CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 06 ottobre 2022, n. 29138
Rapporto di lavoro – Dipendente postale – Riammissione in servizio – Eccedentarietà della sede di provenienza – Trasferimento – Assenza ingiustificata dal servizio – Licenziamento – Legittimità
Fatti di causa
1. La Corte d’Appello di Catania, in riforma di sentenza del 19 ottobre 2017 del Tribunale di Siracusa ed in accoglimento dell’appello proposto da P.I., ha dichiarato legittimo il licenziamento intimato ad A.V. con lettera del 17 febbraio 2011 e condannato il medesimo alla restituzione della somma netta di € 152.177,41 percepita a titolo di indennità risarcitoria in esecuzione della sentenza impugnata e per l’esercitata opzione di cui al comma 5 dell’art. 18 legge n. 300/1970.
2. Risulta dagli atti, per quanto qui rileva (ordinanza n. 2144/2015 di questa Corte inter partes), che la Corte di appello di Catania, con sentenza del 27 agosto 2010, riformando la decisione del primo giudice, aveva dichiarato la nullità del termine apposto al contratto di lavoro intercorso tra P.I. e V.A. per il periodo dall’11 giugno 1999 al 30 settembre 1999 e, accertata l’intercorrenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra le parti, aveva condannato la società a riammettere in servizio il lavoratore ed al risarcimento del danno, successivamente quantificato con applicazione dello ius superveniens ex art. 32 L. 183/2010; ripristinato il rapporto in esecuzione della sopra indicata sentenza del 27 agosto 2010 (nota P.I. del 17 settembre 2010), la società affermava che non risultavano più disponibili presso il Comune di Siracusa posti di lavoro per l’espletamento delle mansioni di portalettere e, con nota del 19 ottobre 2010, applicava il lavoratore ad ufficio postale nel comune di Canicattì; quindi, previa contestazione disciplinare per assenza ingiustificata dal servizio, il lavoratore veniva licenziato con provvedimento del 17 febbraio 2011.
3. Il Tribunale di Siracusa affermava che l’ottemperanza all’ordine giudiziale comportava la riammissione in servizio nel luogo e nelle mansioni originarie, salvo trasferimento giustificato da sufficienti ragioni tecniche, organizzative e produttive, e che l’inottemperanza del lavoratore al provvedimento datoriale, stante il mancato reintegro, nemmeno per un solo giorno, nel luogo e nelle mansioni originarie, era giustificata in attuazione di eccezione di inadempimento ed in base al principio per cui gli atti nulli non producono effetti.
4. La Corte di Catania, con la sentenza qui impugnata, ha invece osservato che la società ha dovuto fronteggiare difficoltà organizzative a seguito dei numerosi provvedimenti giudiziari di riammissione in servizio di dipendenti assunti anche in anni lontani con contratti a tempo determinato, rendendosi così necessaria una soluzione contrattata dell’intera vicenda, attuata con l’Accordo sindacale nazionale del 29 luglio 2004 (pretermesso dal primo giudice) di definizione di una serie di criteri diretti ad assicurare l’efficienza organizzativa in relazione alla riammissione in servizio dei dipendenti, con reinserimento nella struttura originaria ove non eccedentaria o, risultata l’eccedentarietà, il trasferimento del lavoratore riammesso in servizio in strutture ubicate in comuni non eccedentari nella medesima provincia, o, a seguire, nella medesima regione o, ancora, in regioni limitrofe; ha ritenuto il disposto trasferimento legittimo in quanto adottato, nel corretto esercizio dello ius variandi, in conformità alle previsioni del suddetto accordo sindacale; ha ritenuto conseguentemente legittimo il licenziamento, ai termini di quanto previsto dal CCNL.
5. In particolare, la Corte di merito ha ritenuto documentalmente provati il ripristino del rapporto di lavoro presso il Comune di Siracusa, la comunicazione al lavoratore dell’inserimento del comune di Siracusa nell’elenco di quelli in situazione di eccedentarietà, l’assegnazione ad altra struttura individuata secondo i criteri dell’accordo collettivo; ha valutato la procedura legittima, perché diretta a contemperare esigenze organizzative aziendali e situazioni soggettive dei dipendenti interessati con criteri obiettivi e non discriminatori di ricollocazione; segnatamente, ha giudicato assolto dalla società, tramite i documenti prodotti in giudizio, l’onere probatorio su di essa gravante, tanto in relazione alla c.d. eccedentarietà della sede di Siracusa, quanto all’individuazione della sede disponibile non eccedentaria più vicina in Canicattì, e pertanto legittimo il disposto trasferimento.
