientamento di questa Corte (Cass. 15/05/2019, n. 12919), al quale il Collegio intende dare continuità, è segnato dal fatto che la disciplina del rimborso d’imposta di cui all’art. 38, cit., attiene all’ipotesi in cui il relativo versamento non sia dovuto ab origine, mentre, quando il diritto alla restituzione sia sorto solo in una data posteriore a quella del pagamento della stessa, trova applicazione l’art. 21, comma 2, cit., norma residuale e di chiusura del sistema, secondo il quale l’istanza di rimborso può essere presentata entro due anni dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione.
Nel caso in esame, è incontestato che parte contribuente abbia rispettato il detto termine di 48 mesi (art. 38) in quanto il versamento (recte: la ritenuta IRPEF da parte del comune), che si assume non dovuto ab origine, è stato effettuato il 7/08/2002, mentre l’istanza di rimborso è stata proposta (prima della scadenza di 48 mesi, ossia) il 19/07/2006.
Ciò stabilito con riferimento al rispetto del termine decadenziale entro il quale doveva essere presentata la domanda di rimborso all’Amministrazione finanziaria, è dato rilevare che il diritto del contribuente ad ottenere il rimborso dell’indebito era soggetto all’ordinario termine di prescrizione decennale, ex art. 2946, cod. civ., nella specie decorrente dal versamento (7/08/2002), chiaramente non ancora decorso al tempo della proposizione del ricorso giurisdizionale (27/08/2010).
La CTR ha fatto corretta applicazione di questi principi di diritto, laddove ha emendato la declaratoria d’inammissibilità del ricorso introduttivo della contribuente, erroneamente dichiarata dal giudice di primo grado.
4. Il complesso motivo del ricorso principale, nella sua duplice articolazione (violazione di legge e vizio di motivazione), è fondato.
L’art. 11, comma 5, della legge n. 413/1991 prevede l’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 81, comma 1, lett. b) (nel testo all’epoca vigente) alle “plusvalenze conseguenti alla percezione, da parte di soggetti che non esercitano imprese commerciali, di indennità di esproprio o di somme percepite a seguito di cessioni volontarie nel corso di procedimenti espropriativi nonché di somme comunque dovute per effetto di acquisizione coattiva conseguente ad occupazione di urgenza divenute illegittime relativamente a terreni destinati ad opere pubbliche o ad infrastrutture urbane all’interno delle zone omogenee di tipo A, B, C, D di cui al decreto ministeriale 2 aprile 1968, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968, definite dagli strumenti urbanistici ovvero ad interventi di edilizia pubblica ed economica e popolare di cui alla legge 1° aprile 1962 n. 167 e successive modificazioni”.
Com’è già stato affermato da questa Corte, la assoggettabilità a tassazione prescinde dalla classificazione risultante dal piano regolatore generale, con riguardo a zone non comprese nella classificazione formale del predetto decreto ministeriale (Cass. n. 15845 del 13/8/2004; conf., ex multis, Cass. 9228/2019).
In sostanza, le previsioni di uno strumento urbanistico locale, quand’anche legittimamente adottate, sono del tutto irrilevanti ai fini specifici, perché non considerate dalla normativa nazionale, mentre quello che conta è il criterio che, ai sensi dell’art. 11, comma 5, legge citata, sottopone a tassazione le plusvalenze conseguenti alla percezione di indennità o di risarcimenti in relazione alla mera collocazione dei suoli nelle zone omogenee indicate (di tipo A, B, C, D), senza rilevanza di alcuna ulteriore distinzione (tra aree aventi vocazione edificatoria e terreni agricoli).
Ai fini dell’assoggettamento ad imposizione, è necessario quindi verificare se l’area, in relazione alla quale si verifica il presupposto impositivo, sia inserita in una di queste zone o per espressa previsione dello strumento urbanistico generale di primo livello, ovvero per il suo inserimento in linea di fatto in forza di piano attuativo di secondo o di terzo livello (Cass. n. 9455 del 21/4/2006; Cass. n. 4617 del 3/3/2005) e, comunque, non rileva, allo scopo di escludere l’imponibilità ai fini IRPEF, il fatto che l’area, secondo il piano regolatore generale, si trovi all’interno di zona altrimenti destinata, poiché tale previsione non è sufficiente a escludere la relativa inerenza dell’area alle zone omogenee considerate avuto riguardo alla sua destinazione effettiva (Cass. 18/01/2012, n. 652; 19/8/2004, n. 16231).
Ciascuna sentenza impugnata si è discostata da tali principi laddove ha affermato, immotivatamente, che l’indennità d’esproprio del terreno costituisce una plusvalenza, soggetta alla ritenuta del 20%, senza illustrare il percorso argomentativo seguito e senza tenere conto dell’effettiva destinazione dell’area.
5. Ne consegue che, accolti i ricorsi principali e rigettati quelli incidentali, le sentenze sono cassate, in relazione al ricorso principale accolto, con rinvio alla CTR della Puglia (sezione staccata di Lecce), in diversa composizione, alla quale è demandato di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
6. Rilevato che, in relazione a ciascun ricorso incidentale, risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13 comma 1 – quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Cass. 29/01/2016, n. 1778).
P.Q.M.
Riunisce il ricorso con R.G. n. 28464/2016 al ricorso con R.G. 28461/2016; accoglie i ricorsi principali, rigetta i ricorsi incidentali, cassa le sentenze impugnate, in relazione ai ricorsi principali accolti, e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Puglia (sezione staccata di Lecce), in diversa composizione, alla quale demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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