6. Avverso tale sentenza A.V. propone ricorso per cassazione con 9 motivi, successivamente illustrati anche con memoria ex art. 378 c.p.c.; resiste con controricorso P.I. s.p.a.
7. Il P.G. ha depositato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo il ricorrente deduce nullità della sentenza impugnata (art. 360, n. 4, c.p.c.) per avere la Corte d’Appello omesso di statuire sull’eccezione di inammissibilità dell’appello.
2. Il motivo non è fondato, avendo la Corte, implicitamente ma chiaramente, ritenuto ammissibile l’appello ai sensi dell’art. 434 c.p.c., riportando il contenuto essenziale delle parti del provvedimento appellate, le relative circostanze e la loro rilevanza.
3. Con il secondo motivo deduce nullità della sentenza (art. 360, n. 5, c.p.c.) per violazione e disapplicazione dell’art. 2909 c.c. ed ingiusta ed erronea applicazione ed interpretazione degli accordi sindacali 24-29/7/2004 e 13/1/2006, degli artt. 2103 e 2119 c.c., degli artt. 54, 55, 56, 57 CCNL 11/7/2007, perché il giudicato tra le parti prevedeva la riammissione nel posto di lavoro in Siracusa, perché non erano opponibili al lavoratore gli accordi sindacali, per non avere potuto verificare l’affissione del codice disciplinare;
4. Il motivo non è fondato. Questa Corte ha chiarito (Cass. n. 12093/2017) che, in materia di trasferimento dei dipendenti postali, già assunti a termine, la verifica della eccedentarietà presso la sede di provenienza, di cui all’accordo sindacale del 29 luglio 2004, va effettuata in riferimento al momento della concreta riammissione in servizio, e non a quello della pronuncia della sentenza, onde consentire, con lo spostamento del personale dalle sedi sovraffollate a quelle carenti, l’effettivo riequilibrio delle presenze in organico cui è finalizzato l’accordo, necessario per regolamentare una vicenda peculiare che ha visto coinvolti un numero elevato di lavoratori. Del resto, non si tratta di opponibilità o meno di accordi sindacali, ma di regolazione collettiva dell’esercizio del potere di trasferimento in relazione alla vicenda concreta ed alle sue peculiarità. In relazione all’affissione del codice disciplinare, si rileva che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, ai fini della validità del licenziamento intimato per ragioni disciplinari, non è necessaria la previa affissione del codice disciplinare, in presenza della violazione di norme di legge e comunque di doveri fondamentali del lavoratore (quali la presenza in servizio), riconoscibili come tali senza necessità di specifica previsione, purché siano osservate le garanzie previste dall’art. 7, commi secondo e terzo, della legge n.300 del 1970 (Cass. n. 6893/2018; Cass. n. 16291/2004).
5. Con il terzo motivo parte ricorrente deduce nullità della sentenza e del procedimento (art. 360, n. 4, c.p.c.) per errata ed omessa applicazione degli artt. 345 e 437 c.p.c., per non essere state dichiarate inammissibili le nuove domande di P.I. in appello.
6. Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza. In tema di ricorso per cassazione, l’esercizio del potere di esame diretto degli atti del giudizio di merito, riconosciuto alla S.C. ove sia denunciato un “error in procedendo”, presuppone l’ammissibilità del motivo, ossia che la parte riporti in ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza, gli elementi ed i riferimenti che consentono di individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio suddetto, così da consentire alla Corte di effettuare il controllo sul corretto svolgimento dell'”iter” processuale senza compiere generali verifiche degli atti (in termini Cass. n. 23834/2019; cfr. altresì Cass. n. 5344/2013, Cass. n. 2771/2017, Cass. n. 22880/2017, Cass. n. 24048/2021).
7. Con il quarto deduce nullità della sentenza e del procedimento (art. 360, n. 4, c.p.c.) per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per contrasto delle statuizioni con il contenuto della documentazione in atti e con le risultanze della corrispondenza intercorsa tra le parti, attestante che P.I. non aveva mai proceduto alla riammissione in servizio nel posto di Siracusa prima di assegnare il lavoratore alla sede di Canicattì, nonostante egli avesse continuamente offerto di riprendere le prestazioni a Siracusa.
8. Il motivo risulta inammissibile, perché non coglie nel segno della ratio decidendi della sentenza impugnata. Questa ha ritenuto in fatto che, sulla base delle comunicazioni tra le parti, il rapporto di lavoro era stato correttamente ripristinato mediante richiamo in servizio a Siracusa, contestuale comunicazione della eccedentarietà di tale sede, successiva individuazione della sede non eccedentaria più vicina, applicazione del lavoratore presso la stessa. Ha, cioè, ritenuto, nel peculiare contesto descritto, non significativa la circostanza (che invece era stata valorizzata dal Tribunale) della mancata ripresa del servizio per almeno un giorno a Siracusa, perché estranea agli accordi sindacali legittimanti il trasferimento.
9. Con il quinto motivo viene dedotta nullità della sentenza del procedimento (art. 360, n. 4, c.p.c.) e violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. per avere la Corte statuito in contrasto con le risultanze pacifiche che attestavano che P.I. non aveva mai dato prova delle effettive esigenze tecniche, organizzative e produttive che avrebbero dovuto presiedere in concreto all’assegnazione del lavoratore a Canicattì anziché a Siracusa.
10. Con il sesto motivo viene dedotta nullità della sentenza (art. 360, n. 3, c.p.c.) e violazione degli artt. 2697 e 2113 c.c. per avere la Corte omesso di rilevare la mancata prova della sussistenza delle effettive esigenze del trasferimento nel caso concreto e dell’impossibilità di lavoro in Siracusa.
11. I motivi, da trattare congiuntamente perché entrambi relativi alla questione della prova delle ragioni del trasferimento, non meritano accoglimento.
12. In realtà, la Corte di merito ha ritenuto provato un positivo riscontro dell’indicata eccedenza ed ha ritenuto la documentazione prodotta dalla società idonea a dimostrare detta eccedentarietà.
La valutazione che la Corte di merito ha fatto della sufficienza della documentazione prodotta va esente da censura, non essendosi verificata alcuna violazione dell’art. 115 c.p.c., in quanto la Corte territoriale non ha giudicato, contraddicendo la regola sancita da tale norma, sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma ha ritenuto che le prove documentali allegate da P. s.p.a. fossero idonee ad assolvere l’onere, a carico della datrice di lavoro, di dimostrare la dedotta eccedentarietà. Come statuito più volte da questa Corte (cfr. Cass. n. 11892/2016, Cass. n. 11253/2018), la violazione dell’articolo 115 c.p.c. può essere dedotta come vizio di legittimità solo quando si denuncia che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli; non quando il giudice medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre.
13. Con il settimo motivo parte ricorrente deduce (art. 360, n.3., c.p.c.) violazione e falsa applicazione degli artt. 2119, 1460, 1418, 1175 c.c., 53,54 55, 56 CCNL 11/7/2007 per avere la Corte ritenuto sussistere giusta causa di licenziamento anziché comportamento legittimo ai sensi degli artt. 1460 e 1418 c.c., in relazione al giudicato inter partes.
14. Con l’ottavo (art. 360, n. 5, c.p.c.) deduce omissione di motivazione in ordine al punto decisivo oggetto di contestazione circa l’inammissibilità dell’appello e la mancata motivazione sulla comparazione di gravità dell’inadempimento consapevole di Poste rispetto al preteso inadempimento del lavoratore ed in ordine alla documentata inapplicabilità ed inopponibilità degli accordi sindacali.
15. Entrambi i motivi sono inammissibili, perché sostanzialmente ripetitivi del primo, secondo, quarto, quinto e sesto motivo, sicché valgono le considerazioni sopra svolte.
16. Con il nono motivo parte ricorrente assume nullità della sentenza (art. 360, n. 3, c.p.c.) per violazione degli artt. 2697 e 92 c.p.c., perché il lavoratore sarebbe stato condannato alla restituzione della somma in assenza di prova.
17. Il motivo non è fondato. La Corte di merito ha dato atto (p. 7, punto 3) della percezione da parte del lavoratore della somma in questione come da “cedolini di novembre e dicembre 2017, all. nn. 5 e 7 al ricorso in appello”.
18. Il ricorso deve pertanto essere respinto.
19. A seguito della soccombenza, parte ricorrente deve essere condannata alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.
20. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per l’impugnazione.
P.Q.M.
Respinge il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 5.000 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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